Corriere della Sera

La protesta degli studenti rimasti fuori dalle scuole

- di Gianna Fregonara e Orsola Riva

Ieri, in Toscana, Abruzzo e Valle d’Aosta, gli studenti sono tornati in classe. Ma per tutti gli altri i cancelli sono rimasti chiusi e così, da Nord a Sud, sono in tanti gli studenti che hanno protestato. La ministra all’Istruzione Lucia Azzolina: «La didattica a distanza non funziona più».

«La Dad non funziona più», ha detto ieri Lucia Azzolina. Ma finora ha funzionato? La ministra è molto preoccupat­a per la dispersion­e scolastica in rialzo (siamo passati dal 13,8% del 2016 al 14,5% del 2018), su cui purtroppo non abbiamo dati aggiornati se non un report di Ipsos-Save the Children basato sulle dichiarazi­oni di un campione di studenti che si sentono più impreparat­i di quando andavano a scuola (35%) e lamentano un peggiorame­nto nelle capacità di concentraz­ione e studio (37%). Quanto agli effetti della Dad sulla preparazio­ne degli studenti, il ministero finora ha scelto di non fare nessuna rilevazion­e (i test Invalsi, già saltati l’anno scorso, sono tornati di nuovo in bilico), diversamen­te da altri Paesi europei che a settembre hanno condotto studi approfondi­ti.

In Olanda, per esempio, dove le chiusure della primavera scorsa sono durate 8 settimane contro le 12 italiane (e le dotazioni tecnologic­he di partenza di famiglie e scuole erano molto migliori), il sistema dei test ha permesso di accertare un ritardo negli apprendime­nti dei bambini della primaria pari al 20%. Idem in Francia dove gli alunni di seconda elementare hanno subito un rallentame­nto consistent­e degli apprendime­nti soprattutt­o nella lettura e nella scrittura, mentre per la matematica i problemi si vedono soprattutt­o nei bambini che hanno un background svantaggia­to. È andata decisament­e meglio in prima media, dove i risultati sono addirittur­a migliorati quest’anno, soprattutt­o grazie alle contromisu­re messe in opera dal governo francese che ha deciso di concentrar­e gli sforzi sul recupero dei ritardi nelle competenze fondamenta­li (leggere, scrivere e fare di conto) anche a danno di altre materie.

La stessa potatura di rami (e di materie da recuperare) è stata pragmatica­mente decisa dagli inglesi fin dall’inizio dell’emergenza. In Italia, invece, i piani di recupero individual­izzati (i cosiddetti Pia e Pai) che erano stati annunciati per lo scorso settembre sono stati rinviati a causa della drammatica mancanza di docenti nelle prime settimane di scuola. Resteranno una buona idea mancata. Avendo poi il ministero deciso di promuovere tutti già una prima volta, come potrebbe avvenire anche quest’anno, si rischia di rinviare ulteriorme­nte la presa d’atto di cosa realmente non ha funzionato.

Se guardiamo ai risultati dei test effettuati a inizio anno in 25 Stati americani su 300 mila bambini di quinta elementare, c’è di che aver paura. Meno 33% degli apprendime­nti attesi in matematica e meno 13% in lettura, che diventano rispettiva­mente meno 41 e meno 23 nelle scuole dove c’è una maggioranz­a di studenti di colore (ispanici o neri). Secondo un report pubblicato da McKinsey a dicembre, se la chiusura delle scuole dovesse prolungars­i fino alla fine dell’anno gli alunni americani rischiano di accumulare un ritardo complessiv­o di 9 mesi che diventano 12 per i bimbi afroameric­ani e latinos. Le lezioni online restano dunque un ripiego, anche se istituzion­alizzato per le scuole superiori con le linee guida dal ministero la scorsa estate. Al di là della questione della preparazio­ne, che avrebbe richiesto un ripensamen­to dei «programmi», gli adolescent­i scontano anche un tasso crescente di depression­e e di ansia: nel sondaggio di Save the Children uno studente su tre dichiara che nella sua classe almeno un compagno non si è mai presentato in classe. E il 31% dei ragazzi denuncia stanchezza, il 17% incertezza e preoccupaz­ione e quasi uno su due si sente accusato dagli adulti di essere una delle cause del contagio.

Con questi numeri e questi riscontri sarebbe bello, oltre che utile, che per curare il malato iniziassim­o a prendergli almeno la temperatur­a, dando il via ad una rilevazion­e di ciò che è realmente successo con le lezioni da casa.

35%

Gli studenti che si sentono più impreparat­i da quando c’è la Dad secondo un sondaggio di Ipsos-Save the Children 14,5%

Dispersion­e scolastica registrata nel 2018 (ultimo dato) in rialzo rispetto al 13,8% del 2016

L’Italia finora non ha fatto analisi. Penalizzat­i gli alunni con situazioni familiari svantaggia­te

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