QUELLA POLITICA ECONOMICA «PER PUNIZIONE»
Dopo il crollo del ponte Morandi, anziché lasciare che la giustizia facesse il suo corso, la politica ha deciso di affrettare il passo, con una sorta di nazionalizzazione punitiva. Da principio il problema era il concessionario, Autostrade per l’Italia. Poi si è deciso di prenderne di mira l’azionista, confondendo Atlantia con la famiglia Benetton. Dopo un complesso percorso di negoziazioni fra la holding e la banca dello Stato, ora sembra emergere un’altra possibilità: che la Cdp acquisti una quota di Atlantia. Ciò vorrebbe dire che non si procede a riconsegnare le autostrade italiane in mani pubbliche, ma che Cdp entra nella proprietà di un gruppo che possiede strade a pedaggio in tutto il mondo. Perché? In realtà nessuno ha mai chiarito agli italiani quale fosse l’obiettivo di questa nazionalizzazione. Se almeno in parte le responsabilità della tragedia di Genova riguardano il sistema dei controlli, è difficile sostenere che lo Stato abbia maggiori incentivi a controllare in modo rigoroso una società di cui è azionista, rispetto a una di cui non lo è. Nessuno in questi mesi si è peritato di spiegare al contribuente i vantaggi che produrrebbe per lui spostarsi su autostrade di Stato. Alla politica non serviva. Serviva invece additare un nemico e apparire impegnati nello strappargli lo scalpo. E questo invece di impegnarsi a rendere il più veloce possibile l’accertamento delle responsabilità di quella tragedia. Come se in Italia non esistessero regole, nazionali e comunitarie, che si ostinano a rendere gli espropri più difficili delle dichiarazioni. Tant’è che non resta che escogitare strane alchimie societarie proprio per aggirare quelle regole. Con il risultato di rendere tutto più opaco e di creare confusione tra controllore e controllato. Per qualcuno, qualsiasi accenno di nazionalizzazione è una vittoria. Una strategia ricorrente del populismo. A prescindere da cosa si nazionalizza e come, e senza mai chiedersi il perché.