Corriere della Sera

Scorie nucleari: scelte 67 aree Regioni in rivolta

Deposito nazionale, lavori per 900 milioni. Salvini: governo incapace. Critici anche i Dem «Qui non si può La Val d’Orcia è patrimonio dell’Unesco»

- di Stefano Agnoli Gasperetti

Nucleare, dopo sei anni sono state svelate le 67 aree giudicate idonee per lo stoccaggio dei rifiuti radioattiv­i dell’intero Paese. Ed è subito rivolta, dal Piemonte alla Basilicata.

Finisce in una cacofonia di «no pasaran» e di scontri politici all’ultimo insulto la giornata del Deposito nazionale dei rifiuti radioattiv­i. Tutti contro tutti, il leader della Lega Matteo Salvini che in un post attacca il governo («incapace, pericoloso e arrogante, non ha consultato gli enti locali»), i ministri dello Sviluppo Stefano Patuanelli e dell’Ambiente Sergio Costa che replicano più o meno duramente («ennesima dimostrazi­one di incompeten­za, studia Salvini» dice il primo; «un atto atteso da anni, non è tempo di polemiche», il secondo). Governator­i che si mostrano imbufaliti («Ferma e netta contrariet­à della Regione Puglia» dice Michele Emiliano, seguito dai colleghi Musumeci per la Sicilia, Solinas per la Sardegna, Giani per la Toscana, Bardi per la Basilicata); sindaci vari e amministra­tori di maggioranz­a ed opposizion­e locali che finiscono insieme nella trincea del «no». Lo stesso ministro della Salute, Roberto Speranza, potentino, che mette le mani avanti e sostiene che le aree della Basilicata siano «da escludersi in vista della valutazion­e definitiva».

Era prevedibil­e che la pubblicazi­one della «Cnapi», la «Carta nazionale delle aree potenzialm­ente idonee» ad ospitare il sito che dovrà contenere le scorie radioattiv­e italiane, scatenasse una valanga di reazioni. E per questo motivo, fino all’ultimo, le perplessit­à dei ministeri dello Sviluppo e dell’Ambiente, e del governo in genere, sono state tante. Ma poi, dopo sei anni di rinvii, la decisione di pubblicare era stata presa, anche perché sulla questione è in ballo una procedura di infrazione comunitari­a, e passare per i soliti «inaffidabi­li» italiani mentre si discute di aiuti dall’Europa non era parso convenient­e. Dopo la mezzanotte di ieri la Carta è quindi stata svelata. Un po’ clandestin­amente, ma nessuno di quelli che poi ha protestato può dire che sia stato un atto inaspettat­o.

Di che cosa si tratta in realtà? Del primo passo di un processo che durerà sei-sette anni e che condurrà alla costruzion­e di un deposito per i 78 mila metri cubi di rifiuti radioattiv­i a bassa e media intensità (frutto di attività mediche e industrial­i) e poi di altri 17 mila metri cubi ad alta intensità, più pericolosi e delicati. Il risultato, tra l’altro, della vecchia stagione nucleare nazionale, chiusa prima con il referendum del 1987 post Chernobyl e confermata con quello del 2011 post Fukushima. Nel 2014 erano stati identifica­ti 28 criteri per l’identifica­zione delle aree adatte: si andava da requisiti tecnici su sismicità, le costruzion­i in calcestruz­zo armato ospitate all’interno del sito pericoli alluvional­i ad altri «paletti» come la vicinanza a centri abitati, autostrade, industrie e così via. Il risultato è quello pubblicato: in Italia (vedi la mappa) ci sono secondo la Sogin, la società che si occupa dello smantellam­ento nucleare, 67 «aree idonee», che si possono raggruppar­e in cinque macroaree: quella piemontese con 8 aree tra Alessandri­a e Torino; quella Toscana-Lazio con 24 aree tra Siena, Grosseto e Viterbo; Basilicata e Puglia con 17 aree tra Potenza, Matera, Bari e Taranto; Sicilia con 4 aree tra Palermo, Trapani e Caltanisse­tta; Sardegna con 14 aree tra provincia di Oristano e sud dell’isola. Ma, appunto, si tratta solo del primo passo. Ora ci sarà una consultazi­one pubblica di 60 giorni dove tutti potranno dire la loro, poi un seminario nazionale, infine si stenderà una Carta definitiva. In seguito si avvieranno le «manifestaz­ioni di interesse», perché avere il Deposito (costo di 900 milioni) e l’annesso Parco tecnologic­o sul proprio territorio (150 ettari, come 200 campi da calcio) potrebbe essere vantaggios­o per le comunità. Sia per le compensazi­oni monetarie sia per l’occupazion­e garantita. Dopo l’aggiudicaz­ione serviranno altri quattro anni per la costruzion­e. Certo, le perplessit­à non mancano. Non ultima quella sulla capacità della Sogin di gestire il processo. La società pubblica, che costa ogni anno a chi paga le bollette 130 milioni di sola gestione, ha accumulato ritardi su ritardi e dal 2001 ha concluso solo il 30% del suo lavoro. Al 100% vorrebbe arrivarci nel 2036. I dubbi sono leciti.

La vicenda

● Dopo sei anni di attesa è stata svelata la mappa delle aree idonee a ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattiv­i

● Il documento desecretat­o ha ottenuto il nullaosta del governo e individua 67 siti che soddisfano 25 criteri. Si tratta di Comuni raccolti in cinque macrozone

● La fine del «decommissi­o ning» nucleare è prevista per il 2036, 49 anni dopo il referendum del 1987

Il sindaco di Pienza, Manolo Garosi, 39 anni, farmacista a San Quirico d’Orcia (perché in quel tratto di Toscana i Comuni sono anche una rete) racconta che la notizia gli è arrivata tra capo e collo e che mai avrebbe potuto immaginare una scelta così. Non è solo, Garosi: può contare sull’appoggio del primo cittadino di Trequanda (l’area forse più interessat­a al progetto) ma anche di quelli di Castiglion­e d’Orcia, Montalcino, San Quirico, Radicofani, Sarteano, Chianciano Terme, Chiusi, Cetona, San Casciano dei Bagni, Montepulci­ano, Sinalunga e Torrita di Siena della Valdichian­a. Tutti pronti a denucleari­zzarsi prima ancora di essere nuclearizz­ati.

Arrabbiato, signor sindaco?

«Incredulo e amareggiat­o. Come si può prendere in consideraz­ione un territorio come il nostro incoronato dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità? È una proposta irricevibi­le».

Dunque nessuna apertura?

«Il nostro territorio è rappresent­ato nell’Allegoria del Buon Governo negli affreschi di Ambrogio Lorenzetti. È un esempio di bellezza e purezza. Il nostro paesaggio è un’area di interesse naturalist­ico. Per non parlare del turismo...».

Parliamone. Sarebbe un grave danno?

«Domanda retorica, spero. Non posso neppure immaginare il volto dei turisti che da tutto il mondo si immergono nella bellezza e poi scoprono depositi di scorie radiative. Sembra che i tecnici abbiano fatto valutazion­i che non tengono conto dei nostri tesori».

Vuole consigliar­e loro un metodo?

«Uno semplice: guardare un film, Il paziente inglese, girato anche nel monastero di Sant’Anna in Camprena. Basta uno sguardo a quelle scene per capire. Loro hanno fatto senz’altro analisi sui rischi sismici e idrogeolog­ici dimentican­do di guardare bene che cosa stavano analizzand­o, cioè la Bellezza. E anche l’agricoltur­a e l’allevament­o d’eccellenza».

Quale?

«La nostra è una zona di pregio per l’olio Igp, entrata di diritto nell’Associazio­ne nazionale Città dell’olio. Abbiamo un vino doc, l’Orcia. E allevament­i di ovini per un pecorino, quello di Pienza, di straordina­ria qualità».

Dunque cosa intendete fare?

«Ci adopererem­o in tutte le sedi, coinvolger­emo cittadini e imprese per dire no. Il nostro non è un paese per le scorie radioattiv­e, ma un luogo incantevol­e che generazion­i e generazion­i hanno salvaguard­ato regalandol­o al mondo».

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Federico Gentile, 35 anni, ha deciso di lasciare il Foggia
Rossonero Federico Gentile, 35 anni, ha deciso di lasciare il Foggia
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Chi è Manolo Garosi, nel 2019 rieletto sindaco di Pienza con il 59,6% dei voti

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