«L’ Un’Italia più aperta con lo «ius culturae»
Italia deve candidarsi a prendere il posto degli inglesi nell’attrattività di Erasmus: diciamo a Pd, M5S e Leu di puntare sullo ius culturae dando la cittadinanza agli studenti universitari che verranno a laurearsi in Italia. Vale a dire che se tu sei uno studente che viene a studiare medicina e stai cinque anni in Italia poi alla fine non soltanto ti do la laurea ma ti do la cittadinanza. Perché mi interessa l’immigrazione di qualità. Mi interessa attrarre cervelli. Attrarre talenti». Evviva. Quasi dieci anni dopo la Leopolda del 2011, dove fra le 100 proposte per cambiare Italia c’era «l’adozione dello ius soli per i figli degli immigrati», Matteo Renzi pare avere infine dismesso l’uso sbrigativo, sciagurato e suicida della formula «ius soli». Che, sbandierata così, come uno spot, poteva essere letta in un solo modo: il riconoscimento della cittadinanza a chi nasceva in Italia. Punto. Una scelta insostenibile, per un Paese spalancato verso l’Africa in piena esplosione demografica, e già abbandonata dalla stragrande maggioranza dei Paesi in favore di una mediazione con lo ius misto. Meglio ancora, ius culturae. E parallelamente una scelta complicatissima da difendere davanti all’aggressività crescente di chi come Matteo Salvini cavalcava con toni sempre più bellicosi proprio quelle parole un tempo nobilissime ma oggi di fatto impraticabili. Prendiamo nota: in tutto il 2020, stando all’archivio Ansa, l’ex leader pd ha rottamato lo spot autolesionista senza più invocarlo manco una volta. Anzi, risulta essersi tenuto alla larga dallo «ius soli» tout court dalla nascita di Italia Viva, ottobre 2019. Una scelta di bottega visto il tentativo di aprire il suo partito (6,4% le aspettative iniziali…) ai moderati? O il progressivo riconoscimento dell’obbligo politico, economico e morale di arrivare alla cittadinanza per i nuovi italiani usando però (le parole sono pietre) i termini giusti? Si vedrà. Certo è che in un Paese come il nostro dove gli stranieri sono solo il 5,6% degli iscritti all’università (contro una media Ue del 9% e punte del 17,7 in Svizzera o del 18,3 in Gran Bretagna) sarebbe un peccato non cogliere il senso della proposta renziana sulla necessità di un’Italia aperta verso una immigrazione di qualità. Di talenti. Cervelli. E come, se non con uno ius culturae?