L’obbligatorietà come «ultima carta»
De Micheli e Sileri valutano l’ipotesi, dubbi nel M5S L’idea di un patentino, anche per andare allo stadio
L’obbligatorietà come risorsa estrema, da usare in caso di riluttanza degli operatori sanitari e delle categorie a contatto diretto con il pubblico. Potrebbe essere questa una soluzione di compromesso tra obbligatorietà o consenso.
Anche se dalle Regioni arriva la proposta di istituire un «patentino» di immunità, precondizione per accedere a servizi (ma anche a cinema e stadi).
La ministra dei Trasporti Paola De Micheli la vede così: «Faremo delle scelte solo alla luce di come andrà la grande campagna di informazione.
Alla fine non escludo la obbligatorietà». Più decisa la sottosegretaria Sandra Zampa: «Nel servizio pubblico fare il vaccino deve essere una precondizione necessaria. Non si può stare in una Rsa e mettere la salute degli ospiti a rischio».
E sulla stessa linea c’è il viceministro Sileri. A complicare la situazione, i dubbi nei 5 Stelle, evidenziati dalla ministra Fabiana Dadone.
Ma intanto sale una pressione dal basso. Il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro, fa sua la proposta, del giuslavorista Pietro Ichino, di rendere il vaccino obbligatorio nelle aziende, pena il licenziamento. La Cisl chiede una corsia preferenziale per i docenti impegnati nella maturità. Il garante dei detenuti Mauro Palma chiede di anticipare il vaccino a chi è in carcere, detenuti e personale.
Nell’opposizione, Carlo Calenda
è per l’obbligo («per le categorie fragili»), la Lega si oppone fermamente: «L’unica vaccinazione obbligatoria deve essere quella contro il governo», ironizza Simona Baldassarre, europarlamentare.