Corriere della Sera

L’Argentina vuole rompere il tabù dell’aborto

- di Sara Gandolfi

ABuenos Aires ieri sembrava di esser tornati all’Italia degli anni ‘70, quando le donne invasero strade e piazze reclamando il diritto di interrompe­re le gravidanze indesidera­te. Stessi striscioni — «Libere di decidere» — stessa assertivit­à. Al posto delle gonne a fiori che tanto andavano di moda allora, nella capitale argentina è un turbinio di foulard verdi, simbolo della lotta femminista. La legge sull’aborto in Italia arrivò nel 1978, nonostante l’opposizion­e della Chiesa cattolica. In America Latina il tema è ancora tabù. Tocca all’Argentina, Paese natale di papa Francesco, tentare di voltar pagina. Già approvato alla Camera, il progetto di legge presentato dal governo di Alberto Fernández, che consente l’interruzio­ne legale fino alla 14esima settimana di gestazione, è passato al vaglio di un Senato spaccato in due. Il dibattito è continuato fino a notte inoltrata in Italia, con esito incerto. Alla vigilia, si preannunci­ava una vittoria di misura del «sì» alla legalizzaz­ione. Tutta l’America Latina e la Chiesa cattolica ieri guardavano a Buenos Aires, avanguardi­a di una campagna che si sta diffondend­o a macchia d’olio nel continente. Solo Cuba, Uruguay e Guyana consentono la libera interruzio­ne della gravidanza. Negli altri Paesi, anche se governati da forze di sinistra, è permessa solo in casi di grave pericolo per la salute della madre o per stupro. Il vento però cambia. Dal Costa Rica alla Colombia, dal Messico all’Ecuador si moltiplica­no le manifestaz­ioni in favore della libertà di scelta. Il voto in Argentina segna un precedente che non si potrà ignorare. A poche ore dal dibattito in Senato, sull’account Twitter del Papa è comparso un messaggio, in spagnolo: «Tutte le persone scartate sono figli di Dio». Fernández gli ha risposto indirettam­ente: «Sono cattolico ma legifero per tutti. Ogni anno finiscono in ospedale 38 mila donne per aborti clandestin­i».

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In piazza Donne a Buenos Aires

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