Open Arms, Salvini nell’aula bunker: «Ho difeso l’Italia»
L’ex ministro a Palermo accusato di sequestro di persona: tutto il governo d’accordo. Udienza rinviata a marzo
Nel cortile del carcere dell’Ucciardone, appena uscito dall’aula bunker dove sono stati processati e condannati fior di mafiosi, Matteo Salvini prova a spogliarsi del ruolo di imputato e veste i panni del capo dell’opposizione che accusa: «Spero che qualcuno al governo non stia pensando di rinchiudere in casa gli italiani per risolvere prima i propri problemi. Chi gioca su salute e problemi degli italiani per tenere a bada i propri problemi politici merita sì un processo. Ma il tempo è galantuomo, in quest’aula ci verrà chi deve venirci e io ci tornerò da uditore».
Forse intende da spettatore, ma intanto è qui per rispondere di sequestro di persona ai danni di 147 migranti trattenuti a bordo della Open Arms tra il 14 e il 20 agosto 2019. «Ma era una nave spagnola che aveva operato in acque libiche e maltesi, dicendo no allo sbarco a Malta e a due porti spagnoli», riassume l’ex ministro dell’Interno. Al suo fianco l’avvocata-senatrice Giulia Bongiorno argomenta che si trattava comunque di una decisione presa in ossequio al programma politico del governo Conte 1, e che effettivamente la Open Arms aveva rifiutato altre soluzioni alternative a Lampedusa.
Ma tutto questo per la Procura di Palermo (e prima ancora per il tribunale dei ministri) ha poco a che vedere con il reato contestato: il punto di svolta è che quando il Tar del Lazio sospese l’ordine di ingresso nelle acque nazionali firmato da Salvini, la nave è approdata legalmente in Italia e a quel punto c’era l’obbligo di concedere l’autorizzazione allo sbarco. «Ma il comandante era indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e a bordo c’erano due persone poi arrestate perché sospettati di essere scafisti», ribattono l’imputato e il suo difensore. Tuttavia, a parte che il comandante è stato successivamente prosciolto, e che i due presunti scafisti sono stati individuati proprio perché fatti scendere dalla Open Arms e identificati dagli altri migranti, sono considerazioni che per l’accusa non incidono sulle responsabilità dell’ex ministro.
Dell’eventuale rinvio a giudizio si riprenderà a discutere nella prossima udienza, fissata per il 20 marzo, con gli avvocati delle 18 parti civili ammesse (tra singoli profughi e associazioni schierate al loro fianco) e sulla base dei documenti presentati dalla difesa. Tra questi il diario di bordo, corrispondenza in spagnolo e in inglese, il contratto di governo tra Lega e Cinque Stelle, l’interrogatorio dell’ex ministro dei Trasporti grillino Toninelli svoltosi a Catania nel procedimento per la vicenda della nave Gregoretti. L’avvocata Bongiorno gli aveva fatto diverse domande proprio sulla Open Arms, ottenendo molti «non ricordo» e vaghi riferimenti al «dibattito politico» che farà valere per dimostrare l’adesione del premier e degli altri ministri alla scelta di bloccare i migranti. Insistendo così sulla tesi principale: fu un atto politico condiviso dall’intero esecutivo.
Non davanti al giudice ma in cortile Salvini torna a indossare la mascherina con l’effige di Borsellino; il caso vuole, però, che uno dei magistrati più vicini al giudice antimafia negli ultimi mesi di vita e di lavoro fu l’attuale procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, che ora guida l’accusa contro il senatore. Il quale rientrando a Roma tira in ballo — via social — famiglia e sentimenti: «“Papà, sei uscito dal Tribunale? Ti fanno tornare a casa? Ti voglio bene”. La video-telefonata di mia figlia mi scalda il cuore e mi ripaga di questa mattinata passata da imputato in un’aula-bunker, colpevole di aver difeso la vita, l’Italia e gli italiani».