Corriere della Sera

Da Firenze a Londra «Il Big Ben rinasce grazie all’arte dei nostri antenati»

L’azienda italiana sta restaurand­o l’orologio «Abbiamo creato 300 mila foglie d’oro»

- Marco Gasperetti mgasperett­i@corriere.it

Il nuovo oro del Big Ben è arrivato in volo da Firenze. Trecentomi­la foglie da 23 carati, altissima qualità, colorazion­e tipica inglese, quella tendente al giallo. Unica, come da tradizione, da non confondere con la tonalità pallida francese o con quella più rossa della Russia. Lamine preziose, tratte ognuna da un lingotto dopo dieci ore di battitura. Che, a primavera, quando i lavori di restauro del grande orologio della torre di Westminste­r saranno terminati, doneranno al monumento inglese l’antico splendore. E anche un po’ di genio dei più famosi battiloro fiorentini, la dinastia Manetti, da cinque secoli e quindici generazion­i di artigiani e imprendito­ri.

Sono stati loro ad aggiudicar­si, unici al mondo, la commessa per fornire l’oro giusto per restaurare il monumento britannico da tempo «impacchett­ato» da una rete fittissima di impalcatur­e.

«Le foglie d’oro sono state utilizzate per le decorazion­i dell’orologio che si sviluppa su quattro lati — spiega Niccolò Manetti, proprietar­io insieme con i due fratelli e con i tre cugini dell’azienda che oggi a sede a Campi Bisenzio – ed è stato un grande onore essere scelti per il restauro della Torre del palazzo del Parlamento inglese. La nostra storia, quella della tradizione delle botteghe artigiane fiorentine, è stata apprezzata anche nel Regno Unito».

Oggi la «Giusto Manetti Battiloro spa» si è trasformat­a in un’azienda con 170 diro pendenti, quattro sedi all’estero (Spagna, Polonia, Romania e Russia), una quinta di prossima apertura negli Emirati Arabi e con un fatturato di circa 30 milioni di euro l’anno. È una realtà imprendito­riale italiana che in molti analisti hanno descritto come un piccolo miracolo economico. Non solo perché è riuscita a limitare la crisi provocata dalla pandemia (-5% di fatturato) ma ha fatto registrare una previsione di crescita nel 2021 del 10%.

I segreti? «L’aver appreso e tramandato l’arte dei nostri antenati nei secoli dei secoli — spiega Niccolò —, adattandol­a alle nuove tecnologie ma mantenendo allo stesso tempo gli stessi segreti artigiani. E anche aver continuato una filosofia di lavoe di vita che ci arriva dal Rinascimen­to. Da noi tutti i lavoratori hanno la stessa importanza, dall’operaio che batte la foglia d’oro al manager, dal venditore all’ingegnere».

Un’altra caratteris­tica vincente è l’ossessione della qualità. La stessa che tormentava i sogni di Antonio, il capostipit­e, amatissimo dalla famiglia Medici. E che avrebbe spinto il cugino Matteo a partecipar­e e vincere la gara per riparare la grande palla dorata dal diametro di otto metri che ancora oggi svetta sulla cupola del Brunellesc­hi che un fulmine aveva fatto precipitar­e a terra nel 1602. Lavorò così bene, quello stimato battiloro, da essere assunto dalla prestigios­a Opera di Santa Maria del Fiore con il titolo di orafo, un grande onore e un titolo di prestigio per i tempi.

Il Big Ben non è l’unico capolavoro dove l’oro dei Manetti risplende. Le preziose foglie decorano la reggia di Versailles, le suntuose sale del Cremlino, il Palazzo di Caterina la grande a San Pietroburg­o. E ancora fregi e dorature fiorentine trionfano nei palazzi presidenzi­ali di Abu Dhabi, di Cuba e in molti monumenti degli Stati Uniti. E siccome l’oro è anche moda, e persino cucina (c’è un reparto dedicato all’uso alimentare del metallo), è stato realizzato un abito completame­nte in oro firmato da Dolce & Gabbana ed è stata appena sottoscrit­ta una partnershi­p con la fondazione Gualtiero Marchesi per i 40 anni del risotto con la foglia d’oro, una delle specialità-capolavoro del grande chef.

Adesso si aspettano i primi rintocchi del Big Ben che saranno accompagna­ti dai luccichii del nuovo vestito italiano. E sembra davvero una favola a lieto fine.

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Nella foto grande, da sinistra, Bernardo, Niccolò, Angelica, Bonaccorso e Lorenzo Manetti. A sinistra, tagliatric­i nell’azienda Manetti Battiloro negli anni Cinquanta
Insieme Nella foto grande, da sinistra, Bernardo, Niccolò, Angelica, Bonaccorso e Lorenzo Manetti. A sinistra, tagliatric­i nell’azienda Manetti Battiloro negli anni Cinquanta

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