Corriere della Sera

Questo cancello vermiglio è inespugnab­ile: qui saremo felici

- Di Antonella Lattanzi

Per prima uscì Francesca. Si riparò gli occhi dal sole. Guardò il cancello rosso vermiglio. Col sole in faccia era difficile distinguer­ne i contorni, ma era lì, come una persona che aspetti da tanto tempo di vedere, e ti accoglie a braccia aperte. Francesca sorrise.

Si piegò nella Scénic nera a prendere sua figlia Emma dal seggiolino. Appena la prese in braccio, la bambina, una piccoletta di appena un anno, riccia e biondo cenere come suo padre e sua sorella maggiore, le strinse la mano. Giocare con le dita di Francesca era la cosa che le piaceva di più al mondo. Era la prima parola che aveva imparato: dito, sembrava sapere solo quella. Si assestò tra le braccia della madre. Indicò il cancello. «Hai visto amore com’è bello, tutto rosso?» disse Francesca. Emma cominciò a muoversi eccitatiss­ima, come ballando. Francesca rise, le diede un bacio lieve dietro l’orecchio. Emma era irresistib­ile. Francesca se la strinse. Fece un passo verso il cancello.

Non riusciva a smettere di guardarlo. Dalla macchina, dietro di lei, adesso uscì suo marito Massimo. Raggiunse lo sportello posteriore e lo aprì. Venne fuori anche l’altra figlia, Angela. Prima un piedino, poi l’altro, comodi nelle scarpe da tennis con le stelle che non si toglieva mai. Massimo si piegò un poco e le prese le mani per aiutarla a scendere: Attenta alla testa.

Francesca sorrise. Non aveva bisogno di girarsi per sapere cosa stava succedendo dietro di lei: la scena si ripeteva uguale, ogni volta, in qualunque posto fossero.

La vocina di Angela le arrivò come fosse improvvisa­mente lontana, mista alla voce maschile che conosceva meglio al mondo: Massimo. Poi suo marito e la sua figlia maggiore la raggiunser­o. Adesso erano entrambi vicini a lei. Angela le prese la mano. Le arrivava a metà coscia. Quanto era cresciuta in così poco tempo. Bisognava ricordarsi di assaporare tutti i giorni bellissimi che sarebbero venuti. Massimo passò un braccio intorno alle spalle di sua moglie e l’abbracciò. Guardarono tutti e quattro il cancello.

E adesso Francesca poté vederlo davvero: si parava, di un rosso brillante come appena dipinto, solido, maestoso, a qualche metro da loro. Inespugnab­ile. Ora ogni dettaglio splendeva limpidissi­mo di fronte a lei. Francesca sorrise ancora, forse non era mai stata così raggiante in vita sua.

Tutto ciò che amava era attorno a lei, come in un cerchio perfetto. Suo marito, le sue figlie, la loro nuova casa oltre il cancello rosso. E dentro quella casa, la possibilit­à di realizzare il suo sogno, finalmente. Lavorare al suo libro.

Lui, il suo uomo, il padre delle sue figlie, disse: «Francesca» e le sfiorò la schiena con una carezza, «sei pronta?». E lei era pronta, non si era mai sentita così bene. Il mondo cominciava qui. Teneva ancora in braccio Emma. «Allora si va?» disse Massimo alla sua famiglia, e rise.

Francesca inspirò l’aria di una fine di febbraio che lì sembrava già primavera. «Si va» rispose. Il braccio che reggeva Emma le doleva un po’, ma era un dolore sordo, un sottofondo come un acufene. Anzi, era un dolore quasi bello: il segno vivo del corpo di sua figlia su di lei. Perché lei era una madre, e quanto aveva voluto esserlo. Lei era una madre, e le madri stringono tra le braccia.

Angela, sempre stretta nell’altra mano di Francesca, agitò il braccio annoiata e, di riflesso, si mosse anche il

braccio della madre.

Poi si divincolò. Corse come il vento per quegli ultimi metri. A ogni passo che faceva si scrollava un po’ del fare serioso che l’aveva presa da quando era nata sua sorella piccola, e si ritrasform­ava in una bimba: era come visibile a occhio nudo. Si buttò con tutto il corpo contro il cancello, tanto che rimbalzò indietro, ma non si era fatta niente. «Prima!» urlò, e rise. Si girò a guardare i genitori, pronta a ricevere le lodi che le spettavano. Loro annuirono raggianti e per la prima volta da mesi gli occhi di Angela, grandi e tondi come quelli di una bambola, smisero di guardare severi la madre e il padre dall’alto dei loro cinque anni di età. Brillavano di gioia.

«Lò-sso.» Francesca guardò Emma, incredula. Era stata proprio lei a dirlo: rosso. La sua prima parola dopo dito. «Bravissima amore! Rosso, sì!», e la baciò ancora.

Massimo raggiunse Angela al cancello portando le valigie. Si girò verso Francesca. Lei non l’aveva mai visto più soddisfatt­o di così.

Qui saremo felici.

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A sinistra: Antonella Lattanzi (foto di Cristiano Gerbino). In passato ha pubblicato anche saggi sulla sua regione d’origine, tra i quali il volume Leggende e racconti popolari della Puglia (Newton Compton, 2006)
La scrittrice A sinistra: Antonella Lattanzi (foto di Cristiano Gerbino). In passato ha pubblicato anche saggi sulla sua regione d’origine, tra i quali il volume Leggende e racconti popolari della Puglia (Newton Compton, 2006)

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