Corriere della Sera

«L’ Un’Italia più aperta con lo «ius culturae»

- di Gian Antonio Stella

Italia deve candidarsi a prendere il posto degli inglesi nell’attrattivi­tà di Erasmus: diciamo a Pd, M5S e Leu di puntare sullo ius culturae dando la cittadinan­za agli studenti universita­ri che verranno a laurearsi in Italia. Vale a dire che se tu sei uno studente che viene a studiare medicina e stai cinque anni in Italia poi alla fine non soltanto ti do la laurea ma ti do la cittadinan­za. Perché mi interessa l’immigrazio­ne di qualità. Mi interessa attrarre cervelli. Attrarre talenti». Evviva. Quasi dieci anni dopo la Leopolda del 2011, dove fra le 100 proposte per cambiare Italia c’era «l’adozione dello ius soli per i figli degli immigrati», Matteo Renzi pare avere infine dismesso l’uso sbrigativo, sciagurato e suicida della formula «ius soli». Che, sbandierat­a così, come uno spot, poteva essere letta in un solo modo: il riconoscim­ento della cittadinan­za a chi nasceva in Italia. Punto. Una scelta insostenib­ile, per un Paese spalancato verso l’Africa in piena esplosione demografic­a, e già abbandonat­a dalla stragrande maggioranz­a dei Paesi in favore di una mediazione con lo ius misto. Meglio ancora, ius culturae. E parallelam­ente una scelta complicati­ssima da difendere davanti all’aggressivi­tà crescente di chi come Matteo Salvini cavalcava con toni sempre più bellicosi proprio quelle parole un tempo nobilissim­e ma oggi di fatto impraticab­ili. Prendiamo nota: in tutto il 2020, stando all’archivio Ansa, l’ex leader pd ha rottamato lo spot autolesion­ista senza più invocarlo manco una volta. Anzi, risulta essersi tenuto alla larga dallo «ius soli» tout court dalla nascita di Italia Viva, ottobre 2019. Una scelta di bottega visto il tentativo di aprire il suo partito (6,4% le aspettativ­e iniziali…) ai moderati? O il progressiv­o riconoscim­ento dell’obbligo politico, economico e morale di arrivare alla cittadinan­za per i nuovi italiani usando però (le parole sono pietre) i termini giusti? Si vedrà. Certo è che in un Paese come il nostro dove gli stranieri sono solo il 5,6% degli iscritti all’università (contro una media Ue del 9% e punte del 17,7 in Svizzera o del 18,3 in Gran Bretagna) sarebbe un peccato non cogliere il senso della proposta renziana sulla necessità di un’Italia aperta verso una immigrazio­ne di qualità. Di talenti. Cervelli. E come, se non con uno ius culturae?

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