Attacco alla nave degli ambientalisti, muore un pescatore Messico, molotov contro Sea Shepherd che lotta per salvare il mammifero marino più a rischio al mondo
La vicenda
● Il 31 dicembre nelle acque messicane del golfo della California pescatori di frodo hanno attaccato una nave di Sea Shepherd
● Nella collisione un pescatore è morto e un altro è rimasto ferito in modo grave
Il bilancio è di un pescatore morto e un altro ferito grave. È il risultato di una piccola battaglia navale: da una parte alcuni barchini di pescatori di frodo nel golfo di California, dall’altra un’imbarcazione dell’organizzazione ambientalista Sea Shepherd, che cercava di impedire la pesca con reti illegali che minacciano la vaquita, la specie di mammifero marino più in pericolo di estinzione.
L’incidente è avvenuto alle 7 di mattina del 31 dicembre in acque messicane: la nave Farley Mowat stava rimuovendo reti illegali da un’area marina protetta quando un gruppo di imbarcazioni veloci, chiamate panga, l’ha attaccata lanciando anche bottiglie molotov che hanno provocato un principio di incendio. Mentre la Farley Mowat stava per lasciare la zona, un barchino, come si vede in un video diffuso da Sea Shepherd, si è avvicinato e si è scontrato con la prua della nave. Il panga si è spezzato in due tronconi. I pescatori sbalzati in acqua sono stati recuperati da militari messicani che seguivano la nave ambientalista, ma per uno di loro non c’è stato nulla da fare, mentre un altro ha riportato diverse fratture al costato.
«Purtroppo non è il primo attacco in quella zona e ce ne sono stati altri anche nei giorni seguenti», dice Sebastiano
Cossia Castiglioni, membro degli advisory board italiano e americano di Sea Shepherd. «È una situazione che prosegue da tempo e non a caso le nostre navi sono scortate dalle autorità messicane. Al di là della salvaguardia della vaquita, una focena di cui rimangono non più di una ventina di esemplari che rischiano di restare impigliati nelle reti, vogliamo contrastare il peggiore tipo di pesca illegale in una riserva naturale. Non si tratta di poveri pescatori locali, ma di organizzazioni che operano su larga scala e utilizzano reti da pesca costose e illegali». Il loro obiettivo vero non è la vaquita, ma il totoaba, un pesce che viene utilizzato come cura nella medicina tradizionale cinese.
Dietro queste organizzazioni si può ipotizzare l’ombra di finanziatori potenti, che da quelle parti si chiamano narcos. Qualcosa del genere però si verifica anche nel Mediterraneo in acque italiane. «La pesca illegale è una vera piaga», spiega Andrea Morello, fondatore e presidente di Sea Shepherd Italia. «Anche noi
Sebastiano Cossia Castiglioni: «Non è il primo episodio, in mare ci scorta l’esercito»
abbiamo subito intimidazioni e speronamenti, ma con la grande collaborazione di Guardia costiera, Guardia di Finanza e Polizia ambientale nel 2020 abbiamo contribuito a confiscare 950 chilometri di reti illegali (Fad) per la pesca del tonno rosso e del pesce spada. La pesca illegale ha un impatto terribile non solo per la fauna ittica, che viene devastata, ma anche per il rilascio di plastica in mare. Dietro la pesca illegale prosperano organizzazioni malavitose sofisticate: basti solo pensare alla catena del freddo per rifornire il mercato nero».