Peppina studiata dagli Usa al Giappone: «Simbolo di resilienza» Macerata, la 98enne rifiutò di spostarsi dopo il terremoto. La sua storia in una ricerca accademica internazionale
«Sono venuti dei signori giapponesi, tanto gentili. Mi hanno chiesto del terremoto, di quando è crollata casa mia che stava qui di fronte, dove adesso non c’è più niente. E di quando mi volevano convincere che era meglio andare in albergo. Ma che ci andavo a fare? Il mio posto è qui». Nonna Peppina ha compiuto 98 anni, ma non ha perso la lucida e granitica volontà di attendere la ricostruzione nel suo paesino delle Marche, San Martino di Fiastra, in quella casetta di legno che la burocrazia le aveva sequestrato, per un cavillo. Per questo ora è diventata un «simbolo internazionale di resilienza»: in uno studio frutto della collaborazione tra l’università della Louisiana e quella di Tokyo — pubblicato sulla rivista UC Hastings Women’s Law Journal, dell’Husting College — viene citata tra le donne che più hanno avuto capacità di resistere alle calamità naturali e dimostrato al mondo che esiste un diritto a rimanere nella propria terra.
A portare all’attenzione internazionale la storia di Giuseppina Fattori è stata Lucia Ruggeri, direttrice della Scuola di specializzazione in diritto Civile dell’Università di Camerino, tra gli autori dello studio che analizza le diverse legislazioni per verificare come sia tutelato quel diritto. Nonna Peppina ride: «Sì, sì, me l’hanno detto che hanno parlato di me. Mi fa piacere. Ma non ho fatto niente di strano. Ho detto solo: “Io da qui non mi muovo”». Una scelta che le è costata cara. I sigilli allo chalet, che le figlie le avevano fatto costruire su un terreno edificabile di proprietà, l’avevano costretta ad abitare per un po’ in un container, facendole contrarre una brutta broncopolmonite che l’obbligò ad andar via per curarsi. Ma, guarita, è tornata. E non se ne è pentita: «È vero che qui fa freddo. E non c’è più nessuno. Ma quando c’è il sole esco a fare due passi. Ho le galline. Le uova non le fanno perché sono vecchiette pure loro, come me, ma mi fanno compagnia. Invece quelli che vanno via finiscono in una casa di riposo. E che fanno lì?». E aggiunge: «A tutti quelli che non vogliono essere portati via io consiglierei: fate come me. Io l’ho fatto. Si può fare».
Il trasferimento della popolazione — incentivato o forzato — dai paesini distrutti dal sisma è stato all’origine di drammi. Nelle Marche, nel 2018, si registrò un’impennata di morti e suicidi del 67%. Le vittime erano soprattutto anziani, mentre aspettavano, invano, di rientrare in casa propria. Adesso che il nuovo corso del supercommissario Giovanni Legnini ha impresso un’accelerazione alla ricostruzione, anche i lavori della casa di Nonna Peppina sono iniziati: via le macerie, scavate le fondamenta. Finora diceva che le sarebbe bastato vedere la prima pietra, e ora? «L’ho vista. Però poi è venuta la neve ed è, un’altra volta, tutto fermo. Gli anni crescono sempre e non diminuiscono mai, ma mi piacerebbe abitarci almeno un giorno».