UMILTÀ E CONDIVISIONE DEI SAPERI I CONCETTI-CHIAVE PER RISOLLEVARCI
L’immunologo, direttore scientifico di Humanitas, spiega i passi avanti compiuti nel 2020 dalla scienza (grazie anche agli errori) . «Servono finanziamenti per i giovani nella ricerca: ma non ne vedo traccia nel Recovery Plan»
Il 2020 sarà ricordato come l’anno della più grande emergenza sanitaria dell’ultimo secolo, ma anche dei miracoli della scienza. Un esempio su tutti: se per sviluppare un vaccino innovativo ci volevano da 8 a 12 anni, in meno di 12 mesi sono stati messi a punto almeno 3 validi candidati contro il Covid-19. I miracoli della scienza sono, però basati sull’intelligenza e la passione di medici, ricercatori, tecnici e infermieri e hanno alle spalle molti anni di lavoro. Quali insegnamenti possiamo trarre, quindi, da questo 2020 in vista del 2021? Cantava Lucio Dalla ne L’anno che verrà: «Io mi sto preparando, è questa la novità». La mia novità sono 7 concetti-chiave con i suggerimenti per prepararci al 2021, ricordando gli oltre 70 mila morti del nostro Paese ma guardando al futuro per «tornare a vedere le stelle», come alla recente apertura del Teatro alla Scala di Milano.
1. Umiltà della scienza
Mi ha molto colpito l’ammissione di Anthony Fauci, intervistato dal British Medical
Journal: «Ho sbagliato, perché non avevo tutti i dati». Questa è l’umiltà della scienza. È l’umiltà rispetto ai dati e alla loro affidabilità, e di fronte alla sofferenza dei pazienti. Sant’Agostino (Serm. 301, 4, 3) diceva: «Confessio ignorantiae gradus est scientiae», riconoscere di ignorare è un passo verso la scienza. L’umiltà di riconoscere quanto non sappiamo è la premessa da cui ripartire. Anche per il 2021.
2.Responsabilità sociale della ricerca scientifica
La responsabilità sociale è parte integrante della scienza: significa estrema attenzione a quanto si comunica. Soprattutto in una situazione di emergenza – e conseguente disorientamento – è fondamentale attenersi alle 3R: rispetto dei dati, rispetto delle competenze e responsabilità sociale. Da scienziato vengo meno alla responsabilità sociale se comunico che il virus non c’è più o si è ingentilito, e di conseguenza le persone si sentono libere di abbassare la guardia. E vengo meno al rispetto dei dati e delle competenze se comunico con leggerezza informazioni che danno ai pazienti amare illusioni invece di solide speranze.
3.Collaborazione e contaminazione dei saperi
Collaborare è uno dei maggiori insegnamenti del 2020. Sul fronte della scienza e della medicina la comunità scientifica non è mai stata così unita. L’obiettivo di sconfiggere un nemico comune ha favorito gli scambi di conoscenze e le opinioni per generare nuovo sapere, indispensabile per aprire opportunità diagnostiche e terapeutiche. È diventata prassi condividere in trasparenza e in tempo reale i dati in open access – ad esempio per noi l’analisi genetica, i dati sierologici, un nuovo marcatore – pur a rischio di essere copiati.
Collaborazione significa anche contaminazione dei saperi. Ad esempio, senza ingegneri informatici e intelligenza artificiale non avremmo iniziato in un anno un percorso di personalizzazione della diagnostica e della terapia che ha richiesto oltre 30 anni per il cancro. E questo ci ricorda l’importanza di formare figure-ponte che integrino competenze apparentemente diverse, di medicina e ingegneria. La trasversalità della Ricerca ci è anche ricordata dal primo vaccino che avremo a disposizione: è il risultato degli studi sul cancro messi al servizio dell’emergenza Covid. Il mio augurio per il 2021 è che questo spirito possa estendersi all’intera società civile, aprendo le porte ad un rinascimento sociale. Con un sincero e duraturo riconoscimento per medici, infermieri e tutti i professionisti in prima linea, spesso a fronte di grandi sacrifici.
4. Orgoglio nazionale: essere preparati per far fronte anche alle emergenze
Il nostro Servizio Sanitario Nazionale, pur sottofinanziato e con limiti sul territorio, è considerato uno dei migliori al mondo: i nostri malati di cancro hanno una sopravvivenza superiore alla media europea e uguale a quella di Paesi che, in Sanità e Ricerca, investono molto di più. È forte motivo di orgoglio che l’eccellenza del nostro sistema di cura, che unisce energie pubbliche e private, si sia confermata durante la pandemia. Lo dimostra che siamo usciti dalla prima ondata, da noi un vero tsunami, come i migliori d’Europa. Purtroppo non abbiamo tenuto alta la guardia durante l’estate, e in autunno siamo diventati uno dei Paesi peggiori, con il più alto numero di decessi normalizzato per numero di abitanti. Possiamo ancora recuperare? Sì se ritroviamo l’orgoglio, la cruciale rapidità di decisioni, l’unità nazionale. C’è il tunnel dell’inverno da attraversare: non avremo una quota sufficiente della popolazione coperta dall’immunità vaccinale prima della primavera-estate.
Ora e in futuro, la risposta all’emergenza non può essere fatta solo di mascherine, ossigeno, unità di cure intensive, medicina del territorio. Indispensabile anche la ricerca scientifica. Covid lo ha dimostrato: per esempio il Regno Unito ha reagito con prontezza grazie ad una rete realizzata per fare ricerca e affrontare l’emergenza annuale dell’influenza. Nell’ambito di questa rete è stato messo a punto e sperimentato uno dei primi vaccini e il primo farmaco a basso costo (un cortisonico) in grado di cambiare la mortalità da Covid-19, e sono stati confermati ed estesi i dati iniziali di rischio genetico.
5. Nuotare controcorrente e non aver paura dei fallimenti
A volte, nella scienza, nuotare controcorrente porta alla definizione di paradigmi nuovi, che aprono orizzonti e scenari inaspettati. Ad esempio, il sogno degli immunologi di usare le armi dell’immunità contro il cancro ha attraversato 100 anni di storia della medicina scontrandosi con fallimenti ripetuti. Da essi però abbiamo imparato: oggi l’immunoterapia è parte della cura del cancro e, se non ci ha dato un vaccino curativo contro i tumori, ha aperto la strada al primo contro il virus. Anche Covid19 ci ha ricordato l’importanza degli insuccessi: dal fallimento delle terapie antivirali, come l’idrossiclorochina e gli antiretrovirali usati contro l’HIV, abbiamo imparato risparmiando tossicità ai pazienti. Non dobbiamo aver paura di fallire, ma sostenere la ricerca high risk-high
gain, ad alto rischio di fallimento ma anche ad elevato guadagno in salute per i pazienti.
6. Giovani, formazione e futuro
Covid ha confermato che l’emergenza va affrontata coniugando medicina e ricerca scientifica: i medici-ricercatori (MD-PhD) sono indispensabili per trasferire i risultati della ricerca al letto del paziente. Servono programmi per formarli, come Virgilio di Milano Bicocca, Statale e Humanitas University sostenute da Fondazione Cariplo. I giovani – in prima linea in questa emergenza, spesso volontariamente – sono il futuro dell’Italia. Nei bandi di più alto livello di finanziamento della ricerca fondamentale si confrontano alla pari con i tedeschi (che hanno investimenti molto più alti), ma portano all’estero competenze e risorse vinte, mentre il Paese non riesce ad attirare giovani stranieri o italiani. Se vogliamo avere un futuro abbiamo bisogno di un Next Generation Plan per la Ricerca, che includa per esempio il finanziamento a mille giovani scienziati indipendenti distribuiti sul territorio nazionale, uno sportello per la Ricerca di base, investimenti in infrastrutture, promozione del trasferimento tecnologico. Non ne vedo traccia nel Recovery Plan, e sono molto preoccupato.
7. Sogni e vaccini
Un bambino su 5 non ha accesso ai vaccini più elementari, che hanno cambiato la vita sul pianeta: una conquista della civiltà, un diritto e una cintura di sicurezza per la vita dell’umanità. Per il futuro ci attendono grandi sfide di ricerca, come mettere a punto vaccini curativi contro il cancro o efficaci contro patologie lontane da noi come tubercolosi - tuttora il più grande killer del genere umano - e malaria. E ci attende una fondamentale sfida di condivisione, culturale e di diffusione. I vaccini aiutano a sviluppare l’immunità di comunità. Per capirne l’importanza pensiamo al morbillo, 10 volte più infettivo di Sars-CoV-2 (l’immunità di comunità viene raggiunta con il 95% delle persone vaccinate, mentre per Covid si stima sia necessario circa il 70%): quando in Italia l’immunità di comunità è scesa all’85% abbiamo pagato con un’epidemia di 7.000 casi, il 25% di ospedalizzati e 8 morti. Gli occhi di tutti, ora, sono puntati sui vaccini anti-Covid e la loro distribuzione di massa. Ma senza la condivisione del sapere scientifico, indispensabile per capire l’importanza dei vaccini come essenziale strumento di prevenzione, la loro messa a punto in tempi record sarà stata inutile.