La responsabilità di noi medici Dare l’esempio come cittadini
Con l’arrivo dei vaccini riemerge la perversa relazione tra cittadini e credibilità delle istituzioni scientifiche e la tensione tra individualismo della natura umana e dedizione alle esigenze della società. In mezzo a questo, confortante o meno che sia, non siamo soli. Uno studio di ottobre in circa 13500 persone di 19 Paesi ha riportato che la percentuale di chi non si sarebbe sottoposto a un vaccino «sicuro ed efficace» per Covid-19 variava da oltre il 40% di Francia, Polonia e Russia a meno del 20% di Cina, Brasile e Sudafrica. Il 30% in Italia, Ecuador e Regno Unito. Non sorprendentemente, la maggioranza di risposte negative veniva da persone con basso livello culturale ed economico e poca fiducia nei propri governi. Oltre ai meno che venticinquenni. Un altro risultato interessante è che gli intervistati, indipendentemente dalla nazionalità, erano molto meno propensi ad accettare il vaccino se fosse stato richiesto dal datore di lavoro. La domanda non era associata al rischio di perdere il lavoro e le regole di mercato sono differenti tra i Paesi, ma il dato fa riflettere. La Commissione Pari Opportunità nel Lavoro degli Usa ha decretato che non vaccinarsi per Covid19 è preclusione all’assunzione e causa di licenziamento se il datore di lavoro ha la ragionevole convinzione che un dipendente non vaccinato sarà una minaccia per la salute di se stesso o degli altri. Non ci sono però segnali che ciò verrà applicato per il rischio di contraccolpi legali e sociali. In Europa se ne discute ma nessuno sembra ritenere che l’obbligo sia una soluzione. Considerando il periodo — centinaia di migliaia di morti, milioni di contagiati, economia di piccoli imprenditori a rotoli — ci si poteva immaginare un diverso benvenuto ai vaccini. Invece non sembra le cose vadano così. Un sondaggio di ottobre dell’Università Cattolica ha stimato al 40% gli scettici in Italia e una più recente indagine ha mostrato una tendenza all’aumento. In modo analogo, tra aprile e dicembre negli Usa è aumentata del 18% la quota di chi non si vaccinerebbe. Insomma, quale che sia il contesto politico e sociale, la situazione pare la seguente: 1) c’è una pandemia virale che uccide il 7.8% dei contagiati nei Paesi ad alto rischio, cioè gli occidentali; 2) non esiste terapia; 3) esistono due vaccini che mediante un filamento di Rna messaggero istruiscono le cellule ad esporre un pezzetto della proteina spike che Covid-19 usa per infettarci inducendo una risposta immunitaria specifica; 4) studi dimostrano che lo 0,3% delle 35 mila persone vaccinate si è contagiata rispetto al 6-8% delle 35 mila non vaccinate, con effetti collaterali minimi; 5) il 40% della popolazione non vorrebbe vaccinarsi. Mettiamola così: a terra c’è la fune con la quale, se quasi tutti si chinassero per raccoglierla e tirare, si potrebbe far riemergere la barca che sta affondando (vedete voi che preferite metterci sopra tra soldi, morti e feriti) e una buona parte di chi è presente preferisce restare a guardare. Ci sono almeno tre aspetti su cui riflettere. 1) L’oggettività della scienza non è un fattore decisivo per l’adesione sociale ad iniziative utili a tutti. Non è cosa nuova, ma nell’urgenza attuale fa un po’ più impressione. 2) L’obiettivo dell’80% di vaccinati deve essere raggiunto. 3) Un corpo a corpo con chi ha posizioni apertamente contrarie al vaccino non ha grandi possibilità di successo. Per frustrante che sia non ribattere alle insulsaggini di soubrette e comici neo maître à penser e No Vax terrapiattisti, resterebbe uno sfogo. L’obbligo, anche se desiderabile dalla logica, non sarebbe risolutivo. Neppure per i medici? No, se ciò a cui assisteremo da subito sarà la conferma di un’adesione massiva. Per ora ogni considerazione è aneddotica. I medici negazionisti sono molto pochi anche se qualcuno si è palesato nei luoghi più impensati. Ma il vero tema è quello dei tiepidi, di «quelli che la catena del freddo», meno rischi col prossimo e altre amenità. Quanti siano non lo sappiamo, ma se ne incontrano. I siti governativi e di divulgazione scientifica rimbalzano tra auspici e incoraggiamenti. Ecco, di quello stare sull’uscio che Charlie Marlow attribuirebbe agli sciocchi, divisi tra paura e buoni sentimenti, dobbiamo fare a meno. Perché dovrei farlo subito se il mio medico mi pare un po’ incerto? — mi è stato chiesto. Tentennare equivale a indurre incertezza. La responsabilità individuale dei medici, nessuno escluso, è dimostrare nei fatti, oggi, di credere nel sistema sanitario, nei metodi della ricerca, nell’analisi dei risultati, nella priorità degli obiettivi di salute pubblica. Di essere cittadini.