Il Vaticano temeva i comunisti ma sapeva apprezzare Togliatti
Dopo un primo, cospicuo volume dedicato alle «carte» della Nunziatura Apostolica in Italia nel decennio 1929-1939 pubblicato dall’Archivio Segreto Vaticano nel 2010 a cura di Giovanni Castaldo e Giuseppe Lo Bianco, esce in due tomi L’Archivio della Nunziatura Apostolica in Italia (1939-1953). Inventario, a cura sempre del validissimo Castaldo. Un lasso di tempo che comprende due pontificati (Pio XI e Pio XII), il fascismo, la guerra, la Resistenza, la Repubblica, la Costituente e i primi governi democratici.
La Nunziatura, rimasta simbolicamente a Torino fino ai primi del Novecento, venne stabilita in Roma dopo la ratifica dei Patti del Laterano. Il primo nunzio, Francesco Borgongini Duca, era stato protagonista delle trattative per la Conciliazione, e aveva assistito agli ultimi anni del fascismo, alla guerra, alla Liberazione. Successivamente anche alla nascita della Repubblica, alla Costituente e all’iniziale, difficile avvio della vita democratica: nel 1953 sarà cardinale. È importante constatare che l’occhio del papato sulla politica e la società italiana rimase sostanzialmente il medesimo per un così lungo e decisivo periodo.
Evidente la ricchezza della prospettiva diplomatica di Borgongini che, ci rivelano i molti documenti evidenziati nell’Inventario, investiva moltissimi soggetti, come confermano il ricco «titolario» dell’archivio e la descrizione analitica del medesimo, opera preziosa di Castaldo. Significativo che, da un lato, vi siano ben 16 «buste» alfabetiche che contengono «raccomandazioni» e, dall’altro, che la documentazione su «Protestantesimo» e «Comunismo» sia riunita, in fascicoli separati, nella medesima «busta» che contiene anche materiali relativi a «Ebrei o ex-ebrei». Numerosi comunque gli interventi del nunzio presso le autorità fasciste, tra il 1940 e il 1943, in favore di famiglie ebraiche che intendevano «comprovare» la loro «arianità», segnalate anche da numerosi vescovi.
Data la mole della documentazione non si può che offrire qualche «spigolatura» delle questioni trattate dalla Nunziatura.
Nel giugno 1948, Laura Diaz, deputata del Pci, in un comizio ad Ortona, avrebbe pronunciato «ingiuriose espressioni» contro Pio XII, per cui il vescovo del luogo e la presidenza dell’Azione cattolica chiedono l’autorizzazione, che il nunzio ottiene dal ministro della Giustizia, Giuseppe Grassi, a procedere contro la Diaz, che però doveva essere avallata dal Parlamento. Ma i deputati democristiani preferivano «far tacere il fatto» e il relatore, Oscar Luigi Scalfaro, intendeva «insabbiare la pratica», di modo che alla fine di luglio l’autorizzazione non era arrivata.
Nel 1950-51, invece, monsignor Domenico Tardini della Segreteria di Stato, il nunzio e l’arcivescovo di Bologna protestano per la propaganda delle dottrine marxiste nelle scuole e nelle associazioni giovanili del Pci. Sempre nel 1950-51 Tardini informa il nunzio che il noto gesuita padre Salvatore Lener aveva redatto un parere per rispondere ad un quesito del ministro dell’Interno Mario Scelba circa la «base giuridica» per un divieto al Pci di aprire scuole private nelle quali si parli anche di «Marx e la religione». Sulla base di tale parere, Scelba sosteneva che avrebbe fatto sorvegliare dalla pubblica sicurezza «l’attività di tali centri», ma che era difficile chiuderli solo perché vi si «propagandavano… principi sociali di Marx e simili», mentre il nunzio avrebbe insistito con il presidente del Consiglio, De Gasperi, perché venisse repressa «l’immoralità delle iniziative dei comunisti». Non a caso nel 1949 era stato affisso nelle chiese il «Sacro avviso» che definiva peccato mortale l’iscrizione al Pci e scomunicava gli iscritti.
Ricorderei anche una lettera di Giovanni Battista Montini (il futuro Paolo VI) all’incaricato d’affari presso il Vaticano, Babuscio Rizzo, in data 8 marzo 1945, che assicura l’interessamento di Pio XII in favore della sorella di Togliatti, Maria Cristina, arrestata a Torino «come ostaggio», ma liberata il 17 marzo. Sembra, comunque, che in quei mesi, grazie a don Giuseppe De Luca, Togliatti abbia avuto un segreto incontro con Papa Pacelli, preceduto da un colloquio con Montini nel 1944 e da alcune conversazioni con il cardinale Alfredo Ottaviani. È certo che, alla Costituente, Togliatti approverà il riferimento ai Patti del Laterano che stava a cuore al Vaticano.
Un documento più leggero: nel febbraio del 1951, l’ordinario militare per l’Italia informa il nunzio della «penosa sorpresa» per il telegramma del presidente Luigi Einaudi allo scià di Persia, Reza Pahlevi, per le sue nozze con Soraya, pur essendo il monarca divorziato da Fawzia d’Egitto: nel 1959 si risposerà con Farah Diba. Qualche mese dopo, invece, De Gasperi lamenta con Borgongini l’atteggiamento «a favore dei missini» del cardinale di Palermo, Ernesto Ruffini, che «depauperava la Dc».
Il 25 aprile 1946 De Gasperi dichiara al nunzio che avrebbe volentieri conservato i Savoia, ma che un sondaggio interno al partito aveva dato il 60 per cento alla Repubblica e sottolinea che né Pio XII, né i vescovi si erano «pronunciati». Per il nunzio il clero era monarchico e temeva la «repubblica rossa», anche se il ministro ad
interim degli Esteri, De Gasperi, faceva risalire alla Dc la vittoria repubblicana: da lui ricevuto Borgongini chiede ufficialmente, il 27 giugno 1946, che la Repubblica garantisca «l’intangibilità dei Patti Lateranensi» e il 2 gennaio 1947 osserva che la formula Togliatti (con il riferimento ai «termini concordatari» per i rapporti Stato-Chiesa) non era da disprezzare. Più tardi nota che il richiamo ai Patti del 1929 nell’articolo 7 della Costituzione era «riuscito a trionfare con una maggioranza lieve».
In proposito vanno richiamate le opere di Giovanni Sale che, grazie ai documenti dell’archivio della «Civiltà Cattolica», hanno messo in luce molti aspetti della politica vaticana. Tra quelli di particolare interesse ricordo i tre progetti di costituzione redatti dai gesuiti «su incarico» di Pio XII: il primo «desiderabile», il secondo «accettabile», il terzo «non accettabile». Del primo ricordo l’articolo 1 che ribadiva il principio del culto cattolico «sola religione dello Stato» e riconduceva i «culti ammessi» di Mussolini ai «culti tollerati» di Carlo Alberto; nel secondo il cattolicesimo restava «religione dello Stato» in quanto «della quasi totalità del popolo italiano», ma si salvava la libertà degli altri culti ammessi; nel terzo si respingevano anche il riconoscimento di una «posizione speciale della Chiesa cattolica», la assicurazione della «libertà di professione e di culto» per i culti acattolici e l’uguaglianza dei cittadini appartenenti «all’una o all’altra confessione religiosa o anche a nessuna».
Nel febbraio del 1947 il nunzio trasmette a Tardini copia del «progetto di costituzione» in corso di approvazione, soffermandosi sulla libertà di stampa: non era stata recepita la richiesta vaticana circa il sequestro della «stampa offensiva della religione». Il nunzio commenta deplorando anche il mancato inserimento nella Carta dell’indissolubilità dei matrimoni e dei contributi statali per le scuole private.
In precedenza, tra il 1941 e il 1942, il Vaticano aveva sollevato la questione delle sentenze straniere di divorzio riconosciute dai tribunali italiani e il nunzio aveva protestato con Galeazzo Ciano e Dino Grandi per la violazione del Concordato, ma, nel 1946, Borgongini si felicita per l’accordo Italia-San Marino che «toglieva ogni effetto… agli annullamenti di matrimonio» pronunciati dalla piccola Repubblica.
Significative, tra il 1946 e il 1951, le ripetute proteste di Borgongini per la mancata «censura» di periodici anticlericali, di spettacoli di «varietà», di film «immorali», della immoralità delle spiagge, degli scandali delle case da gioco, delle pubblicazione dei sonetti «irriverenti e anticlericali» del Belli; le molte preoccupazioni per l’apertura di case di tolleranza, alcune delle quali in prossimità di chiese; e quelle di Tardini per un articolo di Moravia su «Il Mondo» nel quale si lodava un libro di Jean Genet, «pubblicazione pornografica», di cui si doveva vietare la traduzione.
Molte, inoltre, le preoccupazioni tra il 1930 e il 1951 per i battesimi dei pentecostali, per la propaganda e attività dei protestanti (favorite dai «partiti di sinistra») e delle loro associazioni giovanili (Ymca) arrivate con gli Alleati.
Auspicando che anche la Segreteria di Stato faccia inventariare i suoi fondi, dobbiamo dare atto che tutto questo insieme di volumi non avrebbe visto la luce senza l’impegno, talvolta coraggioso, del prefetto degli Archivi vaticani, Sergio Pagano, al quale gli studiosi hanno manifestato la loro stima contribuendo ai 4 volumi di studi in suo onore di oltre 4.000 pagine intitolati Incorrupta Monumenta e usciti nel 2018.
Monsignor Montini assicurò che nel marzo 1945 Pio XII si era interessato alla sorella del segretario del Pci, Maria Cristina, presa in ostaggio dai fascisti a Torino e poi rilasciata