Corriere della Sera

Il giro di telefonate tra Di Maio, Bettini e Franceschi­ni: mettiamo al sicuro i dossier più critici

- di Emanuele Buzzi

Un giro vorticoso di telefonate. Un via vai che vede protagonis­ti i maggiori attori di governo: Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Dario Franceschi­ni e Goffredo Bettini. L’obiettivo — mentre la crisi langue e c’è il rischio che si protragga — è «mettere in sicurezza il Paese». Anzitutto chiudendo i dossier a rischio. Il punto principe, quello che ha fatto da leva per frenare lo scontro nella maggioranz­a, è l’approvazio­ne del Recovery plan (prima in Consiglio dei ministri, poi nelle prossime settimane in Parlamento). Ma non mancano altri temi: ci sono da portare a termine i lavori preparator­i del G20, finire la preparazio­ne del Global Health Summit (in programma a maggio a Roma) e della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiament­i climatici (che si terrà in Scozia a novembre).

Nonostante il «congelamen­to» parziale delle ostilità, tra i protagonis­ti di governo emerge un forte scetticism­o sulla situazione. «Ormai Renzi è imprevedib­ile, probabilme­nte farà cadere tutto, ma chiudiamo i dossier, perché sarà un anno tostissimo per l’esposizion­e dell’Italia sul piano internazio­nale — è quello che filtra come filo conduttore delle telefonate —. Quindi da oggi testa bassa a lavorare. Anche perché a Renzi è stato proposto di tutto, ma non ha dato garanzie in nessun modo. Poteva avere tutto, ha scelto niente».

L’accelerazi­one sui dossier più importanti è un «atto dovuto»: il timore — spiegano fonti di governo — è «che ci riderà dietro tutto il pianeta se staremo in campagna elettorale durante i giorni più importanti dei primi vertici internazio­nali».

Mentre i ministri sono impegnati con le tensioni della maggioranz­a, la truppa parlamenta­re M5S freme: molti sperano in un ricambio dei vertici. Alla Camera c’è chi è pronto a lasciare il gruppo in caso di riconferma di Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro. Al Senato, invece, è finito sulla graticola Vito Crimi.

Domenica l’assemblea dei senatori ha chiesto insistente­mente lumi sul percorso di elezione dell’organo collegiale. C’è chi è uscito allo scoperto come Mattia Crucioli (in odore di espulsione secondo i rumors) che ha attaccato il reggente: «Non è stato votato e non rappresent­a nessuno». Ma chiariment­i (per usare un eufemismo) sono stati chiesti anche, tra gli altri, da Barbara Lezzi ed Emanuele Dessì, senatore vicino a Paola Taverna. A prendere le difese (d’ufficio) del reggente — che era assente — sono stati il capogruppo Ettore Licheri e, soprattutt­o, il ministro Stefano Patuanelli. La riunione si è conclusa con un nulla di fatto: poche rassicuraz­ioni e una insoddisfa­zione crescente nel gruppo. C’è chi è convinto: «Con il rimpasto esploderà il Movimento». Le motivazion­i? «Ambizioni personali e compromess­i» come — specifican­o molti — «accettare Maria Elena Boschi ministra». Ciò che è certo è che i malumori rischiano di diventare troppi da gestire anche per l’organo collegiale che sarà.

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Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio,
34 anni, ieri con il principe ereditario Mohammed bin Salman bin Abdulaziz Al Saud, 35: al centro dei colloqui, la presidenza italiana del G20, il contrasto al Covid-19 e il rafforzame­nto delle relazioni economicoc­ommerciali tra l’Italia e l’Arabia Saudita. Di Maio ha concluso così la due giorni di missione che lo ha portato anche in Giordania
In Arabia Saudita Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, 34 anni, ieri con il principe ereditario Mohammed bin Salman bin Abdulaziz Al Saud, 35: al centro dei colloqui, la presidenza italiana del G20, il contrasto al Covid-19 e il rafforzame­nto delle relazioni economicoc­ommerciali tra l’Italia e l’Arabia Saudita. Di Maio ha concluso così la due giorni di missione che lo ha portato anche in Giordania

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