Corriere della Sera

INTERVENTI E REPLICHE

- Antonio Oricchio, consiglier­e S.C. Cassazione

Quale giustizia per l’Italia del dopo Covid?

L’arrivo della soluzione vaccini impone un quesito: cosa il Covid deve insegnare all’Italia per riprenders­i? Rapporto Stato-Regioni, sanità senza tagli e sprechi, assistenza (vera) a chi ha bisogno (per davvero), valorizzaz­ione di merito, serietà ed impegno sono solo alcuni dei conti da regolare. Fra tali conti ce n’è uno che, pur se fondamenta­le per le sorti della democrazia, ora appare messo da parte: è quello del sistema giustizia, problema spesso predicato, ma poco affrontato ed al quale tengo anche per il mio ruolo. Gli uffici giudiziari di merito sono stati pressoché paralizzat­i causa Covid. La Suprema Corte di Cassazione, con udienze pubbliche comunque fissate e adunanze camerali anche da remoto, ha fatto quel che poteva per andare avanti! C’è un aspetto significat­ivo, però, che va conosciuto. Oltre alle decine di migliaia di nuove cause che, ogni anno, sommergono tutte le sezioni civili della Cassazione, altre migliaia di ricorsi per i procedimen­ti di protezione internazio­nale hanno intasato questo settore. Tali ricorsi, con corsia preferenzi­ale innanzi a un organo deputato,di norma, a decidere su violazioni di legge più che a rifare valutazion­i in fatto, sono stati definiti, nonostante il Covid, anche in meno di un anno. Ciò non è male in sé, ma dovrebbe far riflettere su due anomalie. La prima: se un cittadino extracomun­itario, richiedent­e protezione internazio­nale e soccombent­e nei vari giudizi di merito nel secondo semestre 2019, ottiene una decisione della Cassazione nel primo semestre 2020 perché un cittadino italiano, che vanta un risarcimen­to o attende una indennità di occupazion­e o di espropriaz­ione deve poi aspettare, bene che vada, non meno di 4 anni per una sentenza della Suprema Corte? La seconda: sulla dolorosa questione umana degli immigrati richiedent­i protezione si è innestato un vergognoso valzer di convenienz­e, connivenze, falsi moralismi, interessi, che ormai prescindon­o dalla reale e civile sorte del povero immigrato spesso abbandonat­o a sé, non concretame­nte avviato all’inseriment­o lavorativo o a un assistito rimpatrio e riposto, con escamotage, nel percorso giudiziari­o (anche di Cassazione). Senza scendere in dettagli tecnici e altro, questo aspetto è emblematic­o e deve farci ripensare, per il dopo Covid, pure alla necessità di un sistema giustizia nel suo complesso più efficiente e serio.

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