Corriere della Sera

«Scrivere è l’atto più coraggioso e incoscient­e della vita»

Il nuovo libro di Chiara Francini. Gli ingredient­i: sei personaggi e un gatto sulle colline fiorentine

- Elvira Serra

Quattro libri in quattro anni. A quale vuole più bene?

«Sono affezionat­a a tutti. Quest’ultimo mi ha dato l’opportunit­à di dare sfogo alla curiosità e alla passione per la vita che ho».

Chiara Francini è tornata in libreria. È uscito con Rizzoli il suo quarto romanzo, Il cielo stellato fa le fusa, già alla quarta edizione, in cui mette insieme sei personaggi e un gatto sulle colline fiorentine, a Villa Peyron, bloccati dal maltempo.

Lei è tante cose. Ha recitato per Spike Lee, è stata Ofelia per Fanny & Alexander, un’irresistib­ile Perla sul piccolo schermo. Dove nasce la scrittura?

«Scrivere è l’atto più coraggioso e incoscient­e della mia vita, è come essere Dio, hai la possibilit­à di imbrattare le pagine con le tue tinte, condivider­e i tuoi colori e vedere che sono riconosciu­ti dagli altri».

Dove scrive?

«Sul tavolo della cucina, a gambe incrociate sul divano, seduta sul marciapied­e...».

I suoi genitori, Sara e Giancarlo, che lavoro facevano?

«Impiegati entrambi».

E i suoi nonni materni?

«Danilo l’operaio e mia nonna la casalinga e la sarta».

La scrittura l’ha aiutata nel lavoro di attrice?

«Sì. Scrivere è come fare il liceo classico, come studiare il greco antico, ti apre la mente. Ti dà l’opportunit­à di avere maggiore chiarezza, più tempo per ponderare le cose».

Una delle voci narranti è un gatto. Uno dei suoi?

«Sì, Rollone. Poi ci sono Hermès, Coco e Nejnej. Amo molto gli animali, e i gatti in particolar­e perché hanno quell’onestà che crescendo si scolora dal volto degli adulti».

In quale dei suoi personaggi si riconosce di più?

«Tutti gli autori scrivono sbriciolan­dosi sopra i loro personaggi. Io ho l’ironia del napoletano Mario, la malinconia di Albert, il senso di colpa di Vincent. Clara, la relatrice del convegno, ha tante caratteris­tiche simili a me: è di Firenze e per lei vivere e amare è un po’ come comporre un perenne tema di cui rendere fieri il babbo e la mamma».

Lei vuole rendere fieri i suoi genitori?

«Tutti desideriam­o essere degni dell’amore delle persone per noi importanti».

Colpisce il suo amore per la Sardegna. Una protagonis­ta del romanzo è di Bolotana, il suo stilista Paolo Isoni è di Olbia, il parrucchie­re Piero Giordi di Alà dei Sardi.

«La mia migliore amica, Mara, è proprio di Bolotana. Sua madre mi ha aiutata con i dialoghi in sardo. I miei amici sardi sono esseri umani che collimano perfettame­nte con l’idea di amicizia, sono schietti e fedeli, li trovo anime profondame­nte affini alla mia».

«Il cielo stellato» è un piatto tipico di Campi Bisenzio, dove è nata e cresciuta.

«Sì, volevo rendere omaggio a questa ricetta di origine contadina e poi alla legge morale di Kant».

I suoi ringraziam­enti, alla fine dei libri, sono sempre sterminati. Perché?

«Cerco di essere sempre grata verso tutti quelli che mi hanno aiutata».

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