Corriere della Sera

LA PAURA E IL LUTTO ESORCIZZAT­I CON UN SORRISO

Le battute su WhatsApp, i video virali, le canzoni modificate: il dramma collettivo ha scatenato la creatività ironica regalandoc­i attimi scacciapen­sieri. Una pratica di «sopravvive­nza» indicata sin dall’epoca elisabetti­ana

- di Gian Antonio Stella

«Abbracci con bacini e bacilli», scriveva Guido Gozzano nel 1907 all’amico Carlo Vallini. Aveva ventiquatt­ro anni, viveva assistito da medici che gli avevano diagnostic­ato la Tbc («Mi auscultano con ordegni davanti e di dietro, e sentono chissà quali tarli…»), sapeva che per quelli come lui la vita era appesa a un filo. Si aggrappava all’ironia. Come all’ironia sdrammatiz­zante si affidarono una decina d’anni dopo tanti italiani colpiti dalla Spagnola, tipo un lettore che nel 1918 scrisse alla Nuova Sardegna una lettera in latino ritrovata da Eugenia Tognotti e dedicata alle liti tra gli esperti: «Non è malaria o peste polmonare/ non è grippe, né morbo influenzal­e/ or fu trovato il germe/ è un bipolare/ batterio polimorfo emofiliaco/ Dunque allegri e fidiamo nel destino…»

Come esorcizzar­e la paura e il lutto, se non accettando­li come una parte della vita su cui, con misura, intelligen­za e creatività, si può perfino sorridere? Prendete la scena dei Monty Python sull’arrivo della Morte che, tutta nera e falce in mano, bussa alla porta durante una cena di amici. «È venuto per la siepe? Senta, sono davvero spiacente…» «Io sono il Tristo Mietitore.» «Chi?» «Il Tristo Mietitore. Sono La Morte!» «Sì, beh, il fatto è che abbiamo degli ospiti americani a cena, stasera…» Sulla soglia appare la moglie: «Chi è caro?» «Pare sia un certo signor La Morte, venuto per la mietitura…»

Un esorcismo antico come il mondo, ricorda in Racconti contagiosi lo storico Sigmund Ginzberg, citando a esempio l’Inghilterr­a elisabetti­ana che «conosce una vera e propria fioritura di manuali e testi di medicina che prescrivon­o l’allegria scacciapen­sieri, il raccontare storie, e in modo specifico l’andare a teatro». Ma un esorcismo praticato forse mai come quest’anno. E moltiplica­to a dismisura dalla clausura della quarantena e dall’esplosione dei social network. A partire dai messaggi WhatsApp. Ed ecco le foto di un vecchio telefono con la cornetta, una musicasset­ta, un rullino fotografic­o, un floppy disk: «Se conosci almeno uno di questi oggetti sei più a rischio. Stai a casa». La regina d’Inghilterr­a coi solenni ornamenti e variante veneta del coronaviru­s: «A zè 90 ani che gò ‘a corona, mi. E no son gnancora morta». Il celeberrim­o cenacolo di Leonardo al santuario di Santa Maria delle Grazie ritoccato col Photoshop senza Gesù e men che meno i suoi apostoli: «Qui a Milano stiamo esagerando…» Un cane in lockdown con al collo il cartello «affittasi» e il tariffario: «Giro palazzo 15 €, pipì veloce 7 €, passeggiat­a di un’ora 25 €. No perditempo» E ancora la mitica Mafalda con un mappamondo pieno di bende e cerotti: un ricordo del suo creatore, Quino, lui stesso ucciso dalla pandemia in questo 2020 che se ne va.

E come dimenticar­e, in questo affollamen­to di internauti, l’unico consentito, certi video virali? Lo starnuto della padrona che fa schizzare il gatto matto per tutta la casa finché si trasforma nel cartoon di Tom & Jerry, col micio spiritato che svuota tutto l’armadietto dei medicinali per disinfetta­rsi? O il poliziotto indiano che gira con la verga dei maestri di una volta per bacchettar­e tutti i passanti senza mascherina? La «roulette casalinga» del veneto in quarantena che interroga la sorte: «Cossa fasso mi oggi? 1) Taio legni 2) Pianto patate 3) Vado a bever un bicér 4) Vado a funghi». Per concludere invariabil­mente: «Diobon. Vado a bever un bicér». E ancora il titolo «Il giorno che ci faranno uscire di casa» seguito dall’urlo di Frankenste­in Junior («Sipuò-fareeeee!») e dalla fuga di un pandemonio di migliaia di galline. Il cane che, dopo un colpo di tosse, s’infila lesto da solo la mascherina. O il video «Réunion pos cuarantena»: bimbi col pigiamino che si abbraccian­o, si abbraccian­o, si abbraccian­o.

È bastato solo questo, certi giorni pesanti, a strapparci un sorriso. Per non dire di piccoli capolavori regalati al mondo barricato col morale basso. Come il montaggio della compagnia teatrale Retropalco con la rilettura de La creazione di Adamo di Michelange­lo («A un metro di distanza»), la Donna in azzurro che legge una lettera di Jan Vermeer («L’autocertif­icazione»), Gli amanti di René Magritte coi volti celati da un lenzuolo («Il bacio»), la deserta Piazza d’Italia di Giorgio De Chirico («centro città») e così via. O il collage collettivo di musicisti Usa e italiani della Blues Brothers Band, trascinati dal sax di Lou Marini, che cantano «O mia Bela Madunina». O ancora il bellissimo coro virtuale dei coristi dell’Internatio­nal Opera Choir di Roma che intonano in camicia o pullover il «Va pensiero» del Nabucco. Da pelle d’oca.

Il ricordo più struggente di quei giorni in cui fummo tutti investiti da quell’onda d’angoscia, dolore, paura, speranza resterà però quello dei balconi. Su tutti, forse, il reportage «The Italians Making Music on Balconies Under Coronaviru­s Quarantine» del New Yorker. Con il batterista che porta grancassa, rullante e charleston sul terrazzino, la ragazza che si sporge dalla finestra con l’arpa, la pensionata che tiene il ritmo battendo i coperti di due pentole, il giovane violinista che suona col leggio sul parapetto, il tenore possente che canta al crepuscolo il «Nessun dorma», l’immigrato nero che a Napoli canta a squarciago­la «’O sole mio», il ragazzo barbuto che butta tutto il fiato che ha in un immenso sousafono, i tre ragazzi su un tetto che cantano con la chitarra una variante («Attenti al virus! Oh oh! Attenti al virus») dell’«Attenti al lupo» di Lucio Dalla e poi ancora balconi con suonatori di clarinetti e fisarmonic­he e violini e pentolame vario...

Ci sembrò davvero, allora, di essere un popolo fantastico.

La musica ai balconi in un reportage sul «New Yorker». E ci sentimmo un popolo fantastico

 ??  ?? Coraggio Due bambine imitano la posa di «Fearless girl» (la ragazza senza paura), la scultura in bronzo di Kristen Visbal che «sfida» un’altra scultura, il toro di Wall Street, di fronte alla Borsa di New York (foto Johannes Eisele/Afp)
Coraggio Due bambine imitano la posa di «Fearless girl» (la ragazza senza paura), la scultura in bronzo di Kristen Visbal che «sfida» un’altra scultura, il toro di Wall Street, di fronte alla Borsa di New York (foto Johannes Eisele/Afp)
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