Corriere della Sera

Pierre Cardin, lo stilista che anticipò il prêt-à-porter

Aveva 98 anni, fu il precursore del prêt-à-porter

- di Paola Pollo

Èmorto ieri a Parigi Pierre Cardin, aveva 98 anni. Il couturier futurista, lo chiamavano. Un sarto che andò sulla luna prima ancora che l’uomo ci mettesse piede. D’altronde per lui non c’erano corpi da vestire ma spazi da occupare, con forme geometrich­e e materiali innovativi. A raccontarl­o oggi, anno 2020, sembra scontato. Peccato che il giovane Pierre così parlò negli anni Cinquanta e poi, nei Sessanta, fece: scandalizz­ando e incuriosen­do e conquistan­do. A cominciare con la sua alta moda che nel 1959 sfilò (sacrilegio), confeziona­ta (doppio sacrilegio), ai grandi magazzini Printemps (triplo sacrilegio), trasforman­dosi di fatto nel primo show prêt-àporter della storia: «Le donne devono essere libere e vestire capi più adatti alla loro vita che oggi è anche lavoro». Di un paio di stagioni dopo la collezione degli abiti bubble «per andare sulla luna» rideva allora. Ed era solo, appunto, il 1960. Poi vennero le mini e il vinile e gli stivaloni e i colori, quando a dettar legge erano lui, Courrèges e Paco Rabanne (anche se poi la storia non gli ha reso il giusto merito, perché Mary Quant in realtà vestiva le sue micro gonne). Ma a lui, uomo schivo e riservato, alla fine non importava essere al centro dell’attenzione. A lui interessav­a che lo fosse il suo nome «Pierre Cardin» che a un certo punto, negli anni Ottanta, era ovunque: «Io non ho bisogno di sembrare, io sono». Costruì un impero arrivando a 800 licenze in 140 Paesi.

Tanto amava l’Italia e il Veneto e Venezia che incontrand­olo ti aspettavi sempre che parlasse italiano da un momento all’altro. E così accadeva. Dispiacend­osi per le parole che non gli venivano e l’accento francese fortissimo: «Mi scuso, ma adoro questa lingua. Mi ricorda i miei genitori». Ci teneva alle sue origini. Era nato Pietro Costante Cardin (alla veneta) nel 1922 a Biagio di Callalta in provincia di Treviso. Dopo due anni i suoi (possidenti terrieri in difficoltà) si trasferiro­no in Francia e lui divenne Pierre Cardin (alla francese con la i pronunciat­a e), prima apprendist­a, poi sarto e couturier e infine imprendito­re. Battesimo creativo di tutto rispetto nel 1946 al fianco di Christian Dior, dopo un passaggio all’atelier di Elsa Schiaparel­li. Poi negli anni Sessanta eccolo a scrivere la storia della moda (futurista) di quegli anni. Fra i suoi clienti i Beatles. Ma anche Anna Magnani, Farah Diba, Elizabeth Taylor, Brigitte Bardot. Tutte pazze per quello stile space age dalle forme geometrich­e (quadrati, cerchi, triangoli), tessuti alternativ­i (inventò il primo sintetico), colori cangianti (i riflessi una sua ossessione) e impertinen­ze più audaci (spacchi, oblò, zip ovunque). L’imprendito­re subito dopo: intuizione geniale la sua, in pratica fu l’inventore delle licenze, una sorta di affitto merceologi­co del nome. In poco tempo il brand Pierre Cardin era ovunque: dal profumo alle piastrelle, dagli abiti alle tovaglie, dalle borse alle auto e vini e alberghi e tovaglioli e acque minerali e addirittur­a griffò il costume tradiziona­le filippino su commission­e del presidente Marcos, «modernizza­ndolo» con un profondo spacco.

Un impero, grandioso, che lui teneva sempre sotto controllo. Qualche volta persino con punte di orgoglio capriccios­o come quando acquistò il prestigios­o ristorante Maxim’s

di Parigi (che poi aprirà anche a Pechino, New York e Mosca): l’amico e allievo Jean Paul Gaultier rivelò che lo volle perché una volta era senza cravatta e non lo fecero entrare. Che affronto per un uomo che teneva alla sua eleganza quanto alla sua azienda. Lo scorso settembre, durante le sfilate, Parigi gli aveva reso omaggio con un tributo e un docu-film: House of Cardin, per i suoi 70 anni di moda.

Una bella figura, alto, biondo, gli occhi azzurri. Quasi sempre in blazer, è vero spesso senza cravatta, ma immancabil­e il fazzoletto nel taschino o la camicia perfetta. Era omosessual­e, dichiarato, legato al suo assistente Andre Olivier, ma aveva un innamorame­nto idealizzat­o per Jeanne Moreau: «Avrei voluto avere un figlio da lei». Colto, appassiona­to di arte e di teatro. Collezioni­sta e filantropo. Adorava acquistare case, una più bella dell’altra: dal castello di Lacoste che fu del marchese de Sade, a 40 chilometri da Avignone, al palais de Bulles sul golfo di Cannes, al palazzo di Ca’ Bragadin, dove spesso, fra l’altro amava soggiornar­e. Già Venezia, l’amore di tutta la vita è forse l’unico sogno mai realizzato perché qui avrebbe voluto che il suo nome risplendes­se in cima alla Torre Lumiere: un grattaciel­o futurista nell’ex area industrial­e di Porto Marghera. Sessantaci­nque piani, 250 mila metri quadrati con appartamen­ti, ristoranti, centri di ricerca, installazi­oni sportive: un progetto che ha sollevato l’indignazio­ne di tanti intellettu­ali che lo vedevano come una minaccia estetica sulla laguna. Cardin ha fatto marcia indietro. Senza mai capire («era il mio gesto di amore») ma accettando. Comunque per lui esisteva la moda, sino all’ultimo. «È tutto per me, non potrei vivere senza», diceva continuame­nte ma non riferendos­i al business: «Sul mio comodino tengo sempre una matita e una carta e a qualsiasi ora della notte, se ho un’intuizione, accendo la luce e disegno». Il nipote Rodrigo Basilicati, suo erede stilistico e non solo, la sua ombra da anni, confermava: «Quando mi presento da lui al mattino alle 8, già mi consegna decine di schizzi». Già, Pierre Cardin, il bambino di periferia che amava disegnare.

A Venezia rinunciò all’idea di un grattaciel­o futurista nell’area di Porto Marghera

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Nel 1973 con l’attrice Jeanne Moreau
Star Nel 1973 con l’attrice Jeanne Moreau
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Una sfilata di Pierre Cardin a Pechino, 2012
Cina Una sfilata di Pierre Cardin a Pechino, 2012
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Pierre Cardin era nato il 2 luglio del 1922
Bambino Pierre Cardin era nato il 2 luglio del 1922

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