LE CRITICHE A GREASE SONO ECCESSIVE MA QUEL FILM È UN PO’ REAZIONARIO
Caro Aldo,
anche «Grease» è finito nell’occhio del ciclone dopo che è stato ritrasmesso dalla Bbc. Col paraocchi del terzo millennio, i giovani d’oggi armati di social media non si sono risparmiati le critiche a questo famoso film, parlando di razzismo (per la mancanza di personaggi di colore), misoginia, omofobia (perché si fanno vedere solo coppie eterosessuali), violenza verbale configurabile come incitamento allo stupro e chi più ne ha più ne metta. E pensare che il film superò il controllo della censura col massimo dei voti. Forse era tutto sbagliato. Ma mi chiedo se fra vent’anni qualcuno analizzerà le homepage dei siti e vedrà che pullulano di foto di ragazze che indossano vestiti succinti, spesso risultato di un selfie reso volontariamente pubblico, come ci considereranno, noi donne del terzo millennio?
Lucia Marinovich
Cara Lucia,
Ho letto la sua mail dopo aver visto l’interessante intervista di Viviana Mazza a Enrique Tarrio, il leader del gruppo dell’estrema destra americana dei Proud Boys, ragazzi fieri. Per essere ammessi nel movimento, bisogna recitare una formula che inizia così: «Sono un orgoglioso sciovinista occidentale; rifiuto di chiedere scusa per aver creato il mondo moderno». Si tratta di gruppi reazionari in senso tecnico: nascono come reazione agli eccessi del politicamente corretto, vale a dire la cultura della cancellazione della storia.
Nei grandi atenei del mondo, la storia è ormai affrontata con un’astrazione cerebrale, che prescinde dalla cultura e dalla mentalità del tempo, e pretende di giudicare i fatti e i personaggi del passato con i valori e i criteri di oggi. Questo non giustifica ma aiuta a capire la nascita di un movimento speculare, che non va sopravvalutato ma neppure giudicato ininfluente: la storica elezione di Trump nel 2016 ha molte spiegazioni, tra cui questa.
Nello specifico, però, va detto che Grease era sembrato un film un po’ reazionario pure a noi, che lo vedemmo ragazzi oltre quarant’anni fa. Grease è del 1978, ma fin dal titolo — «Brillantina» — rappresenta un inno agli anni 50, in cui era ambientata anche una serie di grande successo come Happy Days: l’America tranquillizzante di Einsenhower, con i neri nei ghetti e gli italoamericani in cucina a preparare la pasta. Una visione che non restituiva certo le complessità dell’America di fine anni 70, ma interpretava bene il desiderio di voltare pagina dopo i decenni della politica e degli scontri di piazza. All’impegno seguiva il riflusso.
Detto questo, la libertà artistica dovrebbe sempre essere sacra: vale per Grease come per Via col vento.