Corriere della Sera

«Ma adesso i social mettano ai potenti paletti più stringenti Altrimenti paghino»

- ndr): Martina Pennisi

Twitter ha silenziato Trump.

«Meglio tardi che mai», commenta Luciano Floridi, filosofo e direttore del Digital Ethics Lab dell’Università di Oxford. «Avrebbero dovuto farlo molto prima. Non si può lasciare che una delle persone più potenti al mondo si esprima come ha fatto Trump su Twitter durante la sua presidenza. L’ultimo anno in particolar­e è stato un’escalation di fake news, insinuazio­ni e ammiccamen­ti».

Twitter o Facebook sono piattaform­e private: possono togliere la parola al presidente americano?

«Io credo che abbiano fatto bene, ma non vuol dire che apprezzi come hanno agito».

Che cosa vuol dire?

«Date le circostanz­e hanno preso la decisione giusta, ma sono molto critico sul fatto che determinin­o come il presidente degli Stati Uniti comunica con il mondo».

Entriamo nel merito.

«Trump ha continuato a usare Twitter perché le regole di moderazion­e della piattaform­a escludono persone e comunicazi­oni ritenute di interesse pubblico. Io mi aspetterei l’opposto: più rigidità per chi è influente. Se è un utente sconosciut­o dell’Oklahoma a inneggiare a un assalto al Congresso non succede niente, se lo dice il presidente degli Stati Uniti muoiono cinque persone».

Hanno sospeso il profilo a meno di due settimane dal passaggio di testimone a Biden.

«I giochi sono fatti e così è facile, non hanno rischiato nulla. In generale scelgono sempre la via che ha meno attrito in termini di popolarità».

Che fare?

«Oggi dobbiamo fare in modo che applichino le regole che si sono dati, e dobbiamo interrogar­ci sul concetto di interesse pubblico, che è stato modificato dalla rivoluzion­e digitale. Interesse pubblico è leggere le affermazio­ni pericolose di un presidente o far sì che non abbiano una cassa di risonanza da decine di milioni di follower?»

E domani?

«Riprenderc­i le chiavi di casa. Adesso sono nelle mani di queste aziende e dobbiamo rivolgerci a loro per sistemare quello che non funziona. È successo anche con le app per il coronaviru­s (come Immuni, l’unico modo per farle funzionare era usare il sistema di Apple e Google. Le aziende devono essere responsabi­lizzate: se non fanno quello che ci aspettiamo devono pagare il costo delle scelte sbagliate».

Responsabi­lizzate come fossero editori?

«Non quelli tradiziona­li. La disinterme­diazione che ha dato a Trump la possibilit­à di rivolgersi a chiunque esiste, ma passa per una nuova mediazione fatta di algoritmi che non può essere regolament­ata come quella vecchia. È come se dovessimo fare una sorta di costituent­e di un mondo che si sta materializ­zando sotto i nostri occhi. Bisogna intervenir­e con fermezza dal punto di vista etico e giuridico, con i regolament­i appena presentati l’Ue sembra sulla buona strada».

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