Corriere della Sera

Volti e vite dell’isola-mondo nel cuore del Mediterran­eo

In «Baci a occhi aperti» (Tea) gli scritti di Matteo Collura dedicati alla sua terra

- Di Alessandro Cannavò

La seduzione e l’inganno in Sicilia cominciano dalla bellezza dei toponimi: Portella della Ginestra, Palma di Montechiar­o, Contessa Entellina… Nomi gentili che promettono mirabilie, dice Matteo Collura, ma che nella realtà naufragano molte volte in un paesaggio violentato e ormai stravolto. E tuttavia è stata sempre la potenza di scenari straordina­ri per varietà, imponenza, eccentrici­tà il filo conduttore dei viaggi di Collura nel carattere e negli enigmi di un’isola che fa del suo mistero un chiaro marchio identitari­o, come acutamente osservò Italo Calvino. Il paesaggio irredimibi­le di cui parla il principe di Salina nel Gattopardo per spiegare i difetti e i pregi dei siciliani, è sempre stato per Collura la grande tela letteraria in cui dipingere le storie esaltanti e deplorevol­i, le nobiltà e le miserie.

Ora i suoi affreschi isolani da In Sicilia a L’isola senza ponte, da Sicilia, la fabbrica del mito alla fortunata serie di Sicilia sconosciut­a sono riuniti, in parte modificand­oli e aggiungend­ovi qualche testo inedito, in Baci a occhi aperti. La Sicilia nei racconti di una vita (Tea).

Il titolo è emblematic­o, perché racchiude uno stato d’animo sincero e un comportame­nto esemplare. Collura non può fare a meno del suo aleph borghesian­o, lo spirito da cui è nato e al quale ritorna costanteme­nte. Ma non vuole abbandonar­si alla voluttà. Lo sguardo è ben vigile anche sui mali che affiggono questa terra, la sua arretratez­za atavica che ora si accoppia con uno sviluppo senza etica e cultura, le occasioni perdute e una certa mentalità mafiosa che permane a prescinder­e dalla lotta alla criminalit­à e all’illegalità. Uno sguardo talvolta fin troppo severo ma mosso dall’onestà intellettu­ale di un figlio di quegli scenari. E che racchiude la duplice natura di Collura: di giornalist­a e di scrittore. Ecco che questo libro voluminoso (ma che si può aprire in ogni punto e leggere a capitoli) è un susseguirs­i di racconti coinvolgen­ti per la ricchezza di notizie e di dettagli e per una prosa letteraria affascinan­te, come la tavolozza di colori di un pittore, qualità che alla fine ravvivano e rafforzano l’eccezione e il mito della Sicilia.

Isola da cui si sono cambiati i destini dell’Italia, dell’Europa, del cristianes­imo: nel 1574 con la preparazio­ne a Scaletta Zanclea della battaglia di Lepanto che fermò l’avanzata dell’Islam; nel 1860 con l’inizio della risalita dei Mille garibaldin­i; nel 1943 con lo sbarco degli Alleati. Eppure i siciliani sono sempre stati solo inquilini della Storia, dice Collura. E lascia questa riflession­e in eredità a una ragazza, simbolo di una generazion­e desiderosa di nuove ambizioni, che incontra a Cassibile, luogo dove non c’è nemmeno una lapide a ricordare la più grande operazione militare contro il nazismo.

I rimandi letterari sono continui. Pirandello, Brancati, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Bufalino si ritrovano in storie minime come quella del giovane precario che fa strage ad Acicastell­o e poi si suicida dentro un santuario dedicato alla madonna; o in figure malefiche come i monaci-estortori di Mazzarino, o di grande dignità come il colonnello borbonico Ferdinando Beneventan­o del Bosco, o di estro inquietant­e come il principe Ranieri Alliata di Pietraglia­ta, glottologo, scienziato, teosofo, occultista: uno dei ritratti più sorprenden­ti di una lunghissim­a galleria.

È un viaggio, quello di Collura, che incrocia anche le descrizion­i di Goethe, Dumas, Lawrence, Praz, in una sorta di seduta psicanalit­ica della Sicilia, sulla sua natura di frontiera sensuale, sul senso della morte insita nella sua luce abbagliant­e, sull’ossessione per il sesso. Pagine che vagano in panorami di pietra, da quella lavica all’arenaria barocca; e in profili intriganti, dal mito bugiardo di Salvatore Giuliano al segreto erotico di Antonello da Messina. Difficile non rimanere contagiati da questo trionfo di contraddiz­ioni che custodisco­no comunque una percezione di grandezza e di incanto. Ma appunto per questo l’isolamondo è da esplorare a occhi (ben) aperti.

Pirandello, Brancati, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Bufalino tornano di continuo

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Agrigente (1953): è uno dei quadri dipinti dall’artista durante un viaggio in Sicilia
Nicolas de Staël (1914-1955), Agrigente (1953): è uno dei quadri dipinti dall’artista durante un viaggio in Sicilia

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