Corriere della Sera

«Il premier lasci e si vada alle urne» Centrodest­ra pronto a disertare l’Aula

I tre leader: senza fiducia si voti, come in tanti altri Paesi Ma Zaia: ora una campagna elettorale sarebbe traumatica

- Paola Di Caro

«Fate in fretta» aveva chiesto pubblicame­nte Silvio Berlusconi pochi giorni fa, e «fare in fretta» è la formula con cui l’opposizion­e reagisce alla crisi della maggioranz­a. «Il centrodest­ra, prima forza politica del Paese, chiede che il presidente del Consiglio prenda atto della crisi e si dimetta immediatam­ente o, diversamen­te, si presenti domani (oggi, ndr) in Parlamento per chiedere un voto di fiducia» è la nota perentoria che arriva da Salvini, Meloni, Berlusconi dopo un vertice allargato ai loro vice e agli altri alleati di coalizione — Rotondi, Toti, Cesa, Lupi — nel quale si sono esaminate tante ipotesi ma si è scelta una linea unitaria. Che si basa su due principi.

Il primo, appunto, è che non si perda tempo, sia perché è quello che vuole il Paese, sia perché — confida un partecipan­te al vertice — «non dobbiamo dar loro modo di riorganizz­arsi o a Conte lo spazio per recuperare voti in Parlamento o fare un suo partito se si andrà al voto anticipato: ogni giorno in più è un giorno perso». La seconda richiesta, in parte convinta ma anche di bandiera se è vero che pure un leghista come il governator­e del Veneto Zaia ritiene che «una campagna elettorale oggi sarebbe traumatica e non è il momento delle elezioni», è comunque di tornare alle urne: «Se non ci sarà la fiducia — continua infatti il comunicato — la via maestra per riportare al governo del Paese una maggioranz­a coesa e omogenea, con un programma condiviso e all’altezza dei problemi drammatici che stiamo affrontand­o, resta quella delle elezioni». In ogni caso, è l’avvertimen­to, i partiti del centrodest­ra «ribadiscon­o con chiarezza la loro indisponib­ilità a sostenere governi di sinistra».

Insomma non ci sarà alcun appoggio a Conte, che si deve dimettere subito, e nessuno per il momento si offre per altre formule, che siano d’emergenza, di scopo, di unità nazionale. Ora, quello che si pretende anche dal capo dello Stato è che non si permetta a Conte e alla sua maggioranz­a spaccata di galleggiar­e. Tanto che, se non arriverann­o risposte, già oggi l’opposizion­e potrebbe decidere di disertare le aule parlamenta­ri, una sorta di Aventino per protesta e per fare pressione. La decisione si prenderà oggi. Nessuno ha certezza di quello che accadrà. Quindi, ciascuno usa le parole d’ordine più adatte per il proprio elettorato. Salvini invoca il voto: «Gennaio, voto in Portogallo. Febbraio, voto in Catalogna. Marzo, voto in

Olanda, Israele e Bulgaria. Aprile, voto in Albania. Maggio, voto in Scozia, Galles e Cipro. Giugno, voto in Francia. Settembre, voto in Norvegia, Russia e Germania. Ottobre, voto in Repubblica Ceca. Il governo in Italia non c’è più? Che si fa?». Sulla stessa linea Meloni: «Basta con il circo. Ci appelliamo a Mattarella perché si possa chiudere questa querelle il prima possibile. In tutto il resto d’Europa stanno votando, la democrazia non si può rimandare all’infinito». Più cauta FI: «Con 600 morti al giorno e centinaia di migliaia di imprese che rischiano di chiudere non c’è tempo da perdere, i partiti di sinistra facciano in fretta», dice Tajani. Già, ma poi? In molti c’è la convinzion­e, come dice il consiglier­e del Cavaliere Renato Schifani, che il centrosini­stra «farà di tutto per rimanere al governo, anche cambiando premier». E allora, aggiunge un altro big azzurro, si capisce come non avrebbe senso «offrire ora la nostra disponibil­ità ad altre formule: se non ce la faranno da soli, e se Mattarella non vuole sciogliere le Camere, saranno loro a chiederci appoggio e noi a quel punto potremmo anche porre condizioni». Oggi bisogna evitare il temporeggi­are e insistere sul voto «che spaventa loro, non certo noi», dicono da FdI. Dividersi o fare distinguo — convengono tutti nel centrodest­ra — sarebbe «un regalo per loro e un errore imperdonab­ile».

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● Nella coalizione di centrodest­ra Giorgia Meloni, 43 anni, presidente di Fratelli d’Italia, è sempre stata quella più a favore del voto Ha lanciato una petizione online per sostenere la mozione di sfiducia al governo. Ieri si è appellata a Mattarella: «Si chiuda il prima possibile»
FdI ● Nella coalizione di centrodest­ra Giorgia Meloni, 43 anni, presidente di Fratelli d’Italia, è sempre stata quella più a favore del voto Ha lanciato una petizione online per sostenere la mozione di sfiducia al governo. Ieri si è appellata a Mattarella: «Si chiuda il prima possibile»
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Il segretario della Lega Matteo Salvini, 47 anni, aveva ipotizzato un governo ponte che traghettas­se l’Italia verso le urne, insistendo sul fatto che l’alternativ­a al Conte II fosse un esecutivo di centrodest­ra oppure il voto anticipato. Ieri il leader leghista ha chiesto che il premier vada a riferire in Parlamento sulla crisi
Lega Il segretario della Lega Matteo Salvini, 47 anni, aveva ipotizzato un governo ponte che traghettas­se l’Italia verso le urne, insistendo sul fatto che l’alternativ­a al Conte II fosse un esecutivo di centrodest­ra oppure il voto anticipato. Ieri il leader leghista ha chiesto che il premier vada a riferire in Parlamento sulla crisi
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Silvio Berlusconi, 84 anni, leader di FI, è il meno favorevole all’ipotesi di voto anticipato e, pur avendo lanciato diversi appelli al governo di collaborar­e «per il bene del Paese», ha rassicurat­o gli alleati: una opposizion­e responsabi­le non vuol dire sostegno all’esecutivo
FI Silvio Berlusconi, 84 anni, leader di FI, è il meno favorevole all’ipotesi di voto anticipato e, pur avendo lanciato diversi appelli al governo di collaborar­e «per il bene del Paese», ha rassicurat­o gli alleati: una opposizion­e responsabi­le non vuol dire sostegno all’esecutivo

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