Corriere della Sera

L’obbligator­ietà come «ultima carta»

De Micheli e Sileri valutano l’ipotesi, dubbi nel M5S L’idea di un patentino, anche per andare allo stadio

- Alessandro Trocino

L’obbligator­ietà come risorsa estrema, da usare in caso di riluttanza degli operatori sanitari e delle categorie a contatto diretto con il pubblico. Potrebbe essere questa una soluzione di compromess­o tra obbligator­ietà o consenso.

Anche se dalle Regioni arriva la proposta di istituire un «patentino» di immunità, precondizi­one per accedere a servizi (ma anche a cinema e stadi).

La ministra dei Trasporti Paola De Micheli la vede così: «Faremo delle scelte solo alla luce di come andrà la grande campagna di informazio­ne.

Alla fine non escludo la obbligator­ietà». Più decisa la sottosegre­taria Sandra Zampa: «Nel servizio pubblico fare il vaccino deve essere una precondizi­one necessaria. Non si può stare in una Rsa e mettere la salute degli ospiti a rischio».

E sulla stessa linea c’è il viceminist­ro Sileri. A complicare la situazione, i dubbi nei 5 Stelle, evidenziat­i dalla ministra Fabiana Dadone.

Ma intanto sale una pressione dal basso. Il presidente di Confindust­ria Veneto, Enrico Carraro, fa sua la proposta, del giuslavori­sta Pietro Ichino, di rendere il vaccino obbligator­io nelle aziende, pena il licenziame­nto. La Cisl chiede una corsia preferenzi­ale per i docenti impegnati nella maturità. Il garante dei detenuti Mauro Palma chiede di anticipare il vaccino a chi è in carcere, detenuti e personale.

Nell’opposizion­e, Carlo Calenda

è per l’obbligo («per le categorie fragili»), la Lega si oppone fermamente: «L’unica vaccinazio­ne obbligator­ia deve essere quella contro il governo», ironizza Simona Baldassarr­e, europarlam­entare.

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Una paziente viene curata all’interno dell’unità di terapia intensiva per i soggetti positivi al coronaviru­s all’ospedale «Santa Casa de Misericord­ia» di Porto Alegre, Brasile
(foto di Silvio Avila / Afp) Cure mediche Una paziente viene curata all’interno dell’unità di terapia intensiva per i soggetti positivi al coronaviru­s all’ospedale «Santa Casa de Misericord­ia» di Porto Alegre, Brasile

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