«L’incriminazione è giusta L’assalto può essere l’inizio di una nuova era di violenza»
La storica Lepore: va sconfitto il pensiero cospirativo
«Ero a favore dell’impeachment già lo scorso anno, e penso che il fallimento del Senato nel condannare Trump resterà come una delle grandi tragedie della storia di questo Paese», afferma Jill Lepore, professoressa di storia americana a Harvard e celebre firma del New Yorker. «Ora è importante che non solo Trump, ma anche altri politici siano messi davanti alle proprie responsabilità, e che al presidente sia impedito di candidarsi nuovamente: l’impeachment servirebbe a questo».
Ritiene che i democratici facciano bene a metterlo di nuovo in stato d’accusa?
«Probabilmente sì, ma se fossi Joe Biden sarei molto frustrata, perché il Paese è in crisi e ha bisogno che il Congresso pensi a governare».
Il partito repubblicano pagherà un prezzo per aver sostenuto Donald Trump?
«È difficile da dirsi, il Grand Old Party è a un bivio. Penso che se molti leader repubblicani lo denunciassero, il partito potrebbe reggere. Se invece lo facessero in pochi, potrebbe spezzarsi in due».
L’attacco di Capitol Hill ha deviato la storia americana?
«Dipende se sarà l’ultimo sussulto della folle gestione Trump, oppure se segna l’inizio di una nuova era di violenza politica».
Le ha ricordato un episodio della storia americana?
«No, non ci sono precedenti. A molte persone ha ricordato fatti avvenuti in altre nazioni: ad esempio il putsch della birreria in Germania (il tentativo fallito di colpo di Stato guidato da Adolf Hitler nel 1923 a Monaco, ndr)».
Twitter ha fatto bene a espellere Trump? La stretta di Big Tech è una censura?
«Avrebbe dovuto farlo molto tempo fa. I social media sono aziende private che — volontariamente o meno — hanno accumulato un enorme potere nel dibattito pubblico. Possono espellere chi vogliono, nessuno ha diritto ad avere un account. Non dico sia giusto, c’è bisogno di una grande riforma di queste piattaforme: nel momento in cui Trump incita una rivolta contro il governo, però, accidenti se hanno fatto bene».
Queste elezioni hanno cambiato le regole del web?
«Credo siano state più quelle del 2016, quando Mark
dI fatti del 6 gennaio
Zuckerberg disse di non avere alcuna responsabilità nel decadimento della democrazia e il Congresso non fece nulla».
Lei ha scritto Queste verità (Rizzoli), una storia degli Stati Uniti in cui ripercorre le verità fondanti del Paese. L’America sta facendo solo ora i conti con la verità?
«Le teorie cospirative hanno una lunga storia, che parte dal 18° secolo: in questo momento, però, è strano vedere quanto siano diffuse. Non si può tornare indietro, ma si può sconfiggere parte di questo pensiero cospirativo».
Cosa ci dice questa elezione dell’America odierna?
«Biden ha vinto con un margine significativo, e gli stessi funzionari dell’amministrazione Trump hanno definito il processo regolare: non ci sono state frodi. Trump e i repubblicani che sostengono questa tesi da prima del voto hanno minato le istituzioni democratiche. L’attacco a Capitol Hill lo ha reso evidente a chi finora lo negava».
E ha cambiato il ruolo dell’America nel mondo?
«Sì».
Le accuse di frodi hanno minato la democrazia: l’attacco a Capitol Hill lo ha reso evidente