Volti e vite dell’isola-mondo nel cuore del Mediterraneo
In «Baci a occhi aperti» (Tea) gli scritti di Matteo Collura dedicati alla sua terra
La seduzione e l’inganno in Sicilia cominciano dalla bellezza dei toponimi: Portella della Ginestra, Palma di Montechiaro, Contessa Entellina… Nomi gentili che promettono mirabilie, dice Matteo Collura, ma che nella realtà naufragano molte volte in un paesaggio violentato e ormai stravolto. E tuttavia è stata sempre la potenza di scenari straordinari per varietà, imponenza, eccentricità il filo conduttore dei viaggi di Collura nel carattere e negli enigmi di un’isola che fa del suo mistero un chiaro marchio identitario, come acutamente osservò Italo Calvino. Il paesaggio irredimibile di cui parla il principe di Salina nel Gattopardo per spiegare i difetti e i pregi dei siciliani, è sempre stato per Collura la grande tela letteraria in cui dipingere le storie esaltanti e deplorevoli, le nobiltà e le miserie.
Ora i suoi affreschi isolani da In Sicilia a L’isola senza ponte, da Sicilia, la fabbrica del mito alla fortunata serie di Sicilia sconosciuta sono riuniti, in parte modificandoli e aggiungendovi qualche testo inedito, in Baci a occhi aperti. La Sicilia nei racconti di una vita (Tea).
Il titolo è emblematico, perché racchiude uno stato d’animo sincero e un comportamento esemplare. Collura non può fare a meno del suo aleph borghesiano, lo spirito da cui è nato e al quale ritorna costantemente. Ma non vuole abbandonarsi alla voluttà. Lo sguardo è ben vigile anche sui mali che affiggono questa terra, la sua arretratezza atavica che ora si accoppia con uno sviluppo senza etica e cultura, le occasioni perdute e una certa mentalità mafiosa che permane a prescindere dalla lotta alla criminalità e all’illegalità. Uno sguardo talvolta fin troppo severo ma mosso dall’onestà intellettuale di un figlio di quegli scenari. E che racchiude la duplice natura di Collura: di giornalista e di scrittore. Ecco che questo libro voluminoso (ma che si può aprire in ogni punto e leggere a capitoli) è un susseguirsi di racconti coinvolgenti per la ricchezza di notizie e di dettagli e per una prosa letteraria affascinante, come la tavolozza di colori di un pittore, qualità che alla fine ravvivano e rafforzano l’eccezione e il mito della Sicilia.
Isola da cui si sono cambiati i destini dell’Italia, dell’Europa, del cristianesimo: nel 1574 con la preparazione a Scaletta Zanclea della battaglia di Lepanto che fermò l’avanzata dell’Islam; nel 1860 con l’inizio della risalita dei Mille garibaldini; nel 1943 con lo sbarco degli Alleati. Eppure i siciliani sono sempre stati solo inquilini della Storia, dice Collura. E lascia questa riflessione in eredità a una ragazza, simbolo di una generazione desiderosa di nuove ambizioni, che incontra a Cassibile, luogo dove non c’è nemmeno una lapide a ricordare la più grande operazione militare contro il nazismo.
I rimandi letterari sono continui. Pirandello, Brancati, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Bufalino si ritrovano in storie minime come quella del giovane precario che fa strage ad Acicastello e poi si suicida dentro un santuario dedicato alla madonna; o in figure malefiche come i monaci-estortori di Mazzarino, o di grande dignità come il colonnello borbonico Ferdinando Beneventano del Bosco, o di estro inquietante come il principe Ranieri Alliata di Pietragliata, glottologo, scienziato, teosofo, occultista: uno dei ritratti più sorprendenti di una lunghissima galleria.
È un viaggio, quello di Collura, che incrocia anche le descrizioni di Goethe, Dumas, Lawrence, Praz, in una sorta di seduta psicanalitica della Sicilia, sulla sua natura di frontiera sensuale, sul senso della morte insita nella sua luce abbagliante, sull’ossessione per il sesso. Pagine che vagano in panorami di pietra, da quella lavica all’arenaria barocca; e in profili intriganti, dal mito bugiardo di Salvatore Giuliano al segreto erotico di Antonello da Messina. Difficile non rimanere contagiati da questo trionfo di contraddizioni che custodiscono comunque una percezione di grandezza e di incanto. Ma appunto per questo l’isolamondo è da esplorare a occhi (ben) aperti.
Pirandello, Brancati, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Bufalino tornano di continuo