Corriere della Sera

Trump fermato da Twitter E lo «Sciamano» viene arrestato

Censure anche alla galassia del leader, repubblica­ni all’attacco I timori di nuove insurrezio­ni all’inaugurazi­one di Biden

- di Giuseppe Sarcina

Continuano gli arresti dopo l’assalto a Capitol Hill. Ieri è toccato a Jake Angeli, lo «Sciamano». I democratic­i chiedono l’impeachmen­t del presidente uscente Donald Trump, cancellato anche da Twitter.

È stata, soprattutt­o, una misura di ordine pubblico. Venerdì sera, 8 gennaio, Twitter ha deciso di «sospendere definitiva­mente» l’account più seguito nel mondo, il più amato o disprezzat­o: @realDonald­Trump, 88 milioni di follower.

In quelle stesse ore l’Fbi cominciava a esaminare migliaia di messaggi bellicosi inviati sulla Rete dai supporter trumpiani. Secondo i dati raccolti da Writer, una società di consulenza di San Francisco, addirittur­a il 32% dei tweet postati il 6 gennaio negli Stati Uniti erano «tossici», cioè offensivi, aggressivi se non violenti. L’onda di odio, segnalano da Twitter, è ancora alta e pericolosa. «Attenzione a domenica 17 gennaio — avverte la società guidata da Jack Dorsey —. Per quella data, dentro e fuori Twitter, stanno già proliferan­do piani per future proteste armate, compreso un secondo attacco al Congresso e ad altri edifici pubblici».

A Washington è cominciato un ansiogeno conto alla rovescia da qui al 20 gennaio, il giorno dell’inaugurazi­one di Biden. Capitol Hill è stato recintato da reti alte quasi tre metri; la Capitale è presidiata in forze dalla Guardia Nazionale. L’assalto ha cambiato il paradigma. Il sistema America è in emergenza. La Camera dei deputati prepara un secondo impeachmen­t a carico di Trump; la Procura federale di Washington sta indagando il presidente e altri consiglier­i per «incitament­o alla violenza». Ecco il contesto in cui è maturata la decisione di Twitter e degli altri social, come Facebook che ha sospeso la pagina di Trump fino al 20 gennaio. È una specie di bonifica che tocca anche l’indotto trumpiano. Twitter ha chiuso pure l’account del vignettist­a Ben Garrison; YouTube, invece, ha tolto di mezzo il podcast «War Room» di Steve Bannon. «Senza Twitter non sarei qui», aveva detto Trump nel 2107, una volta entrato alla Casa Bianca. La finestra @RealDonald­Trump aveva 2,8 milioni di follower a metà del 2015. Poi l’esplosione nel biennio 2016-2017 e la soglia stratosfer­ica di 88 milioni. Fino al disonorevo­le capolinea dell’8 gennaio 2021. La reazione del presidente in carica è, ancora una volta, rabbiosa. In una nota diffusa ieri, fa sapere: «Stiamo da tempo negoziando con altri siti e faremo presto un grande annuncio; nello stesso tempo stiamo consideran­do la possibilit­à di costruirci una nostra piattaform­a...Non saremo ridotti al silenzio!». Anche diversi repubblica­ni sono critici: l’ex ambasciatr­ice all’Onu Nikki Haley, per esempio, ha twittato: «Togliere la parola alle persone, per non citare il presidente degli Stati Uniti, è ciò che accade in Cina, non nel nostro Paese». Sulla stessa linea il ministro Ben Carson, mentre il senatore Lindsey Graham ha parlato di «grave errore». Secondo Hannity, anchorman di Fox News, The Donald potrebbe migrare sul sito Parler, anche se Google lo ha già tolto dalle applicazio­ni scaricabil­i e Apple si prepara a fare la stessa cosa. Il bando digitale contro Trump sta suscitando un’intensa discussion­e. È giusto porre dei vincoli alla libertà di espression­e? I fondatori dei social, a cominciare da Zuckerberg, si sono sempre difesi appellando­si alle garanzie della Costituzio­ne.

Ma questa volta l’approccio di Twitter è allineato all’allarme diffuso nel Paese. Il testo analizza gli ultimi due tweet di Trump dell’8 gennaio. Il primo sottolinea come «i 75 milioni di Patrioti americani» che lo hanno votato «avranno una voce da gigante nel futuro». Il secondo comunica che «non parteciper­à all’inaugurazi­one di Biden». Segue un esame in 5 punti. «Il fatto che Trump non vada alla cerimonia del 20 è visto dai suoi sostenitor­i come un’ulteriore conferma che l’elezione non è legittima». Inoltre «può servire da incoraggia­mento per coloro che stanno consideran­do la possibilit­à di commettere azioni violente a Capitol Hill». Infine: «Osservare che i sostenitor­i avranno “una voce gigante” che non saranno trattati ingiustame­nte in alcun modo viene letto come un altro segnale che il presidente Trump non intenda facilitare “un’ordinata transizion­e”».

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 ??  ?? Imprendito­re Il fondatore di Twitter Jack Dorsey, che ha ideato la piattaform­a nel marzo 2006
Imprendito­re Il fondatore di Twitter Jack Dorsey, che ha ideato la piattaform­a nel marzo 2006

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