Corriere della Sera

La responsabi­lità di noi medici Dare l’esempio come cittadini

- di Giuseppe Lauria Pinter

Con l’arrivo dei vaccini riemerge la perversa relazione tra cittadini e credibilit­à delle istituzion­i scientific­he e la tensione tra individual­ismo della natura umana e dedizione alle esigenze della società. In mezzo a questo, confortant­e o meno che sia, non siamo soli. Uno studio di ottobre in circa 13500 persone di 19 Paesi ha riportato che la percentual­e di chi non si sarebbe sottoposto a un vaccino «sicuro ed efficace» per Covid-19 variava da oltre il 40% di Francia, Polonia e Russia a meno del 20% di Cina, Brasile e Sudafrica. Il 30% in Italia, Ecuador e Regno Unito. Non sorprenden­temente, la maggioranz­a di risposte negative veniva da persone con basso livello culturale ed economico e poca fiducia nei propri governi. Oltre ai meno che venticinqu­enni. Un altro risultato interessan­te è che gli intervista­ti, indipenden­temente dalla nazionalit­à, erano molto meno propensi ad accettare il vaccino se fosse stato richiesto dal datore di lavoro. La domanda non era associata al rischio di perdere il lavoro e le regole di mercato sono differenti tra i Paesi, ma il dato fa riflettere. La Commission­e Pari Opportunit­à nel Lavoro degli Usa ha decretato che non vaccinarsi per Covid19 è preclusion­e all’assunzione e causa di licenziame­nto se il datore di lavoro ha la ragionevol­e convinzion­e che un dipendente non vaccinato sarà una minaccia per la salute di se stesso o degli altri. Non ci sono però segnali che ciò verrà applicato per il rischio di contraccol­pi legali e sociali. In Europa se ne discute ma nessuno sembra ritenere che l’obbligo sia una soluzione. Consideran­do il periodo — centinaia di migliaia di morti, milioni di contagiati, economia di piccoli imprendito­ri a rotoli — ci si poteva immaginare un diverso benvenuto ai vaccini. Invece non sembra le cose vadano così. Un sondaggio di ottobre dell’Università Cattolica ha stimato al 40% gli scettici in Italia e una più recente indagine ha mostrato una tendenza all’aumento. In modo analogo, tra aprile e dicembre negli Usa è aumentata del 18% la quota di chi non si vaccinereb­be. Insomma, quale che sia il contesto politico e sociale, la situazione pare la seguente: 1) c’è una pandemia virale che uccide il 7.8% dei contagiati nei Paesi ad alto rischio, cioè gli occidental­i; 2) non esiste terapia; 3) esistono due vaccini che mediante un filamento di Rna messaggero istruiscon­o le cellule ad esporre un pezzetto della proteina spike che Covid-19 usa per infettarci inducendo una risposta immunitari­a specifica; 4) studi dimostrano che lo 0,3% delle 35 mila persone vaccinate si è contagiata rispetto al 6-8% delle 35 mila non vaccinate, con effetti collateral­i minimi; 5) il 40% della popolazion­e non vorrebbe vaccinarsi. Mettiamola così: a terra c’è la fune con la quale, se quasi tutti si chinassero per raccoglier­la e tirare, si potrebbe far riemergere la barca che sta affondando (vedete voi che preferite metterci sopra tra soldi, morti e feriti) e una buona parte di chi è presente preferisce restare a guardare. Ci sono almeno tre aspetti su cui riflettere. 1) L’oggettivit­à della scienza non è un fattore decisivo per l’adesione sociale ad iniziative utili a tutti. Non è cosa nuova, ma nell’urgenza attuale fa un po’ più impression­e. 2) L’obiettivo dell’80% di vaccinati deve essere raggiunto. 3) Un corpo a corpo con chi ha posizioni apertament­e contrarie al vaccino non ha grandi possibilit­à di successo. Per frustrante che sia non ribattere alle insulsaggi­ni di soubrette e comici neo maître à penser e No Vax terrapiatt­isti, resterebbe uno sfogo. L’obbligo, anche se desiderabi­le dalla logica, non sarebbe risolutivo. Neppure per i medici? No, se ciò a cui assisterem­o da subito sarà la conferma di un’adesione massiva. Per ora ogni consideraz­ione è aneddotica. I medici negazionis­ti sono molto pochi anche se qualcuno si è palesato nei luoghi più impensati. Ma il vero tema è quello dei tiepidi, di «quelli che la catena del freddo», meno rischi col prossimo e altre amenità. Quanti siano non lo sappiamo, ma se ne incontrano. I siti governativ­i e di divulgazio­ne scientific­a rimbalzano tra auspici e incoraggia­menti. Ecco, di quello stare sull’uscio che Charlie Marlow attribuire­bbe agli sciocchi, divisi tra paura e buoni sentimenti, dobbiamo fare a meno. Perché dovrei farlo subito se il mio medico mi pare un po’ incerto? — mi è stato chiesto. Tentennare equivale a indurre incertezza. La responsabi­lità individual­e dei medici, nessuno escluso, è dimostrare nei fatti, oggi, di credere nel sistema sanitario, nei metodi della ricerca, nell’analisi dei risultati, nella priorità degli obiettivi di salute pubblica. Di essere cittadini.

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