«Soul», un capolavoro jazz sul senso dell’esistenza umana
La pandemia ha rimesso la televisione al centro del villaggio globale: ancora una volta, è lei a riportarci in casa quel mondo che non possiamo più visitare. Non solo: succede anche che i blockbuster vadano direttamente in streaming: Soul della Pixar, come prima Mulan, ha saltato l’uscita in sala ed è ora visibile sulla piattaforma Disney+. E quando un capolavoro entra nel circuito del «piccolo schermo», tutto il sistema subisce una scossa tale da cambiare scenario.
Per parlare di Soul di Pete Docter (l’autore di Inside Out) non bastano certo queste poche righe. È un’opera così densa di significati, di poesia, di emozioni che si rischia di rendere banale ogni osservazione. Il protagonista di Soul è Joe Gardner, un insegnante di musica di scuola media a New York che, pur spezzando il pane della sua passione ad alunni per lo più svogliati e disinteressati, non cessa di perseguire il suo desiderio di suonare in pubblico.
Purtroppo, dopo aver ottenuto la grande occasione in un quartetto jazz, muore improvvisamente, trovandosi sulla cuspide dell’Altro Mondo. Soul è una composizione jazz – insieme anima e soul musica – nelle cui intercapedini si nasconde il senso dell’esistenza umana: ogni volta che Joe è vicino a realizzare un sogno, qualcosa va storto. È un film sulla creatività (sull’atto primigenio del creare), sulla passione, sulla tecnologia, sulla riparazione, sulla vita e sulla morte, sull’aldilà. È un film sulla ricerca della propria identità, rivolto in prima battuta al pubblico della Disney, e dunque favola, nel suo etimo di racconto che racchiude un insegnamento. Soul è anche un manifesto visivo (il musical, la cultura psichedelica, la Silicon Valley, Yellow Submarine, la New Age, Picasso, la Linea di Cavandoli…), un trattato sulle funzioni psicologiche di Jung e sullo sviluppo empatico di Martin Hoffman, è... Speriamo che chi fa tv guardi questo film.