«Uccisa e data in pasto ai maiali»
Vibo Valentia, parla un pentito. L’imprenditrice Chindamo sparì nel 2016: non diede un terreno al boss
Non ha voluto cedere i suoi terreni e per questo è stata sequestrata, uccisa e data in pasto ai maiali. Una fine atroce quella di Maria Chindamo, imprenditrice di 44 anni, di Laureana di Borrello, scomparsa il 6 maggio del 2016, mentre si stava recando nei suoi poderi, a Limbadi. A riferire ai magistrati di Catanzaro i dettagli della sparizione è stato il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, ex componente del clan dei Basilischi. Cossidente ha detto di aver appreso i particolari della scomparsa dell’imprenditrice da Emanuele Mancuso, anche lui collaboratore di giustizia, figlio di Pantaleone, capo dell’omonimo clan di Limbadi. Maria Chindamo sarebbe stata uccisa per punizione su ordine di Salvatore Ascone, 54 anni, detto «U Pinnolaru» perché si sarebbe rifiutata di vendergli i suoi terreni. Il corpo della donna sarebbe poi stato triturato con una trebbiatrice e dato in pasto ai maiali, lasciati a digiuno da giorni. I due pentiti sono stati a lungo insieme in cella. Cossidente ha raccontano ai pm che Mancuso in quei periodi era molto teso perché i familiari volevano che lui interrompesse la collaborazione.
Chi era
Maria Chindamo, 44 anni, commercialista mandava avanti l’azienda di famiglia nel Vibonese: aveva tre figli
In un momento di sconforto il rampollo del clan gli avrebbe fatto il nome di Ascone come mandante del sequestro.
Più volte Ascone aveva chiesto all’imprenditrice di vendergli i suoi terreni. Maria, però, si è sempre rifiutata. A luglio del 2019 Ascone è stato arrestato con l’accusa di concorso in omicidio dell’imprenditrice. L’arresto era avvenuto proprio dopo le rivelazioni di Emanuele Mancuso. Qualche mese dopo il tribunale del Riesame lo ha scarcerato. L’agricoltore era finito in cella con l’accusa di aver manomesso il sistema di videosorveglianza della sua abitazione che si trova a qualche decina di metri dal luogo dove fu rapita l’imprenditrice. Per i magistrati la manipolazione dell’impianto era stata fatta apposta per impedire che venissero filmati i momenti del sequestro. La scomparsa dell’imprenditrice è avvenuta nella ricorrenza del suicidio del marito Ferdinando Punturiero, impiccatosi pochi giorni dopo la separazione della coppia. Cossidente ha riferito anche che la circostanza era stata studiata ad arte per far ricadere la responsabilità del rapimento sui familiari del marito della donna. Che Maria Chindamo fosse stata uccisa dopo il sequestro, gli investigatori l’avevano messo in conto da subito. Anche le modalità dell’uccisione erano apparse chiare sin dal primo momento. Tant’è che i carabinieri in quei giorni hanno effettuato dei blitz perquisendo aziende agricole e sequestrando mezzi agricoli e auto sulle quali il Ris non ha, però, riscontrato tracce.
Uccisa per punizione Il piano del clan per far ricadere la colpa sulla famiglia dell’ex marito