«Lo stop all’asporto ci penalizza»
Quei 50 o 100 euro di ricavi dalle vendite in serata mi servono a pagare il personale Ormai c’è incertezza su tutto
La maggioranza dei bar che si affacciano su Campo de’ Fiori a Roma, con vista sulla statua di Giordano Bruno, al servizio d’asporto ha già rinunciato da tempo. Ma per Aldo Martin, titolare dello Sloppy’s, in tempi pre-covid preso d’assalto da centinaia di ragazzi, quella piccola fetta di guadagno è importante. «Dover chiudere alle 18 senza poter fare l’asporto è un ulteriore sacrificio in una situazione già disastrosa — racconta — anche quei 50, 100 euro in più che riusciamo a fare in serata mi servono a pagare il personale. Ci sentiamo impotenti, sospesi, come in un limbo dove siamo in balia degli eventi — aggiunge Martin — l’aspetto più complesso da affrontare è infatti l’incertezza su tutto, l’impossibilità di programmare. Non sappiamo ancora se sabato e domenica potremo restare aperti e per l’approvvigionamento degli alimenti e i turni di chi lavora è difficile organizzarsi da un giorno all’altro». Per il titolare di Sloppy’s «in questo secondo lockdown la gente è ancora più spaventata, non ha certo lo stato d’animo giusto per farsi un giro tra i locali. Bisogna ridare fiducia. Se si rispettano le regole è possibile anche concedersi qualche piccolo svago. Ora speriamo nel vaccino».