Baci e abbracci, imitare il Belgio è più serio
Cosa c’è di più bello che abbracciarsi? Segno di festa, di amicizia, un saluto affettuoso, la composizione di un passato dissidio, stando un po’ larghi e potendo generalizzare l’abbraccio vuol dire volersi bene. Magari per poco, ma in quel momento è una testimonianza di unità. Adesso non va bene, in epoca di distanziamento (è brutto? Non è chiaro? È settario? Chiamiamola allora separazione) non si può e non si deve fare, non ci si abbraccia. Difatti le persone di buon senso si danno il pugnetto, liberano un sorriso, un cenno di intesa, di saluto, ma non si abbracciano, perché ci hanno insegnato così: portare la mascherina, evitare ogni incontro superfluo, non necessario quindi, le riunioni si fanno, ma via telefono o web, e mille altri accorgimenti contro il Covid che ci impesta la vita. Quindi i nostri amati calciatori la smettano di festeggiare il gol abbracciandosi. Sarà dura, spiacevole, ma è doveroso attenersi al buon senso e a quella regoletta che a giugno, quando ripartirono i giochi in mezza Europa, si rispettava. Poi, piano piano, la naturale voglia di festeggiare che nasce spontanea dopo il gol, ha preso il sopravvento: baci e abbracci per tutti, uno struscio continuo e intenso. In Belgio la Federazione ha riportato la questione in ordine vietando gli abbracci, insomma Lukaku a casa sua dopo il gol deve girare al largo dai compagni di Nazionale, qui invece con la maglia dell’Inter è libero di afferrare Lautaro e compagni per un balletto corale, bello e festoso in altri tempi, adesso, spiace sottolinearlo, poco adeguato. Meglio fare le cose per bene, rispettarsi, lavorare con i tempi giusti per un ritorno graduale dei tifosi negli stadi, razionare sudore, aliti e ogni altra gocciolina. In certi casi fare un passo indietro (e uno avanti verso il Belgio) significa evitare un sacco di guai.