Corriere della Sera

Vi racconto la famiglia Fiorello Giuseppe: «Show dedicato a mio padre Quando morì mi crollò il mondo a 20 anni»

- Renato Franco

«Salgo a bordo del deltaplano delle canzoni di Domenico Modugno e sorvolo la mia infanzia, la Sicilia e l’Italia di quegli anni, le facce, le persone, vicende buffe, altre dolorose, altre nostalgich­e e altre ancora che potranno sembrare incredibil­i». Giuseppe Fiorello porta su Rai1 (l’11 gennaio, prodotto da Friends & Partners) Penso che un sogno così, adattament­o televisivo dello spettacolo che ha viaggiato lungo l’Italia per 300 serate.

Che bambino era?

«Un bambino chiuso, timido e introverso, cresciuto a pane e Modugno. Mi piaceva l’idea di questo gioco di specchi: un padre cresce un figlio con il mito di un cantante, quel figlio diventa un attore che interprete­rà proprio quel cantante. Mi sono detto che non potevo non raccontare questo incrocio del destino».

Lo spettacolo è soprattutt­o un omaggio a suo padre che morì quando lei aveva 20 anni...

«Era un padre molto semplice, simpatico, anche se la simpatia spesso viene letta come una dote leggera. Mi colpiva la sua positività, la sua visione della vita: era un possibilis­ta, tutto per lui era possibile, fattibile; sognava molto, per noi e per lui. E poi non solo cantava le canzoni di Modugno, ma gli assomiglia­va anche fisicament­e».

Perché raccontare la storia di suo padre?

«Me lo sono chiesto anche io. Perché dovrebbe interessar­e al pubblico? Temevo fosse un racconto troppo intimista, ma grazie allo spettacolo mi sono reso conto che ognuno di noi ha una storia universale, ci assomiglia­mo tutti, siamo tutti una famiglia, tutti abbiamo un padre e una madre. E poi c’è Domenico Modugno, un mito conosciuto da tutti che lega questi personaggi e questa famiglia». Come sono i suoi fratelli? «Di Rosario chiunque avrebbe avuto l’idea chiara di cosa avrebbe fatto, appena nato tutti dicevano: questo bambino mettiamolo subito in television­e... Lui e mio padre tenevano alta l’asticella dell’umore in famiglia. Io e mia sorella Anna eravamo più pacati, Rosario e Catena invece sono sempre stati più aperti e disinibiti. Eravamo una famiglia dall’umore sempre bello, con i naturali alti e bassi che capitano a tutti. E poi c’era il contorno della famiglia allargata di parenti. La tavola era il luogo dove ci si incontrava. Ore e ore a mangiare, ridere, parlare, cantare».

Come le è venuta l’idea dello spettacolo?

«In un’estate caldissima ero in spiaggia e vedevo da lontano le fabbriche del mio paese, il petrolchim­ico di Augusta, un luogo stupendo ma allo stesso tempo martoriato e devastato da quell’illusione che fu il progresso di quell’epoca. Stavo leggendo Open di Agassi e quella lettura mi fece scattare dentro una necessaria e personale ispirazion­e. E così scrissi di getto di mio padre che ci portava d’estate al mare cantandoci le canzoni di Modugno, estati molto siciliane con parenti da commedia all’italiana, spiritosi, numerosi, estrosi, canterini. In mezzo a tutto questo mare di italianità c’era un bambino molto timido e introverso: io».

Introverso lei? L’attore non è per sua natura esibizioni­sta? Cosa le fece scattare la molla per salire su un palco?

«Per paradosso penso che sia stata proprio la scomparsa di mio padre ad aiutarmi. Avevo 20 anni, ero un ragazzo non ancora diventato uomo. Ero al crocevia delle decisioni, nello svincolo della vita. Dove vado? Mio padre mi aiuterà, pensavo. Il mondo mi crollò addosso. La sua morte mi costrinse a crescere più velocement­e e a mettere in ombra la parte chiusa e bloccata di me. Cominciai a muovermi, incuriosir­mi, viaggiare, capirmi, incontrare persone».

Nello spettacolo si fa accompagna­re da ospiti che entrano nel racconto.

«E un ciclo narrativo che non si ferma, gli ospiti sono attori della mia storia: Paola Turci, Eleonora Abbagnato, Favino, Serena Rossi, Francesca Chillemi... Penso che un sogno così non è solo un racconto intimista, ma attraverso alcune parole di Modugno ci sarà l’occasione anche per parlare di altro, di tematiche importanti e profonde, come del male che ci ha fatto l’illusione del progresso, dell’industrial­izzazione selvaggia, noi che da ragazzi guardavamo il petrolchim­ico con i suoi fumi bianchi e sognavamo lo skyline di New York».

In scena alla fine c’è anche suo fratello Rosario.

«È sempre molto eccitante lavorare con lui, ti senti sempre in bilico sul crinale di una scarpata, hai paura che possa cambiare le regole del gioco, te ne stai lì impaurito ed eccitato, ma lui ti tiene sempre per mano». Come un fratello più grande, come un padre.

Rosario ha ereditato la sua positività, tutti dicevano di lui: questo bambino mandiamolo in television­e Anche Catena è disinvolta, io e Anna siamo invece più pacati

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I genitori I genitori di Giuseppe Fiorello: mamma Rosaria e papà Nicola da giovani. Erano gli anni Cinquanta
Album I genitori I genitori di Giuseppe Fiorello: mamma Rosaria e papà Nicola da giovani. Erano gli anni Cinquanta
 ??  ?? Intenso Giuseppe Fiorello è nato a Catania il 12 marzo 1969. L’attore porta su Rai1 (l’11 gennaio, prodotto da Friends & Partners) «Penso che un sogno così» adattament­o televisivo dello spettacolo che ha viaggiato lungo l’Italia per 300 serate. «Penso che un sogno così» è il racconto della sua famiglia punteggiat­o dalle canzoni di Domenico Modugno
Intenso Giuseppe Fiorello è nato a Catania il 12 marzo 1969. L’attore porta su Rai1 (l’11 gennaio, prodotto da Friends & Partners) «Penso che un sogno così» adattament­o televisivo dello spettacolo che ha viaggiato lungo l’Italia per 300 serate. «Penso che un sogno così» è il racconto della sua famiglia punteggiat­o dalle canzoni di Domenico Modugno
 ??  ?? I fratelli Da sinistra: Anna, Giuseppe, Rosario e Catena Fiorello durante una festa in famiglia
I fratelli Da sinistra: Anna, Giuseppe, Rosario e Catena Fiorello durante una festa in famiglia

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