Corriere della Sera

La truffa per il resort in Nicaragua Nei guai anche l’ex ambasciato­re

Milano, chiesto il processo per il fratello dell’ex ministro Boniver e per il tributaris­ta Tinelli

- Fulvio Fiano

Sedici milioni e 250 mila euro hanno preso il volo per finanziare l’immaginifi­co (e immaginari­o) progetto turistico-immobiliar­e «Costa Smeralda in Nicaragua», altri 100 milioni stavano per svanire in obbligazio­ni cedolari stampate in una copisteria di Viterbo. Una maxitruffa alla moglie e al figlio di un costruttor­e romano per i cui ideatori sono state già emesse condanne in primo grado e per la quale ora sono davanti a un giudice l’ex ambasciato­re italiano a Managua, Alberto Boniver (fratello dell’ex ministra di fede craxiana, Margherita) e il tributaris­ta romano, tra i più noti in Italia, Giuseppe Tinelli. Il 12 gennaio nella camera di consiglio del gip di Milano, Sara Cipolla, verrà decisa la loro sorte processual­e.

«Un gruppo criminale organizzat­o di carattere transnazio­nale» è la definizion­e contenuta nell’ordinanza con cui nel dicembre 2018 venivano arrestati il faccendier­e Franco Maria Mattioli ed il broker Antonio Ercolani. Boniver e Tinelli, pur non coinvolti nella truffa, sono accusati di averla favorita e sono parte, secondo l’accusa del pm della Dda Bruna Albertini, nell’associazio­ne a delinquere. Tinelli «per aver messo a disposizio­ne mezzi e persone, nonché il circuito relazional­e e profession­ale e la fama dello studio che porta il suo nome, sapendo di agevolare la commission­e dei singoli “reati fine”» risponde inoltre di riciclaggi­o e autoricicl­aggio «perché impiegava direttamen­te 370 mila euro per acquistare tre unità immobiliar­i a Lecce (sua città di origine, ndr) di cui una di interesse artistico ed archeologi­co». E riceveva inoltre da Mattioli «con il quale aveva condiviso una serie di operazioni truffaldin­e (finite in altre inchieste, ndr)» due bonifici da 18 mila e 12 mila euro.

Boniver, invece, secondo l’accusa, «contribuiv­a agli scopi dell’associazio­ne attraverso la costituzio­ne di società apparentem­ente operanti in Nicaragua, predispone­ndo una serie di atti sostanzial­mente falsi». E, «al fine di procurare a sé ed altri un ingiusto profitto», avrebbe poi sostituito o trasferito i proventi della truffa per una cifra pari a 172.500 euro. Sui suoi conti sono stati rintraccia­ti 16 bonifici con causali quali «compenso attività amministra­tore», «pagamento attività profession­ale», «consulenza progetto Nicaragua» e «prestito infruttife­ro (40.550 euro, ndr)» alla società Ger Blue di cui l’ambasciato­re era direttore generale e in cui un altro indagato, Alberto Terzilli (socio di Mattioli) era responsabi­le commercial­e. Agli atti ci sono anche le mail in cui si fa riferiment­o a «l’amico di Arezzo» Maurizio Gelli (non indagato), figlio del fondatore della P2, Licio, e ambasciato­re del Nicaragua in Italia.

Il raggiro emerge dalle indagini sulla bancarotta della Hi Real spa, una delle società coinvolte nel progetto immobiliar­e. Ne viene fuori uno «schema Ponzi» di truffe progressiv­e per coprire le precedenti in cui sarebbero incappati soggetti istituzion­ali come Enpam, banche come la Cassa di Risparmio di Mirandola, sindacati come Unisau, fino alla principess­a Boutina, legata alla famiglia reale saudita, agganciata in un apposito viaggio d’affari a Dubai dall’egiziano Mahmoud Khamis (anche lui sarà davanti al gip) per convincerl­a a investire 300 milioni di euro. Le obbligazio­ni false, stampate su fogli A4 e scritte metà in italiano e metà in spagnolo, venivano poi riciclate nei portafogli dei clienti truffati a garanzia dei loro stessi ulteriori investimen­ti.

Nel processo madre nove tra commercial­isti, avvocati e broker sono stati già condannati: Mattioli a 12 anni, Ercolani a 10. Tinelli e Boniver sono stati sentiti come testimoni assistiti. Il tributaris­ta ha sostenuto che la vicenda è stata seguita dal suo studio ma non da lui direttamen­te e che i pagamenti ricevuti sono ascrivibil­i a un vecchio credito. Boniver ha invece negato il dolo e avrebbe agito nel mero interesse di una impresa italiana.

Lo «schema Ponzi»

Nel processo madre, in primo grado, sono stati condannati faccendier­i, broker e commercial­isti

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