«Dal Marocco all’Arma Il mio cuore è lo sport»
«Se andavo male a scuola papà era tassativo: e mi proibiva gli allenamenti». Una vita che è come una gara di mezzofondo quella di Rachid Berradi, 45 anni, nato a Meknes, in Marocco, e palermitano di adozione dopo «che con la famiglia ci stabilimmo qui da quando avevo otto anni». Pronti, via: siamo in prima media «e fu il mio professore di ginnastica a chiedermi se volevo disputare una campestre per i Giochi della Gioventù». Poi il runner non ha più smesso di correre indossando casacche e uniformi che rappresentano l’Italia: la prima fu la canotta azzurra della nazionale di atletica con la quale Rachid gareggiò nella finale dei 10.000 metri ai Giochi di Sydney. La seconda è stata la maglia del Corpo Forestale «che mi tesserò nel gruppo sportivo» e ora — dopo che i forestali sono diventati carabinieri — ci sono gli alamari dell’Arma. L’appuntato Berradi — «emozionatissimo per la chiamata del Quirinale» — oggi è aggregato al nucleo di polizia giudiziaria del Tribunale di Palermo ma il suo impegno è rivolto ancora allo sport e soprattutto alla didattica scolastica e alla formazione dei ragazzi. Con Libera, e in collaborazione con il Coni, si occupa di portare lo sport gratuito nelle periferie di Palermo. Atletica, basket, taekwondo, sono circa 2.000 i ragazzi seguiti. Lui un po’ è allenatore e un po’ è manager. «La mia stella polare? Il dialogo tra scuola e mondo dello sport».