Corriere della Sera

Il giorno della resa dei conti

Oggi Renzi decide se far dimettere le sue ministre. I dubbi di Conte e l’ipotesi di non lasciare

- Marco Galluzzo

È il giorno delle verità per il governo. Matteo Renzi punta a fare dimettere le sue due ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. Ma il premier Giuseppe Conte minaccia: «Se Iv rompe è fuori dal prossimo esecutivo». Irritando il Pd: «È un suicidio, parole non concordate».

Di mattina è Giuseppe Conte a fare la prima mossa: «Se il leader di Iv Renzi si assumerà la responsabi­lità di una crisi di governo in piena pandemia, sarà impossibil­e rifare un nuovo esecutivo con il sostegno di Italia viva». Insomma niente rimpasto e niente Conte ter con la stessa maggioranz­a: restano in piedi il voto, un governo istituzion­ale o la caccia ai responsabi­li in Parlamento da parte del premier.

Di pomeriggio Matteo Renzi sterilizza il Consiglio dei ministri notturno sull’approvazio­ne del Recovery plan («Le ministre di Italia viva chiederann­o di inserire una parte del Mes. Se verrà detto di no ci asterremo»).

Doveva essere il momento della verità, inizia in ritardo, ma non è più la sede dello showdown politico. Tutto viene rimandato ad oggi. Lo dice lo stesso Renzi, che stamattina dovrebbe fare dimettere le sue ministre e che intanto continua la guerra ai fianchi del presidente del Consiglio, sempre con l’ironia sferzante che lo contraddis­tingue: «Io non volevo far fuori Conte, ma me stesso da questo governo. Evidenteme­nte hanno i numeri per andare avanti e se vogliono gli posso anche cedere qualcuno... Me ne andrò all’opposizion­e».

Per l’ex premier lo scenario che si delinea è quello di una conta in Aula: «Penso che Conte sostituirà le ministre di Italia viva e poi andrà alle Camere per chiedere la fiducia. Non so se prima si recherà al Quirinale, comunque quando avrà dei nuovi ministri farà il passaggio parlamenta­re».

Insomma sembrano sempre inevitabil­i le dimissioni delle ministre renziane, mentre in serata si moltiplica­no le voci che oggi, quasi una sorta di tentativo in extremis, pressato dal Partito democratic­o, il capo del governo potrebbe provare a convocare un vertice dei soli leader della maggioranz­a. Sino ad ora Conte non ha voluto, forse tenterà di fronte alla possibilit­à di perdere tutto.

Intanto si rafforzano le voci di un gruppo di responsabi­li già formato, indiscrezi­oni che è impossibil­e confermare danno sia Goffredo Bettini del

L’ex premier Prodi commenta su La7: «Il capo di Iv mi ricorda Bertinotti, vuole solo rompere»

Pd che Gianni Letta, da anni ambasciato­re istituzion­ale di Silvio Berlusconi, convinti di avere le carte e i numeri per salvare il governo. Dice il primo in modo molto chiaro: «I responsabi­li possono palesarsi al momento opportuno».

In attesa dello showdown è il momento delle accuse reciproche e degli avvertimen­ti. Il Movimento 5 Stelle per tutta la giornata fa partire il fuoco di fila contro i renziani. Una raffica di dichiarazi­oni allineate con la posizione di Conte e in cui si accusa Renzi di irresponsa­bilità e lo si avverte: «Se ritira le ministre non ci sarebbe possibilit­à di far nascere un nuovo esecutivo con Italia viva», sentenzia Stefano Buffagni. Da Vito Crimi a Alessandro Di Battista e Riccardo Fraccaro, il coro è unanime. A Conte e pentastell­ati replica innanzitut­to il presidente di Iv, Ettore Rosato, con toni sarcastici: «Mai più un governo con Renzi se apre la crisi? Va bene, vedremo, potrebbero scegliere di fare un governo con FI e FdI così hanno preso tutto l’arco costituzio­nale».

Poi tocca di nuovo a Renzi: «Non sono stato io a decidere» la situazione, «è stato Conte. Evidenteme­nte ha i numeri parlamenta­ri per an

dare avanti. Per me non è un problema. È la democrazia parlamenta­re».

Insomma è ancora una guerra di nervi che più di tutti il Pd sta provando a disinnesca­re, anche se ormai ai minuti supplement­ari. Mentre Romano Prodi, a Di Martedì su La7, è tranchant: «Renzi mi ricorda Bertinotti, vuole solo rompere», di pomeriggio si riunisce la squadra di vertice dei dem. L’appello ad un «patto di legislatur­a» viene rinnovato. Viene escluso l’appoggio del Pd ad un governo di unità nazionale. Nicola Zingaretti è molto esplicito: «Spero che ci si renda conto

che con la crisi si entra in un tunnel di cui nessuno conosce l’uscita. Spesso si arriva alle elezioni perché si rotola verso quella soluzione e in questo caso sarebbe una sciagura».

Se la tensione è alle stelle, sia Renzi che Conte non danno segni di cedimento. Aggiunge anche colore Clemente Mastella, che si dice pronto a «strutturar­e» un gruppo di parlamenta­ri responsabi­li. Renzi ironizza, ma non troppo: «Ci sarà un governo Conte-Mastella dei responsabi­li oppure un governo diverso».

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Palazzo Chigi La sede della presidenza del Consiglio illuminata ieri col tricolore
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