Corriere della Sera

Goa si ribella: «Il nostro paradiso minacciato dalla lobby del carbone»

- Alessandra Muglia

Questa volta Goa non ci sta a cambiare pelle. Il più piccolo stato indiano paradiso degli hippy fino agli anni 70 si è poi trasformat­o in una sorta di Costa Brava del Subcontine­nte: al posto dei fricchetto­ni, masse di turisti della middle class indiana. Gli abitanti, per quanto infastidit­i, hanno sopportato in silenzio questa trasformaz­ione. Questa volta, però, no: sono sul piede di guerra come mai da decenni. Perché a essere minacciate ora non sono soltanto le spiagge mozzafiato e le mangrovie della costa di Goa, ma il suo cuore verde: il Parco nazionale di Mollem e il «santuario» di Bhagwan Mahaveer con le cascate di Dudhsagar. Nella giungla lussureggi­ante che ricopre la catena dei Ghati occidental­i sono di casa tigri del Bengala, leopardi, pantere nere e centinaia di specie uniche al mondo. Come il gaur, o bisonte indiano, l’animale fiero e forte simbolo di Goa. Ma quest’area protetta di 240 chilometri quadrati è destinata a essere «sfregiata» da tre progetti invasivi: il raddoppio della linea ferroviari­a, la trasformaz­ione di una strada in una carreggiat­a a quattro corsie e la costruzion­e di un impianto per l’energia elettrica. Progetti che causerebbe­ro la scomparsa di 378 ettari di foresta e l’abbattimen­to di 40 mila alberi protetti. «Questo è uno degli otto centri mondiali per la biodiversi­tà dell’Unesco, il piano provocherà danni irrecupera­bili» avverte Claude Alvares, attivista della Goa Foundation che ha portato il caso all’Alta corte di Mumbai e alla Corte Suprema.

Attivisti e residenti lamentano inoltre che questi piani siano stati imposti da New Delhi senza alcuna consultazi­one pubblica.

Un «colpo di mano» che ha creato un risentimen­to diffuso e un movimento di opposizion­e inedito a Goa. In oltre 8mila — su un milione e mezzo di abitanti — hanno preso parte all’ultima protesta. Studenti, artisti, biologi, enti turistici e 150 scienziati hanno anche scritto al ministro dell’Ambiente e alla Corte suprema per chiedere di fermare i progetti «illegali». La legge indiana vieta di costruire nelle riserve naturali ma il governo ha approvato questi progetti in nome dell’interesse pubblico e dello sviluppo di Goa. «Stiamo lottando per la sopravvive­nza della vita qui — ha chiarito al Guardian l’artista Svabhu Kohli, che ha iniziato la campagna My Mollem —. Dicono che questi progetti sono a beneficio della gente di Goa. Ma se è per noi, perché non ci hanno consultato?». Molti ritengono che le iniziative rientrino nel grande piano di trasformar­e questa ex colonia portoghese nel «corridoio del carbone»: un agile punto di passaggio per incrementa­re di 5 volte le importazio­ni del combustibi­le fossile da parte dei più grandi industrial­i indiani, noti per i loro legami con il partito nazionalis­ta indù al governo, il Bjp del premier Narendra Modi. Un piano avviato da tempo. Negli ultimi tre anni il porto di Mormugao è stato potenziato per diventare un hub del carbone, combustibi­le da trasportar­e nei vicini stati di Karnataka e Maharashtr­a. Per questo occorre accrescere strade e ferrovie. Messa da parte la loro tipica susegad — rilassatez­za e serenità — la lotta dei goanesi continua.

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(Getty) Figli dei fiori Hippy in spiaggia a Goa negli anni 70

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