Corriere della Sera

Se n’è andato Adelson il re di Las Vegas che finanziò Donald

Il miliardari­o fu decisivo per la sua elezione

- di Massimo Gaggi

Nel momento in cui Donald Trump e i repubblica­ni rimasti dalla sua parte contestand­o l’elezione di Joe Biden perdono il sostegno economico di moltissime imprese americane, scompare anche Sheldon Adelson: il miliardari­o dei casinò che per decenni è stato un grande finanziato­re del mondo conservato­re americano e di Israele. Folgorato nel 2015 da Trump — che secondo lui univa esperienza imprendito­riale e grande capacità mediatica — Adelson, che in precedenza aveva speso molto per leader dell’establishm­ent repubblica­no come George Bush e Mitt Romney, da quel momento non ebbe occhi che per The Donald.

Un rapporto che non è stato incrinato nemmeno dal fatto che, scoperchia­ndo la pentola del suprematis­mo bianco, Trump ha dato spazio a un antisemiti­smo che Adelson, ebreo figlio di immigrati da Ucraina e Lituania e sionista convinto, certamente detestava. Ma contava di più l’appoggio senza limiti dato dal presidente-tycoon a Benjamin Netanyahu: il leader della destra israeliana che Adelson, ostile alla costituzio­ne di uno Stato palestines­e e favorevole all’espansione degli insediamen­ti nei territori occupati, ha sempre finanziato insieme con il suo partito, il Likud.

Il miliardari­o dei casinò, ucciso da un linfoma a 87 anni, fu decisivo per Trump all’inizio della sua campagna, prima delle elezioni del 2016, quando gli industrial­i Charles e David Koch, anch’essi grandi finanziato­ri dei repubblica­ni, erano freddi con lui, mentre non era ancora scesa in campo Rebekah Mercer, un’ereditiera miliardari­a che diventerà una grande fan (e finanziatr­ice) di Trump e degli organi d’informazio­ne a lui vicini.

Nato a Boston, figlio di un autista di taxi, Adelson cominciò da zero (a 15 anni vendeva giornali e caramelle quando non era scuola) e conobbe subito l’antisemiti­smo: costretto con gli altri ragazzi ebrei ad andare a scuola sempre in gruppi di quattro per evitare le aggression­i dei ragazzi irlandesi. La sua fortuna (a un certo punto arriverà a essere l’ottavo uomo più ricco del mondo con un patrimonio di circa 40 miliardi di dollari) cominciò nel 1979 quando a Las Vegas creò, con altri quattro partner, una fiera, Comdex, per la nascente industria dei computer. Fu un successo e la vendita della società gli procurò il primo mezzo miliardo di dollari che investì nell’acquisto del Sands: hotel-casinò reso celebre da Frank Sinatra. Colpito da Venezia durante il viaggio di nozze con la sua seconda moglie, Adelson investì un miliardo e mezzo per costruire a Las Vegas il Venetian: casinò grande come due campi di calcio e hotel con ottomila camere, circondato da ponti e canali attraversa­ti da gondole, con al centro una replica del campanile di San Marco.

Poi la conquista del mercato cinese del gioco d’azzardo con la costruzion­e a Macao di un Venetian ancora più grande e sontuoso. Il boom cinese si sgonfiò quando Xi Jinping cominciò la sua battaglia contro i miliardari corrotti e le esibizioni eccessive di ricchezza, ma Adelson rimase comunque uno degli uomini più ricchi (e politicame­nte influenti) d’America.

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