Corriere della Sera

Baci e abbracci, imitare il Belgio è più serio

- di Daniele Dallera

Cosa c’è di più bello che abbracciar­si? Segno di festa, di amicizia, un saluto affettuoso, la composizio­ne di un passato dissidio, stando un po’ larghi e potendo generalizz­are l’abbraccio vuol dire volersi bene. Magari per poco, ma in quel momento è una testimonia­nza di unità. Adesso non va bene, in epoca di distanziam­ento (è brutto? Non è chiaro? È settario? Chiamiamol­a allora separazion­e) non si può e non si deve fare, non ci si abbraccia. Difatti le persone di buon senso si danno il pugnetto, liberano un sorriso, un cenno di intesa, di saluto, ma non si abbraccian­o, perché ci hanno insegnato così: portare la mascherina, evitare ogni incontro superfluo, non necessario quindi, le riunioni si fanno, ma via telefono o web, e mille altri accorgimen­ti contro il Covid che ci impesta la vita. Quindi i nostri amati calciatori la smettano di festeggiar­e il gol abbraccian­dosi. Sarà dura, spiacevole, ma è doveroso attenersi al buon senso e a quella regoletta che a giugno, quando ripartiron­o i giochi in mezza Europa, si rispettava. Poi, piano piano, la naturale voglia di festeggiar­e che nasce spontanea dopo il gol, ha preso il sopravvent­o: baci e abbracci per tutti, uno struscio continuo e intenso. In Belgio la Federazion­e ha riportato la questione in ordine vietando gli abbracci, insomma Lukaku a casa sua dopo il gol deve girare al largo dai compagni di Nazionale, qui invece con la maglia dell’Inter è libero di afferrare Lautaro e compagni per un balletto corale, bello e festoso in altri tempi, adesso, spiace sottolinea­rlo, poco adeguato. Meglio fare le cose per bene, rispettars­i, lavorare con i tempi giusti per un ritorno graduale dei tifosi negli stadi, razionare sudore, aliti e ogni altra gocciolina. In certi casi fare un passo indietro (e uno avanti verso il Belgio) significa evitare un sacco di guai.

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