Centrodestra, l’arma dell’ostruzionismo
I timori che insistere sul voto faccia perdere parlamentari
Quando descriveva la parabola della legislatura disegnandone la traiettoria con un dito, in pochi nella Lega gli davano retta. Forse perché non ritenevano plausibile un simile scenario. Forse perché lo temevano. Perciò Giorgetti liquidava bruscamente la conversazione: «Vedrete che finirà così. Non c’è avvenire se non si fa un governo che abbia in Parlamento la forza necessaria per caricarsi i problemi del Paese». Il percorso di quella parabola non si è concluso, ma oggi nel centrodestra nessuno esclude più la sua proiezione. Ed è vero che i leader della coalizione — dopo le dimissioni dei ministri di Iv — hanno chiesto di andare subito al voto. In realtà è stato solo un modo per prender tempo in attesa di capire se è davvero lì dove diceva Giorgetti che si andrà a finire.
Così del vertice di ieri vanno estrapolati due messaggi: il primo rivolto al premier perché eviti «giochini», il secondo rivolto al capo dello Stato perché si giunga a una soluzione «rapida» della crisi. Il sospetto dell’opposizione è che Conte la voglia congelare nel tentativo di resistere a Palazzo Chigi: ma un conto è se cercasse di ricucire con Renzi, altra cosa è se il tempo gli servisse per racimolare un drappello di «responsabili» da sottrarre magari al centrodestra. Perciò quando la Meloni ha insistito a battere pubblicamente il tasto delle elezioni, Salvini le ha risposto: «Sì certo, ma se noi gridiamo solo al voto, al voto, poi i parlamentari corrono da Conte».
La battuta pronunciata dal leader della Lega è rivelatrice del fatto che le urne vengono considerate un’ipotesi remota. Gli scenari più realistici sono altri. Il primo prevede la permanenza di Conte al governo. Ma dai contatti avuti con gli esponenti giallorossi, i dirigenti del centrodestra hanno inteso che l’opzione sarebbe debole se non ci fosse il tempo di organizzarla. Di qui la decisione di chiedere che la crisi venga immediatamente istituzionalizzata. E oggi — dopo l’appello a Mattarella — i capigruppo di opposizione si rivolgeranno ai presidenti delle Camere: il centrodestra chiederà che il premier vada in Parlamento per verificare se ha ancora una maggioranza o salga al Colle per rassegnare le dimissioni. Se così fosse, l’opposizione sarebbe disposta a esaminare i provvedimenti ancora da approvare, altrimenti scatterebbe il filibustering.
L’ostruzionismo sarebbe l’arma per snidare Conte, bloccare i suoi «giochini» e impedirgli in prospettiva di costruire un partito personale insieme ai «transfughi». Se l’operazione andasse in porto e Renzi non capitolasse accettando di nuovo «Giuseppi» a Palazzo Chigi, ai giallorossi — secondo il centrodestra — resterebbe una sola strada: sacrificare il premier per salvare la coalizione, chiudendo l’accordo su un altro presidente del Consiglio. Ma il fattore tempo sarebbe comunque decisivo, e siccome di tempo non ce n’è la maggioranza potrebbe non riuscire nell’impresa.
A quel punto la parabola disegnata da Giorgetti finirebbe lì dove l’ex sottosegretario alla Presidenza aveva previsto. E sebbene l’ipotesi sia ancora fumosa, c’è un motivo se è il tema su cui si concentrano i ragionamenti dei leader di opposizione. Non c’è dubbio che Berlusconi sarebbe pronto a rispondere a un eventuale appello per «salvare il Paese»: ne ha parlato l’altro giorno con Gianni Letta e Ghedini che sono andati a trovarlo in Francia. Ovviamente non si espone per non rompere l’unità della coalizione, ma è a conoscenza delle idee di Salvini come della Meloni.
Per quanto si marchino stretto, presi come sono dalla competizione interna, il capo del Carroccio e la leader di FdI sono pronti a verificare le condizioni di un gabinetto di unità nazionale. Ma usciranno allo scoperto solo se la profezia di Giorgetti si realizzerà. Sanno che in quel caso — vista l’emergenza pandemica e la crisi economica — se dovessero negarsi, finirebbero per isolarsi e ritrovarsi fuori da una sorta di nuovo arco costituzionale. Per ora lasciano agli alleati più piccoli il compito di lanciare segnali in quella direzione. Nel frattempo ripetono «al voto, al voto».