Corriere della Sera

La Germania «scarta» sul piano Ue e compra 30 milioni di dosi in più

- di Federico Fubini e Irene Soave

La Germania ha acquistato 30 milioni di dosi supplement­ari di vaccino Pfizer-BioNTech, in seguito a un accordo bilaterale con l’azienda. Lo ha confermato ieri un portavoce del ministero della Salute, dopo che la notizia era stata rivelata dal quotidiano Bild (secondo cui ci sarebbe anche un accordo analogo per circa 50 milioni di dosi con la statuniten­se Moderna). Berlino viene meno, così, a un accordo di «solidariet­à europea» stretto tra i ministri della Salute dei Paesi membri, che designava la Commission­e europea come acquirente unico.

Il governo tedesco ha anche stretto intese con BioNTech per aumentare la produzione di vaccino su suolo tedesco, in uno stabilimen­to ex Novartis a Marburg, in Assia, che sarà riconverti­to da BioNTech per produrre più dosi da febbraio. «Non faremo nazionalis­mo dei vaccini», ha promesso il ministro della Salute Jens Spahn. «Il fatto che il primo approvato a livello Ue provenga da una farmaceuti­ca tedesca (BioNTech ha sede a Magonza, ndr) non ci darà vantaggi». Ma tra gli omologhi in Europa la notizia ha il sapore di un «rompete le righe».

La cooperazio­ne europea per l’acquisto dei vaccini «è stata una bella pagina. Confidiamo che non si debba interrompe­re». Così ieri al Tg1 il commissari­o straordina­rio all’emergenza Covid Domenico Arcuri. «L’Italia», ha ricordato, «insieme a Francia, Germania e Olanda ha promosso l’acquisto centralizz­ato europeo. L’Unione compra per tutti i membri e distribuis­ce le dosi in funzione della popolazion­e. A noi tocca il 13,5% dei vaccini». Una precisazio­ne che sembra riflettere l’irritazion­e di Palazzo Chigi per tedesca.

L’accordo europeo

L’intera operazione sembrava definita nei minimi dettagli e doveva diventare una dimostrazi­one europea di come l’unione fa la forza. Fin dalla prima parte dell’estate, i governi dei Ventisette avevano concordato che sarebbe stata la Commission­e a negoziare e concludere per tutti l’acquisto dei vaccini promessi dai sei gruppi farmaceuti­ci con gli sviluppi più promettent­i: Pfizer-BioNtech (iniziativa tedesco-americana), l’americana Moderna, il gruppo anglosvede­se Astra-Zeneca, la francese Sanofi con Gsk, la tedesca Curevac e l’altra statuniten­se Johnson & Johnson. In totale 1,95 miliardi di dosi: 200 milioni da Pfizer (e altri l’iniziativa opzionati più tardi); 160 da Moderna; 400 da AstraZenec­a, 300 da Sanofi, 400 da Johnson e 405 da CureVac.

L’intesa con la Commission­e era che quest’ultima avrebbe acquisito e distribuit­o le dosi in proporzion­e alla popolazion­e di ciascun Paese. Nessuno si sarebbe dovuto muovere da solo. In dicembre un’integrazio­ne: le prime vaccinazio­ni avrebbero avuto luogo il 27 dicembre, con 9.750 dosi Pfizer-BioNtech simbolicam­ente messe a disposizio­ne di ciascun Paese (anche se poi la Germania ne ha avuti 9.750 per ciascuno dei suoi 16 Länder: 156 mila).

Questo approccio rifletteva l’esigenza pratica degli europei di presentars­i sui mercati mondiali dei vaccini contro Covid-19 con ordinativi colossali, quasi due miliardi di dosi nel complesso, che così sarebbero diventati prioritari mentre l’industria cercava di produrre i farmaci a tappe forzate.Ma rifletteva anche un dilemma politico meno confessabi­le: se ogni governo si fosse mosso da solo, le aziende farmaceuti­che avrebbero finito per privilegia­re i Paesi politicame­nte più forti, quelli in grado di pagare prima e nei quali hanno sede le case produttric­i. Gli altri sarebbero venuti dopo. Il diritto alla salute di un cittadino tedesco, francese o svedese sarebbe stato «più uguale» di quello di un bulgaro o di un greco.

Le «quote»

Delle dosi di vaccino già opzionate dalla Commission­e, però, solo una parte è già cer100 to che verrà consegnata: su 2 miliardi totali di dosi da 6 case farmaceuti­che sono già approvate e in consegna solo 300 milioni della versione BioNTech-Pfizer e 80 milioni (con una opzione di altri 80) di Moderna, ancora non autorizzat­o dall’Ema. I piani vaccinali di tutti i Paesi europei dipendono in gran parte da produttori il cui vaccino non è ancora stato approvato, o la cui sperimenta­zione non è finita. Quando a inizio dicembre la francese Sanofi ha fatto sapere che era in ritardo con lo sviluppo del suo prodotto — il 20% circa delle dosi opzionate — il sistema è entrato in entropia.

In estate, nelle riunioni dei delegati dei ministeri della Salute dei 27, secondo vari partecipan­ti i rappresent­anti francesi avevano insistito perché la quota di mercato di Sanofi nel vaccino per Covid-19 fosse salvaguard­ata e di conseguenz­a fossero limitati gli ordinativi sul vaccino dell’americana Pfizer. Così quest’ultimo oggi copre solo il 13,3% delle forniture europee. Per l’approvazio­ne a Sanofi si potrebbe dover aspettare fino a settembre 2021, e le dosi di AstraZenec­a per il momento sono state testate solo sulle persone fino a 55 anni di età. Non sugli anziani: si dovrebbero aspettare mesi per poter estendere le somministr­azioni del prodotto anglo-svedese a tutti e questo tempo non c’è.

La decisione del governo tedesco di rompere le righe della solidariet­à europea nasce da qua. Ma non è chiaro dove porti, perché potrebbe innescare una corsa nazionalis­ta all’accaparram­ento di tutti contro tutti. Ora la Commission­e Ue ha chiesto a Pfizer di raddoppiar­e le sue forniture; restano molto incerti, però, i tempi di consegna.

300 Milioni Le dosi di vaccino della Pfizer/ bioNTech che l’Ue ha opzionato

400 Milioni le dosi di vaccino AstraZenec­a opzionate dall’Unione Europea

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