INTERVENTI E REPLICHE
Quale giustizia per l’Italia del dopo Covid?
L’arrivo della soluzione vaccini impone un quesito: cosa il Covid deve insegnare all’Italia per riprendersi? Rapporto Stato-Regioni, sanità senza tagli e sprechi, assistenza (vera) a chi ha bisogno (per davvero), valorizzazione di merito, serietà ed impegno sono solo alcuni dei conti da regolare. Fra tali conti ce n’è uno che, pur se fondamentale per le sorti della democrazia, ora appare messo da parte: è quello del sistema giustizia, problema spesso predicato, ma poco affrontato ed al quale tengo anche per il mio ruolo. Gli uffici giudiziari di merito sono stati pressoché paralizzati causa Covid. La Suprema Corte di Cassazione, con udienze pubbliche comunque fissate e adunanze camerali anche da remoto, ha fatto quel che poteva per andare avanti! C’è un aspetto significativo, però, che va conosciuto. Oltre alle decine di migliaia di nuove cause che, ogni anno, sommergono tutte le sezioni civili della Cassazione, altre migliaia di ricorsi per i procedimenti di protezione internazionale hanno intasato questo settore. Tali ricorsi, con corsia preferenziale innanzi a un organo deputato,di norma, a decidere su violazioni di legge più che a rifare valutazioni in fatto, sono stati definiti, nonostante il Covid, anche in meno di un anno. Ciò non è male in sé, ma dovrebbe far riflettere su due anomalie. La prima: se un cittadino extracomunitario, richiedente protezione internazionale e soccombente nei vari giudizi di merito nel secondo semestre 2019, ottiene una decisione della Cassazione nel primo semestre 2020 perché un cittadino italiano, che vanta un risarcimento o attende una indennità di occupazione o di espropriazione deve poi aspettare, bene che vada, non meno di 4 anni per una sentenza della Suprema Corte? La seconda: sulla dolorosa questione umana degli immigrati richiedenti protezione si è innestato un vergognoso valzer di convenienze, connivenze, falsi moralismi, interessi, che ormai prescindono dalla reale e civile sorte del povero immigrato spesso abbandonato a sé, non concretamente avviato all’inserimento lavorativo o a un assistito rimpatrio e riposto, con escamotage, nel percorso giudiziario (anche di Cassazione). Senza scendere in dettagli tecnici e altro, questo aspetto è emblematico e deve farci ripensare, per il dopo Covid, pure alla necessità di un sistema giustizia nel suo complesso più efficiente e serio.