Goa si ribella: «Il nostro paradiso minacciato dalla lobby del carbone»
Questa volta Goa non ci sta a cambiare pelle. Il più piccolo stato indiano paradiso degli hippy fino agli anni 70 si è poi trasformato in una sorta di Costa Brava del Subcontinente: al posto dei fricchettoni, masse di turisti della middle class indiana. Gli abitanti, per quanto infastiditi, hanno sopportato in silenzio questa trasformazione. Questa volta, però, no: sono sul piede di guerra come mai da decenni. Perché a essere minacciate ora non sono soltanto le spiagge mozzafiato e le mangrovie della costa di Goa, ma il suo cuore verde: il Parco nazionale di Mollem e il «santuario» di Bhagwan Mahaveer con le cascate di Dudhsagar. Nella giungla lussureggiante che ricopre la catena dei Ghati occidentali sono di casa tigri del Bengala, leopardi, pantere nere e centinaia di specie uniche al mondo. Come il gaur, o bisonte indiano, l’animale fiero e forte simbolo di Goa. Ma quest’area protetta di 240 chilometri quadrati è destinata a essere «sfregiata» da tre progetti invasivi: il raddoppio della linea ferroviaria, la trasformazione di una strada in una carreggiata a quattro corsie e la costruzione di un impianto per l’energia elettrica. Progetti che causerebbero la scomparsa di 378 ettari di foresta e l’abbattimento di 40 mila alberi protetti. «Questo è uno degli otto centri mondiali per la biodiversità dell’Unesco, il piano provocherà danni irrecuperabili» avverte Claude Alvares, attivista della Goa Foundation che ha portato il caso all’Alta corte di Mumbai e alla Corte Suprema.
Attivisti e residenti lamentano inoltre che questi piani siano stati imposti da New Delhi senza alcuna consultazione pubblica.
Un «colpo di mano» che ha creato un risentimento diffuso e un movimento di opposizione inedito a Goa. In oltre 8mila — su un milione e mezzo di abitanti — hanno preso parte all’ultima protesta. Studenti, artisti, biologi, enti turistici e 150 scienziati hanno anche scritto al ministro dell’Ambiente e alla Corte suprema per chiedere di fermare i progetti «illegali». La legge indiana vieta di costruire nelle riserve naturali ma il governo ha approvato questi progetti in nome dell’interesse pubblico e dello sviluppo di Goa. «Stiamo lottando per la sopravvivenza della vita qui — ha chiarito al Guardian l’artista Svabhu Kohli, che ha iniziato la campagna My Mollem —. Dicono che questi progetti sono a beneficio della gente di Goa. Ma se è per noi, perché non ci hanno consultato?». Molti ritengono che le iniziative rientrino nel grande piano di trasformare questa ex colonia portoghese nel «corridoio del carbone»: un agile punto di passaggio per incrementare di 5 volte le importazioni del combustibile fossile da parte dei più grandi industriali indiani, noti per i loro legami con il partito nazionalista indù al governo, il Bjp del premier Narendra Modi. Un piano avviato da tempo. Negli ultimi tre anni il porto di Mormugao è stato potenziato per diventare un hub del carbone, combustibile da trasportare nei vicini stati di Karnataka e Maharashtra. Per questo occorre accrescere strade e ferrovie. Messa da parte la loro tipica susegad — rilassatezza e serenità — la lotta dei goanesi continua.