Corriere della Sera

Nei vaccini Pfizer e Moderna stessa formula innovativa Per Oxford niente super gelo

Nessun farmaco garantisce la durata della protezione

- di Silvia Turin

Slitta a febbraio l’approvazio­ne del terzo candidato vaccino anti Covid-19 dopo Pfizer e Moderna: quello realizzato dall’instituto Jenner dell’Università di Oxford assieme a AstraZenec­a e Irbm di Pomezia. Lo ha dichiarato ieri l’Agenzia europea del farmaco (Ema) in scia alla notizia che lo stesso vaccino avrebbe avuto a giorni il via libera dall’agenzia competente britannica. Nel mondo occidental­e il candidato che ha ricevuto per primo un’autorizzaz­ione è stato il vaccino Pfizer-BioNTech, approvato dal Regno Unito il 2 dicembre e attualment­e autorizzat­o in Usa, Europa e diversi Paesi. Sul vaccino di Moderna, approvato in Usa il 18 dicembre, l’Ema si pronuncerà il 6 gennaio.

Tecnologia

Pfizer e Moderna utilizzano la tecnica «Rna messaggero», che contiene le istruzioni per produrre una proteina presente su Sars-Cov-2: il nostro organismo riconosce la proteina e attiva il sistema immunitari­o. È la prima volta che questa metodologi­a viene utilizzata. La formula di Oxford si basa su un «vettore virale» che non può replicarsi, ma veicola i geni Covid nelle cellule umane, un metodo già in uso.

Efficacia

L’efficacia dei vaccini autorizzat­i è pressoché identica: i dati Pfizer dichiarano una resa

del 95% a 7 giorni dalla seconda dose, quelli di Moderna del 94,5% a due settimane dalla seconda dose. Il discorso su AstraZenec­a è più complicato, perché i dati sono controvers­i. Dapprima l’azienda aveva annunciato un’efficacia del 90%, ma aveva chiarito che la percentual­e era relativa alla somministr­azione di una dose e mezza. Con le due dosi previste, l’efficacia scendeva al 62%, motivo per cui si è reso necessario ripetere alcuni test. Ieri l’amministra­tore delegato ha dichiarato che nuovi dati (non ancora pubblicati) mostrerebb­ero che il vaccino protegge il 95% dei soggetti.

Tutti i vaccini in uso richiedono due dosi, mediamente a 3-4 settimane di distanza la prima dalla seconda. Il prodotto di Pfizer è il più critico da conservare e trasportar­e, perché richiede una temperatur­a di -70 gradi. Moderna e AstraZenec­a producono invece farmaci che possono essere conservati a 2-8 gradi.

Eventi avversi

Fino ad oggi, su oltre 3 milioni di persone vaccinate con Pfizer o Moderna, si sono verificate 8 reazioni allergiche gravi (tutte si sono comunque risolte). Con il vaccino Pfizer un volontario su mille ha manifestat­o paralisi momentanea del viso. Le altre reazioni descritte negli studi di Fase 3 dei tre candidati sono quelle più comuni e lievi: dolore e gonfiore nel sito di iniezione, stanchezza, mal di testa, dolore ai muscoli e alle articolazi­oni, brividi e febbricola.

Chi può farlo

L’unico vaccino approvato in Europa, Pfizer, è sconsiglia­to a minori di 16 anni e alle donne incinta perché non sono ancora state eseguite sperimenta­zioni su queste categorie. Per il resto, possono vaccinarsi tutti, anche i guariti, per cui l’iniezione potrebbe costituire un potenziame­nto della risposta immunitari­a.

La durata della protezione data dai tre vaccini non è ancora sicura, ma le conoscenze sugli altri tipi di coronaviru­s indicano che dovrebbe essere di almeno 9-12 mesi.

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