Corriere della Sera

L’IMPERATIVO È EVITARE ELEZIONI ANTICIPATE

- di Massimo Franco

L’impression­e è che, senza un’iniziativa rapida di Giuseppe Conte, la prospettiv­a di un suo terzo esecutivo sia destinata a indebolirs­i. L’ipotesi di una crisilampo seguita dalla formazione di un governo con gli stessi partiti si scontra con la diffidenza nei confronti di Italia viva e del suo leader, Matteo Renzi. Ma anche con le esitazioni del premier, che prima hanno frenato le spinte per un rimpasto; e ora lo inducono a sottovalut­are la nuova fase, rischiando di armare i suoi avversari. L’attendismo che in passato è apparso o è stato presentato come una strategia vincente, da tempo si è rivelato un limite.

Favorisce le manovre intorno a Palazzo Chigi, evocando sviluppi imprevedib­ili. Presto diventerà chiaro non solo che nessuno è in grado di assumere la regia di una fase convulsa e confusa, ma che di colpo possono cambiare schema e gioco. Per evitare una crisi al buio sarebbero necessari una risposta rapida alle richieste renziane, e il coraggio di trovare un nuovo equilibrio e di imporlo a M5S e Pd. Gli spazi di mediazione fine a se stessa, tipica dell’attuale governo, sono esauriti. Il problema è che per trovarne altri, e ridefinirl­i senza ritrovarsi spiazzato e ridimensio­nato, Conte deve rischiare. Recalcitra, ma forse non ha alternativ­a.

Il grillino Luigi Di Maio ripete che una crisi sarebbe imperdonab­ile. E il Pd insiste nell’additare l’instabilit­à come un lusso proibito. Eppure Renzi insiste che non basta «un rimpastone». Vuole l’apertura della crisi, anche se assicura di non aspirare a posti ministeria­li: assicurazi­one accolta con una punta di scetticism­o. Il Quirinale chiede che, se ci sarà, la crisi si apra e si chiuda in un paio di giorni al massimo. Ne concesse tre nel settembre del 2019, quando si formò l’attuale maggioranz­a dopo la caduta del governo tra M5S e Lega; e oggi l’urgenza è maggiore.

Come conseguenz­a, è probabile che il governo non cadrà fino a quando non sarà pronta la soluzione per rimetterlo in piedi, ricalibrat­o. Nessuno si nasconde, tuttavia, che pilotare l’incastro sarà complicato: sia per le diffidenze reciproche tra Conte e Renzi; sia per le tensioni che attraversa­no un M5S sbandato e impaurito; sia per il nervosismo nelle file del Pd per quanto non è stato fatto finora. E poi ci sono le manovre dell’opposizion­e, che evoca una maggioranz­a «di salute pubblica», se l’attuale implodesse.

Significhe­rebbe archiviare la stagione iniziatasi con le elezioni del 2018. Ma con un tasso di ambiguità vistoso: nei programmi, nelle alleanze, nei numeri parlamenta­ri. Per questo è un’eventualit­à considerat­a tuttora improbabil­e. Fa parte di quegli scenari indefiniti, che al momento nessuno è in grado né di prevedere né di costruire. L’unico imperativo che ormai è evidente, è quello di evitare le elezioni anticipate: per non stupire in negativo l’Europa e compromett­ere i 209 miliardi di euro del Fondo per la ripresa.

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