Volvo, solo auto elettriche E si parte con la XC 40
Dal 2025 il costruttore non produrrà più vetture con motori termici
A dispetto degli scettici, c’è chi continua a credere nell’auto elettrica. Fra i marchi che si sono gettati alle spalle ogni timidezza c’è Volvo: forte della sua lunga storia (cominciata nel 1927 e costellata di innovazioni divenute patrimonio universale: basti pensare alle cinture di sicurezza) e — la storia purtroppo non basta — di cospicui capitali cinesi (la società svedese, dal 2010, è controllata dal colosso Geely, che l’ha rilanciata), ha deciso lo stop alla produzione di auto con motore termico, ibride comprese, dal 2025.
Praticamente domani. Ma in anticipo su quella svolta ecco arrivare, anche nelle concessionarie italiane (le vendite pariranno in marzo), il primo modello tutto elettrico. È la XC 40 P8 AWD, versione «BEV» (battery electric vehicle) della XC 40, che viene già proposta a benzina, Diesel, full hybrid e ibrida ricaricabile. Di quest’ultima, la full electric mantiene forme e misure. Non il peso, che cresce di un paio di quintali. La potenza è pari a 408 cavalli. Prezzo: 59.600 euro. Somma che rientra nell’area di costo (il massimo previsto è di 50mila euro senza Iva) coperta dagli «ecobonus».
Sempre in marzo Volvo presenterà un altro modello a «zero emissioni» allo scarico. Perché l’avvicinamento al fatidico 2025 della svolta energetica prevede il debutto, ogni anno, di almeno un’elettrica.
Per esigenze tecniche (che hanno a che vedere con il posizionamento delle batterie) le Volvo elettrificate hanno, e continueranno ad avere, forme da suv più che da berlina. E non si tratterà di veicoli «adattati» (cioè: nati termici e convertiti all’elettrico), ma di progetti concepiti ex novo come esclusivamente elettrici.
Ma la transizione di Volvo alle «emissioni zero» non è fatta soltanto di auto: gli svedesi sanno che per dare un senso — cioè: un mercato — alle auto elettriche è necessario che esse trovino il loro posto in un «ecosistema». Ecco allora, per esempio, la rete di colonnine di ricarica marchiata Volvo che la filiale italiana del brand ha deciso di impiantare a integrazione delle altre reti che si stanno diffondendo nel nostro Paese. Un centinaio di punti: per metà riservati ai clienti e dislocati nel perimetro delle concessionarie Volvo; per l’altra metà pubblici. Colonnine fast charge da 150 kW. Ogni stazione pubblica costerà, alla Volvo, non meno di 150 mila euro.
Tutto questo, ancora, non esaurisce la strategia industriale del costruttore di Goteborg. Nel gruppo cino-svedese, che ha diviso in tre filoni il business automobilistico, al brand Volvo spetta il compito di presidiare il mercato con una rete di dealer «fisici» e i canali digitali. Il marchio Polestar (arriverà in Italia nel 2021), invece, ha la missione di proporre vetture soltanto elettriche e lussuose, sostenute da servizi luxury da erogare sia attraverso il web sia in modo tradizionale: per questo i brand Volvo e Polestar coabiteranno.
E poi c’è il terzo filone, il marchio Lynk&Co, che ha il compito di esplorare tutte le modalità alternative all’auto di proprietà. Chi si rivolgerà a Lynk&Co cercherà l’innovativo vantaggio dell’uso più che l’antico piacere del possesso. E magari lo farà acquistando, attraverso una membership, una gamma di servizi che assicurino la mobilità personale nelle situazioni più disparate, non necessariamente legate, appunto, alla disponibilità di un mezzo in esclusiva.