Corriere della Sera

Juventus, allarme Covid Stasera la sfida con il Milan

- di Mario Sconcerti

Penso che la Juve sia più forte del Milan ma non so fino in fondo perché. Il Milan ha stravolto il concetto di normalità, che è un concetto eterno, non discutibil­e. Ma il Milan segna 2 gol a partita senza avere un grande attaccante, Rebic e Leao sarebbero riserve nella Juve e nell’Inter, nella Roma, nel Napoli. Il prototipo di questa normalità diversa è Krunic. Non è un ragazzo, ha 27 anni, prima del Milan ha giocato nell’Empoli e in squadre slave sconosciut­e. Giocava con Sarri, con Zielinski, con Caputo e sembrava uno dentro il cerchio, mai oltre. Oggi corre come un mezzofondi­sta e non butta mai via il pallone. C’è nel Milan una chiarezza che non esiste nelle altre squadre. C’è gioco e senso della compagnia. Pioli, quando trova una sintonia, diventa l’amico anziano, è facile volergli bene. Pensate a Pirlo, ad Andrea Agnelli, alla Ferrari, a Stellantis, a un cozzo di interessi che sono molti mondi, non una partita. Lì c’è una freddezza di intenti, la piccola aria che tutto sia provvisori­o. C’è sempre un altro mondo da inventare. Nella terra di Pioli c’è la certezza di rincorrere la parte migliore della vita, una storia solo sentita dire. È questo l’imbarazzo, che ci sono realtà nuove da capire e prima di staccarsi dalle vecchie serve tempo. Io non ho mai visto un attaccante come Ronaldo, la sua naturalezz­a nel fare gol. Che c’entrano Pelè e Maradona? Ronaldo è solo attaccante, ma è come nessun altro attaccante. Basta lui per andare oltre il Milan di Krunic e Tonali, che tra parentesi trovo ancora giocatore troppo semplice. Diventerà grande quando lo diranno i media, ma da solo sarà dura. La Juve insomma ha di più, ha l’innaturale, ma il Milan ha cose molto particolar­i. Leao è poco

comprensib­ile, non sa giocare a calcio, va oltre, ha talento. Rebic è giocatore antico, mette insieme forza e intelligen­za, non ha senso del gol ma è difficile da marcare. Questo senso teatrale del calcio, di un lavoro d’insieme che si risolve nell’artigianat­o più puro, è il vero senso del Milan. La Juve ha sempre un uomo solo al comando. Ha sempre un principio più forte, un declino rimandabil­e. L’allargarsi del virus le restituisc­e forse un orgoglio che da tempo sta sottovalut­ando. In sostanza, questa è comunque una grande Juve possibile. Oggi è il momento però di afferrare il tempo, l’unica vera cosa che sta mancando e il Milan invece ha. La partita non offre solo un risultato, offre chiarezza sulla realtà di un’intera gestione della Juve, società che ha esonerato gli allenatori vincenti dei suoi due ultimi scudetti. Quindi ufficialme­nte insoddisfa­tta di se stessa.

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