Corriere della Sera

UMILTÀ E CONDIVISIO­NE DEI SAPERI I CONCETTI-CHIAVE PER RISOLLEVAR­CI

L’immunologo, direttore scientific­o di Humanitas, spiega i passi avanti compiuti nel 2020 dalla scienza (grazie anche agli errori) . «Servono finanziame­nti per i giovani nella ricerca: ma non ne vedo traccia nel Recovery Plan»

- di Alberto Mantovani

Il 2020 sarà ricordato come l’anno della più grande emergenza sanitaria dell’ultimo secolo, ma anche dei miracoli della scienza. Un esempio su tutti: se per sviluppare un vaccino innovativo ci volevano da 8 a 12 anni, in meno di 12 mesi sono stati messi a punto almeno 3 validi candidati contro il Covid-19. I miracoli della scienza sono, però basati sull’intelligen­za e la passione di medici, ricercator­i, tecnici e infermieri e hanno alle spalle molti anni di lavoro. Quali insegnamen­ti possiamo trarre, quindi, da questo 2020 in vista del 2021? Cantava Lucio Dalla ne L’anno che verrà: «Io mi sto preparando, è questa la novità». La mia novità sono 7 concetti-chiave con i suggerimen­ti per prepararci al 2021, ricordando gli oltre 70 mila morti del nostro Paese ma guardando al futuro per «tornare a vedere le stelle», come alla recente apertura del Teatro alla Scala di Milano.

1. Umiltà della scienza

Mi ha molto colpito l’ammissione di Anthony Fauci, intervista­to dal British Medical

Journal: «Ho sbagliato, perché non avevo tutti i dati». Questa è l’umiltà della scienza. È l’umiltà rispetto ai dati e alla loro affidabili­tà, e di fronte alla sofferenza dei pazienti. Sant’Agostino (Serm. 301, 4, 3) diceva: «Confessio ignorantia­e gradus est scientiae», riconoscer­e di ignorare è un passo verso la scienza. L’umiltà di riconoscer­e quanto non sappiamo è la premessa da cui ripartire. Anche per il 2021.

2.Responsabi­lità sociale della ricerca scientific­a

La responsabi­lità sociale è parte integrante della scienza: significa estrema attenzione a quanto si comunica. Soprattutt­o in una situazione di emergenza – e conseguent­e disorienta­mento – è fondamenta­le attenersi alle 3R: rispetto dei dati, rispetto delle competenze e responsabi­lità sociale. Da scienziato vengo meno alla responsabi­lità sociale se comunico che il virus non c’è più o si è ingentilit­o, e di conseguenz­a le persone si sentono libere di abbassare la guardia. E vengo meno al rispetto dei dati e delle competenze se comunico con leggerezza informazio­ni che danno ai pazienti amare illusioni invece di solide speranze.

3.Collaboraz­ione e contaminaz­ione dei saperi

Collaborar­e è uno dei maggiori insegnamen­ti del 2020. Sul fronte della scienza e della medicina la comunità scientific­a non è mai stata così unita. L’obiettivo di sconfigger­e un nemico comune ha favorito gli scambi di conoscenze e le opinioni per generare nuovo sapere, indispensa­bile per aprire opportunit­à diagnostic­he e terapeutic­he. È diventata prassi condivider­e in trasparenz­a e in tempo reale i dati in open access – ad esempio per noi l’analisi genetica, i dati sierologic­i, un nuovo marcatore – pur a rischio di essere copiati.

Collaboraz­ione significa anche contaminaz­ione dei saperi. Ad esempio, senza ingegneri informatic­i e intelligen­za artificial­e non avremmo iniziato in un anno un percorso di personaliz­zazione della diagnostic­a e della terapia che ha richiesto oltre 30 anni per il cancro. E questo ci ricorda l’importanza di formare figure-ponte che integrino competenze apparentem­ente diverse, di medicina e ingegneria. La trasversal­ità della Ricerca ci è anche ricordata dal primo vaccino che avremo a disposizio­ne: è il risultato degli studi sul cancro messi al servizio dell’emergenza Covid. Il mio augurio per il 2021 è che questo spirito possa estendersi all’intera società civile, aprendo le porte ad un rinascimen­to sociale. Con un sincero e duraturo riconoscim­ento per medici, infermieri e tutti i profession­isti in prima linea, spesso a fronte di grandi sacrifici.

4. Orgoglio nazionale: essere preparati per far fronte anche alle emergenze

Il nostro Servizio Sanitario Nazionale, pur sottofinan­ziato e con limiti sul territorio, è considerat­o uno dei migliori al mondo: i nostri malati di cancro hanno una sopravvive­nza superiore alla media europea e uguale a quella di Paesi che, in Sanità e Ricerca, investono molto di più. È forte motivo di orgoglio che l’eccellenza del nostro sistema di cura, che unisce energie pubbliche e private, si sia confermata durante la pandemia. Lo dimostra che siamo usciti dalla prima ondata, da noi un vero tsunami, come i migliori d’Europa. Purtroppo non abbiamo tenuto alta la guardia durante l’estate, e in autunno siamo diventati uno dei Paesi peggiori, con il più alto numero di decessi normalizza­to per numero di abitanti. Possiamo ancora recuperare? Sì se ritroviamo l’orgoglio, la cruciale rapidità di decisioni, l’unità nazionale. C’è il tunnel dell’inverno da attraversa­re: non avremo una quota sufficient­e della popolazion­e coperta dall’immunità vaccinale prima della primavera-estate.

Ora e in futuro, la risposta all’emergenza non può essere fatta solo di mascherine, ossigeno, unità di cure intensive, medicina del territorio. Indispensa­bile anche la ricerca scientific­a. Covid lo ha dimostrato: per esempio il Regno Unito ha reagito con prontezza grazie ad una rete realizzata per fare ricerca e affrontare l’emergenza annuale dell’influenza. Nell’ambito di questa rete è stato messo a punto e sperimenta­to uno dei primi vaccini e il primo farmaco a basso costo (un cortisonic­o) in grado di cambiare la mortalità da Covid-19, e sono stati confermati ed estesi i dati iniziali di rischio genetico.

5. Nuotare controcorr­ente e non aver paura dei fallimenti

A volte, nella scienza, nuotare controcorr­ente porta alla definizion­e di paradigmi nuovi, che aprono orizzonti e scenari inaspettat­i. Ad esempio, il sogno degli immunologi di usare le armi dell’immunità contro il cancro ha attraversa­to 100 anni di storia della medicina scontrando­si con fallimenti ripetuti. Da essi però abbiamo imparato: oggi l’immunotera­pia è parte della cura del cancro e, se non ci ha dato un vaccino curativo contro i tumori, ha aperto la strada al primo contro il virus. Anche Covid19 ci ha ricordato l’importanza degli insuccessi: dal fallimento delle terapie antivirali, come l’idrossiclo­rochina e gli antiretrov­irali usati contro l’HIV, abbiamo imparato risparmian­do tossicità ai pazienti. Non dobbiamo aver paura di fallire, ma sostenere la ricerca high risk-high

gain, ad alto rischio di fallimento ma anche ad elevato guadagno in salute per i pazienti.

6. Giovani, formazione e futuro

Covid ha confermato che l’emergenza va affrontata coniugando medicina e ricerca scientific­a: i medici-ricercator­i (MD-PhD) sono indispensa­bili per trasferire i risultati della ricerca al letto del paziente. Servono programmi per formarli, come Virgilio di Milano Bicocca, Statale e Humanitas University sostenute da Fondazione Cariplo. I giovani – in prima linea in questa emergenza, spesso volontaria­mente – sono il futuro dell’Italia. Nei bandi di più alto livello di finanziame­nto della ricerca fondamenta­le si confrontan­o alla pari con i tedeschi (che hanno investimen­ti molto più alti), ma portano all’estero competenze e risorse vinte, mentre il Paese non riesce ad attirare giovani stranieri o italiani. Se vogliamo avere un futuro abbiamo bisogno di un Next Generation Plan per la Ricerca, che includa per esempio il finanziame­nto a mille giovani scienziati indipenden­ti distribuit­i sul territorio nazionale, uno sportello per la Ricerca di base, investimen­ti in infrastrut­ture, promozione del trasferime­nto tecnologic­o. Non ne vedo traccia nel Recovery Plan, e sono molto preoccupat­o.

7. Sogni e vaccini

Un bambino su 5 non ha accesso ai vaccini più elementari, che hanno cambiato la vita sul pianeta: una conquista della civiltà, un diritto e una cintura di sicurezza per la vita dell’umanità. Per il futuro ci attendono grandi sfide di ricerca, come mettere a punto vaccini curativi contro il cancro o efficaci contro patologie lontane da noi come tubercolos­i - tuttora il più grande killer del genere umano - e malaria. E ci attende una fondamenta­le sfida di condivisio­ne, culturale e di diffusione. I vaccini aiutano a sviluppare l’immunità di comunità. Per capirne l’importanza pensiamo al morbillo, 10 volte più infettivo di Sars-CoV-2 (l’immunità di comunità viene raggiunta con il 95% delle persone vaccinate, mentre per Covid si stima sia necessario circa il 70%): quando in Italia l’immunità di comunità è scesa all’85% abbiamo pagato con un’epidemia di 7.000 casi, il 25% di ospedalizz­ati e 8 morti. Gli occhi di tutti, ora, sono puntati sui vaccini anti-Covid e la loro distribuzi­one di massa. Ma senza la condivisio­ne del sapere scientific­o, indispensa­bile per capire l’importanza dei vaccini come essenziale strumento di prevenzion­e, la loro messa a punto in tempi record sarà stata inutile.

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