Lo stile secondo Raoul
«Fiction sulla moda, rinasco dopo due anni difficili Ho toccato il fondo, i miei figli mi hanno ridato forza»
Bova nel ruolo di Armani nella serie «Made in Italy»
Nel 1994 Raoul Bova ha ricevuto per la prima volta l’invito a una sfilata di Giorgio Armani: «E non potrò mai dimenticarlo; mi sembrava di aver vinto un Oscar: un posto in prima fila». Nasceva lì un rapporto che è anche un intreccio di coincidenze, fino a quest’ultima: Bova che diventa Armani nella serie che ripercorre l’affermarsi della moda italiana. In Made in Italy (prodotta da Camilla Nesbitt), in onda da questa sera su Canale 5, gli occhi blu dell’attore diventano quelli del divo della moda: «Mi ha mandato un biglietto scritto di suo pugno in cui mi faceva i complimenti: l’ho incorniciato», confessa Bova.
Come mai conta così tanto questa figura per lei?
«È stato il mio anello di congiunzione con l’Italia nei quattro anni in cui ho vissuto a Los Angeles. Era l’epoca di Alien Vs. Predator e, per non vedermi proporre solo ruoli di un certo tipo, facevo di tutto per confondermi tra gli americani: studiavo in modo maniacale l’inglese, volevo cancellare ogni accento. Un giorno l’ho incontrato a un evento e ho visto in lui l’atteggiamento opposto: era fiero di essere italiano e raccontava chi era attraverso la sua arte. Per me è stata una grande lezione. Mi aveva detto una cosa simile Sophia Loren: quando vai a Hollywood non cercare di diventare uguale a loro ma fai affidamento sul tuo talento perché è quello che ti rende diverso dagli altri».
Da allora la sua è diventata una carriera internazionale.
«Mi ha reso felicissimo l’Emmy vinto da La Reina del Sur, un progetto che mi ha molto emozionato anche se mi ha portato in Colombia, lontano dalla mia famiglia, per sette mesi. È stata dura».
Piuttosto duri per lei sono stati tutti gli ultimi due anni.
«Ho toccato il fondo e la sfida è stata non naufragare. Ho perso i miei genitori in poco tempo: devi fare i conti con le tue fragilità. La mia debolezza si è rivelata la mia forza».
In che senso?
«Ho dovuto trovare il coraggio per andare avanti. La debolezza psicologica aveva coinciso con quella fisica: negli stessi giorni in cui moriva mia mamma mi ero fratturato due ossa della gamba. Sentivo sprofondare le mie certezze. Ma la pandemia mi ha fatto capire che non ero solo. Mi ha spinto alla rinascita». Ne ha scritto un libro, «Le regole dell’acqua».
«Aprire il mio cuore mi ha fatto bene. Dovevo fermare il dolore che dilagava, lo dovevo fare per me e per le persone che amo, per i miei figli». Ha due figli maschi grandi e due bimbe piccole.
«Mi sento fortunato ad avere quattro figli così: belli, dolci e complicati. Amo perdermi nelle loro diversità».
Per rinascere è tornato al primo amore: l’acqua.
«Sono ripartito da lì. E lì ho incontrato Manuel Bortuzzo (promessa del nuoto costretto sulla sedia a rotelle dopo una sparatoria, ndr.). Ho messo a confronto il mio dolore con il suo: ci siamo dati energia. Mi mancava tanto mio padre ma vedevo il suo, che ha lasciato tutto per stare vicino al figlio. Il loro rapporto mi emozionava. Grazie a lui ho ripreso ad allenarmi e, da ex sportivo, ho pensato a una staffetta per battere un record mondiale».
E ha coinvolto altre tre ex nuotatori.
«Brembilla, Magnini e Rosolino. In comune avevano il
Ho perso i genitori in poco tempo, la debolezza psicologica è coincisa con quella fisica ed è svanita ogni certezza La pandemia però mi ha fatto capire che non sono solo
fatto di non volersi ributtare in acqua. Invece, da quella sfida siamo arrivati all’idea di un film in cui cinque uomini si incontrano e cercano di superare le proprie difficoltà. Ultima gara uscirà quest’anno».
Si annuncia un buon 2021.
«Sì, un anno pieno di prospettive. Non è sempre facile trovare progetti interessanti ma ora ce ne sono parecchi. E vorrei tornare a fare teatro».
Tempo fa l’avevano criticata per l’aspetto. Prima volta.
«Ci sono momenti in cui si è più forti e altri più deboli e le critiche feriscono. Ero aumentato di peso per un ruolo. Ora sono tornato come prima ma per me ha sempre contato il lavoro e su questo sono stato sempre molto autocritico, limitandomi anche un po’. Per me il tema non è mai stato: bellezza - non bellezza. Per me si tratta di: impegno - non impegno. La bellezza è quello che riesci a esprimere».