«Svecchiamo il campionato diamo fiducia ai giovani»
Il c.t. Nicolato: «Siamo indietro rispetto a Inghilterra, Spagna, Germania»
La «fame» dei giocatori italiani. Per anni si è detto che era troppo poca. Poi è arrivata una generazione che sembra quella della svolta, con giocatori come Barella, Locatelli, Zaniolo, Bastoni, Pellegrini, Tonali, Kean: passati in fretta dalle giovanili alla Nazionale di Mancini.
Paolo Nicolato è il c.t., che ha accompagnato la maggior parte di loro nel percorso azzurro. E sulla fame di questi ragazzi ha la sua idea.
«Dire che gli italiani sono meno affamati degli altri mi sembra un modo per giustificare le nostre incapacità. Dobbiamo trovare gli strumenti per tirare fuori qualcosa in più da tutti. Tante volte siamo noi a distruggere le ambizioni dei ragazzi. E poi diciamo che non hanno fame».
Siamo di fronte a una svolta con questa generazione?
La fame
Tante volte siamo noi a distruggere le ambizioni dei ragazzi e poi per giustificarci diciamo che sono senza fame
La qualità
A Mancini interessa la qualità, non l’età dei giocatori Dovrebbe essere così per tutti, anche nei club
Locatelli
La crescita più rapida l’ha fatta Locatelli Tonali? Parla poco ma pedala Scamacca gigante dai piedi buoni
«Intanto siamo di fronte a un c.t. come Mancini, al quale non interessa l’età, ma la qualità dei calciatori. Dovrebbe essere così per tutti, anche nei club. Ma è un tasto dolente».
Le cose non migliorano?
«Quello che fa la differenza non sono i picchi di qualità, ma la quantità di giocatori tra i quali poter scegliere: non possiamo parlare di una svolta basandoci sulle eccezioni, dobbiamo guardare al lungo periodo. E oggi rispetto a Inghilterra, Francia, Spagna e Germania, ma anche Olanda e Portogallo, siamo indietro».
Va rivista l’idea «anagrafica» di giovane calciatore?
Nel mondo
Dobbiamo cercare in giro per il mondo ragazzi con cittadinanza italiana, ad esempio in Argentina o Germania
«Sì, perché per noi un giovane ha 20 o 21 anni, ma a quell’età in altri tornei hanno un chilometraggio molto superiore: si comincia a 17-18».
Durante la pandemia si è creata qualche occasione in più per valorizzare i giovani?
«Alcuni hanno trovato più spazio e hanno dimostrato di potersi meritare la fiducia. L’importante adesso è non tornare ad essere troppo prudenti coi ragazzi».
Il Milan ha l’età media più bassa ed è in testa. Il neopromosso Spezia punta su diversi ventenni per salvarsi. Una tendenza interessante?
«Interessante e coraggiosa, anche se nel Milan gli azzurri per l’Under 21 sono due. Credere di più nei giovani vuole dire anche accettarne gli errori: sbagliano anche i vecchi».
Eppure difensori con 5 gare in A vengono subito valutati 15 milioni e accostati alle grandi, come accaduto per Lovato del Verona. C’è poco equilibrio nel giudizio?
«Non siamo un popolo che fa dell’equilibrio la sua virtù principale: c’è troppa emotività. Conta molto l’ambiente che un giocatore ha attorno: passare dal non essere nessuno alle prime pagine può essere destabilizzante».
Se in Nazionale vede qualcuno che si è montato la testa, glielo fa notare?
«Cerco di ascoltare più che di parlare. E sono molto soddisfatto dell’atteggiamento che vedo. I ragazzi devono strutturarsi ancora una personalità e nel nostro calcio non è sempre facile. Gli alti e bassi dal punto di vista tecnico sono sempre più frequenti».
Tonali sembra fare fatica al Milan. Che momento è del suo percorso?
«Un momento normale, di un ragazzo di grande qualità arrivato in una società prestigiosa, con compagni molto forti: Sandro saprà ritagliarsi spazio, perché è un ragazzo di grande equilibrio, non si fa condizionare, è serio e capisce i momenti sia sul campo che fuori. Si sa adattare ed è uno che parla poco e pedala tanto».
Kean ha fatto bene a lasciare l’Italia?
«Ne faccio un discorso di convenienza: più si gioca, meglio è. E mi pare che al Psg stia avendo le sue chance, ad altissimo livello, ritagliandosi spazio e di conseguenza anche considerazione».
Scamacca rientra nella tradizione dei centravanti?
«Ha grandissime qualità fisiche, e allo stesso tempo è molto coordinato, ha tecnica e un tiro di altissimo livello. All’estero forse avrebbe già giocato di più, ma ripeto: in questo periodo ci stiamo accorgendo che i giocatori buoni ci sono. Però hanno bisogno di uno sbocco».
La crescita maggiore di questo biennio è di Zaniolo?
«Quella di Nicolò è stata notevole. Come quelle di Bastoni, Luca Pellegrini o altri. Ma la maturazione di Locatelli è stata la più repentina: se si capisce quali sono le cose importanti, si cresce in fretta».
Intende fuori dal campo?
«Quello conta, ma mi riferisco alla tecnica: la chiave è semplificare le giocate a una velocità sempre più elevata».
Lo svecchiamento nel parco allenatori aiuta i ragazzi?
«Ci sono allenatori giovani che magari sono vecchissimi nel dialogo con i giocatori e viceversa. Il rapporto tra ‘insegnante’ e ‘allievo’ è molto cambiato: è il primo che si deve adattare al secondo. E chi capisce questo ha più possibilità di successo».
Dopo la qualificazione fra tante difficoltà all’Europeo, è giusto dire che ce la giochiamo, ma non da favoriti?
«Certo che ce la giochiamo. E quanto ai favoriti è presto per parlarne, ci sono troppi fattori, compreso l’Europeo dell’Italia di Mancini una settimana dopo. Nell’emergenza abbiamo allargato le conoscenze e seguito giocatori che sono tornati utili, come ad esempio Maleh del Venezia, mezzala mancina. Abbiamo 60 ragazzi tra cui scegliere».
Sono il futuro azzurro?
«Il futuro dobbiamo crearcelo, ma il nostro resta uno dei campionati più vecchi. E c’è preoccupazione».
Vede nuove soluzioni?
«Dobbiamo cercare in giro per il mondo ragazzi con la cittadinanza italiana, ad esempio in Argentina o in Germania. Se in A, su 220 titolari, ci sono una sessantina di italiani, dei quali pochissimi Under 21, allora dobbiamo aprirci ad altre strade».