Ora Zingaretti pensa alla sfida: vediamo se tutti i suoi lo seguono
Il segretario dem chiede un passo avanti al premier E al leader di Iv dice: così mandi il Paese allo sbando
«A questo punto se Conte vuole andare in Parlamento a portare la crisi lì, noi siamo con lui»: a sera Nicola Zingaretti detta la linea ai suoi. Ora è il Pd a puntare alla sfida a Matteo Renzi nelle aule parlamentari: «E vediamo se tutti i suoi senatori e deputati saranno con lui», sibilano al Nazareno.
È la rabbia che segue alla perdita di un’illusione quella che pervade i dirigenti del Partito democratico dopo lo strappo di Renzi. Fino a un’ora prima della conferenza stampa del leader di Italia viva i dem speravano nel passo indietro dell’ex premier. Avevano lavorato sin dalla mattina solo a questo scopo. E lo aveva fatto direttamente Nicola Zingaretti. Prima al teNel lefono con Giuseppe Conte: «Tu sei il presidente del Consiglio, fai un passo avanti, rilancia sul patto di legislatura. In questo modo Renzi potrà fare il suo passo indietro. Bisogna risolvere la situazione perché sennò si rischia di andare a sbattere».
Ovviamente al Nazareno erano in stretto contatto anche con il Quirinale. Sapevano che Sergio Mattarella avrebbe usato la sua moral suasion per convincere il presidente del Consiglio ad aprire una trattativa con Italia viva. Ed erano fiduciosi. «Anche perché — spiegavano — i responsabili non ci sono e pensare di fare un governo raccogliticcio sarebbe una pazzia che non ci possiamo consentire in un momento grave come questo».
Il segretario parlava anche con Renzi: «Non puoi mandare il Paese allo sbando». E alla fine di un giro di consultazioni con i suoi sembrava più ottimista di quanto lo fosse di mattina presto, quando aveva capito che era necessario intervenire in prima persona perché la situazione stava degenerando. Zingaretti si era andato convincendo che alla fine il leader di Italia viva, di fronte all’iniziativa di Conte, non avrebbe portato a compimento lo strappo. A suffragare questa impressione i messaggi che arrivavano ad alcuni autorevoli esponenti del Pd da parte dei parlamentari di Renzi contrari all’apertura di una crisi al buio.
Il capogruppo del Senato Andrea Marcucci, che con l’ex premier ha mantenuto un rapporto cordiale, si dava un gran da fare per pressarlo e portarlo a rivedere la decisione dello strappo: «Matteo, quella di Conte è stata un’apertura, tu puoi coglierla, perché se invece vai avanti rischi di farti male». Uno scambio continuo di messaggi tra il capogruppo dem al Senato e il leader di Italia viva, nella speranza di evitare la crisi.
«Renzi è in difficoltà anche con i suoi, Nencini ha fatto capire che non la pensa come lui e così tanti altri, dovrà cedere, non si può prendere la responsabilità della crisi», si andavano ripetendo i dirigenti dem convinti che nella conferenza stampa il leader di Italia viva avrebbe congelato le sue dimissioni. Ma Dario Franceschini e Lorenzo Guerini apparivano molto più prudenti. E il primo avvertiva i compagni di partito con queste parole: «Ragazzi guardate che in realtà tutto resta molto difficile». La cronaca di questa giornata sembra avergli dato ragione. A sera un irritatissimo Nicola Zingaretti decideva di offrirsi alle telecamere del Tg1 per attaccare Renzi. «La misura è colma, il Paese lotta contro la pandemia e lui ritira i ministri. Non si può dare una lettura minimalista di questa vicenda. Chi ha la responsabilità di averci portato a questo deve prendersela tutta», si sfogava con i suoi prima di apparire in televisione.
E ora il Pd si interroga sulle mosse future. C’è chi suggerisce di lasciar decantare la situazione per un po’ e chi invece lascia prevalere il risentimento nei confronti del leader di Italia viva. Il Conte ter con Italia viva dentro non appare più un’opzione praticabile nemmeno al Partito democratico. «Ormai la frattura tra i due è insanabile», fanno osservare al Nazareno. Dove a questo punto si pensa a un governo di scopo, per fronteggiare la pandemia, e portare il Paese alle elezioni nella seconda metà di giugno.