«Debutto con Favino»
I due attori insieme nel film Sky di Natale «Tutti per 1 - 1 per tutti» Ferzetti: prima volta con il mio compagno su un set Gli ho dato uno schiaffo, credevo di avergli fatto male
Anna Ferzetti sta dimostrando di non essere solo «la figlia di» e «la compagna di», che sono Gabriele Ferzetti e Pierfrancesco Favino, ma un’attrice con una sua personalità. «È stato un anno importante, sarei ancora più felice se non mi offrissero ruoli di donne più grandi della mia età, ho sempre avuto un modo di fare da adulta, poi sono alta, un tipo nordico… In fondo ne ho compiuti 38».
Il 24 dicembre scorso.
«Da bambina non capivo, in famiglia mi davano i regali e poi se ne scambiavano altri tra loro. Scusate, ma non è il mio compleanno? E il doppio regalo, per me, niente».
Come avete festeggiato?
«Picchio (così Favino viene chiamato da parenti e amici, ndr) le nostre figlie e mia mamma. Poi il 25 è stato d’obbligo vedere su Sky il nostro film sui moschettieri di Giovanni Veronesi, Tutti per 1 - 1 per tutti».
È il record natalizio di sempre per un film su Sky.
«Sì, con 1 milione di spettatori che nel frattempo sono raddoppiati con l’on demand. Speriamo che abbia allietato gli animi. Ho scoperto di avere una mia comicità e vorrei che la scoprissero gli altri, anche se da mio padre ho ereditato un lato un po’ chiuso».
È il primo film che recita col suo compagno: gli punta la pistola contro, e gli molla uno schiaffo.
«Schiaffo vero. Dopo lo stop gli chiedevo, ti ho fatto male? Temevo di fargli saltare il neo posticcio. Ma la cosa più imbarazzante è stata la mia prima scena. Io sono la cattiva Enrichetta d’Inghilterra, la villain, pensavo di scendere dalla carrozza e invece mi sono ritrovata a camminare a quattro zampe con Picchio, io la pecorella e lui il lupo».
Ricorda la cerimonia virtuale dei David di Donatello?
«Sì eravamo entrambi candidati, lui vinse con Il traditore di Bellocchio. Facevamo i turni, ci sistemavamo in base all’inquadratura che si fermava al busto, avevo una camicia Valentino e sotto ero scalza con dei pantalonacci, tanto non mi vedeva nessuno».
Come vi siete conosciuti?
«A una festa. Ballavamo e mi pestò un piede. Ci siamo rivisti mesi dopo per caso in un bar e da lì abbiamo cominciato a frequentarci. Sono passati quasi 17 anni».
Vi sposerete?
«Per me è già un matrimonio, tutto quello che ci si promette alle nozze lo applichiamo ogni giorno. Stiamo crescendo insieme, crediamo nelle stesse cose. Magari un giorno, chi lo sa, ci sposeremo festeggiando con gli amici. Prima comunque dovrei battezzarmi. Il discorso vale anche per le mie figlie… Decideranno loro, magari abbracceranno un’altra religione».
Lei da ragazza ha fatto tanti lavori.
«Ho respirato l’aria della recitazione da piccola, ma ho fatto la cameriera, la guida turistica, l’edicolante… Soffrivo d’insonnia, alle 5 andavo all’edicola, guanti e stufetta per il freddo, dopo un po’ sapevo quali giornali acquistavano i clienti e li preparavo prima e loro mi portavano la cioccolata calda. È un modo straordinario di conoscere le persone, mi è servito tanto in questo mestiere».
Suo padre non voleva che lei facesse l’attrice.
«Non mi ha mai spiegato bene il suo no. Forse perché è un mestiere difficile e precario, le rinunce, le porte in faccia, i provini che sono una conquista ogni volta, magari non sei adatta, non sei quella che cercano, essere scelti diventa un’alchimia».
Non so se ci sposeremo Per me con lui è già un matrimonio, tutto quello che ci si promette alle nozze lo applichiamo ogni giorno
Mio padre Gabriele era bellissimo Sono nata che aveva 57 anni, era un papà anziano che avrei perso presto: questo era il mio pensiero
Dicevano di lui, un seduttore elegante.
«Era bellissimo. Negli ultimi anni si svegliava tardi perché recitava a teatro e faceva colazioni-pranzi con splendide vestaglie. Sono nata che aveva 57 anni, era un papà anziano che avrei perso presto, questo era il mio pensiero. Ho cercato di godermelo fino in fondo, certi suoi film ancora non li ho visti, me li assaporerò nel tempo, è un modo per rimanere accanto a lui, dato il mestiere che faceva ho la fortuna di sentire la sua voce. Pativa di essere etichettato bello e amava trasformarsi, imbruttirsi. Lo faccio anch’io».
Cioè?
«Ho avuto il periodo dei capelli viola e rossi e durante il lockdown ho dipinto le mie figlie, la piccola, Lea, di rosa e alla grande, Greta, ho fatto le punte verdi. Ho appena girato un film ancora senza titolo di Bindu De Stoppani, una infermiera coi capelli rosa, dopo tanti anni si unisce a due amiche che cercano di portare le ceneri di un’altra loro amica, morta, lì dove si erano conosciute. Una storia che tira fuori la mia parte comica, finalmente sono una svalvolata».