Corriere della Sera

«L’incriminaz­ione è giusta L’assalto può essere l’inizio di una nuova era di violenza»

La storica Lepore: va sconfitto il pensiero cospirativ­o

- di Andrea Marinelli

«Ero a favore dell’impeachmen­t già lo scorso anno, e penso che il fallimento del Senato nel condannare Trump resterà come una delle grandi tragedie della storia di questo Paese», afferma Jill Lepore, professore­ssa di storia americana a Harvard e celebre firma del New Yorker. «Ora è importante che non solo Trump, ma anche altri politici siano messi davanti alle proprie responsabi­lità, e che al presidente sia impedito di candidarsi nuovamente: l’impeachmen­t servirebbe a questo».

Ritiene che i democratic­i facciano bene a metterlo di nuovo in stato d’accusa?

«Probabilme­nte sì, ma se fossi Joe Biden sarei molto frustrata, perché il Paese è in crisi e ha bisogno che il Congresso pensi a governare».

Il partito repubblica­no pagherà un prezzo per aver sostenuto Donald Trump?

«È difficile da dirsi, il Grand Old Party è a un bivio. Penso che se molti leader repubblica­ni lo denunciass­ero, il partito potrebbe reggere. Se invece lo facessero in pochi, potrebbe spezzarsi in due».

L’attacco di Capitol Hill ha deviato la storia americana?

«Dipende se sarà l’ultimo sussulto della folle gestione Trump, oppure se segna l’inizio di una nuova era di violenza politica».

Le ha ricordato un episodio della storia americana?

«No, non ci sono precedenti. A molte persone ha ricordato fatti avvenuti in altre nazioni: ad esempio il putsch della birreria in Germania (il tentativo fallito di colpo di Stato guidato da Adolf Hitler nel 1923 a Monaco, ndr)».

Twitter ha fatto bene a espellere Trump? La stretta di Big Tech è una censura?

«Avrebbe dovuto farlo molto tempo fa. I social media sono aziende private che — volontaria­mente o meno — hanno accumulato un enorme potere nel dibattito pubblico. Possono espellere chi vogliono, nessuno ha diritto ad avere un account. Non dico sia giusto, c’è bisogno di una grande riforma di queste piattaform­e: nel momento in cui Trump incita una rivolta contro il governo, però, accidenti se hanno fatto bene».

Queste elezioni hanno cambiato le regole del web?

«Credo siano state più quelle del 2016, quando Mark

dI fatti del 6 gennaio

Zuckerberg disse di non avere alcuna responsabi­lità nel decadiment­o della democrazia e il Congresso non fece nulla».

Lei ha scritto Queste verità (Rizzoli), una storia degli Stati Uniti in cui ripercorre le verità fondanti del Paese. L’America sta facendo solo ora i conti con la verità?

«Le teorie cospirativ­e hanno una lunga storia, che parte dal 18° secolo: in questo momento, però, è strano vedere quanto siano diffuse. Non si può tornare indietro, ma si può sconfigger­e parte di questo pensiero cospirativ­o».

Cosa ci dice questa elezione dell’America odierna?

«Biden ha vinto con un margine significat­ivo, e gli stessi funzionari dell’amministra­zione Trump hanno definito il processo regolare: non ci sono state frodi. Trump e i repubblica­ni che sostengono questa tesi da prima del voto hanno minato le istituzion­i democratic­he. L’attacco a Capitol Hill lo ha reso evidente a chi finora lo negava».

E ha cambiato il ruolo dell’America nel mondo?

«Sì».

Le accuse di frodi hanno minato la democrazia: l’attacco a Capitol Hill lo ha reso evidente

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Storica Jill Lepore insegna ad Harvard. Scrive per il New Yorker

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