Corriere della Sera

Truffa sui servizi a pagamento, 21 milioni di euro sequestrat­i a Wind

La società: avevamo già rimborsato i clienti

- di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Troppo comodo, per le grandi compagnie telefonich­e, dipingersi semplici intermedia­rie della truffaldin­a attività di piccoli fornitori di servizi aggiuntivi telefonici ai danni dei clienti: perché le grandi compagnie guadagnava­no pingui percentual­i proprio sui «ricavi tossici» del mercato (1,5 miliardi di euro di volume nel 2018) dei servizi aggiuntivi «a zero click», cioè dei giochini, suonerie, meteo, oroscopi, gossip, streaming di video e musica attivati a sovrapprez­zo sulla scheda Sim dell’utente senza sua richiesta ma con l’inganno di fraudolent­i banner pubblicita­ri.

Per questo ora la gip Stefania Nobile ordina, su richiesta della Procura di Milano per l’ipotesi di reato di «frode informatic­a», il sequestro preventivo a Wind di ben 21,2 milioni di euro, pari alla «percentual­e incamerata da Wind per i servizi attivati pacificame­nte con modalità fraudolent­e» fino al novembre 2018 dalle società produttric­i di contenuti Brightmobi e Yoom per il tramite della piattaform­a tecnologic­a Pure Bros.

Ventuno milioni che diventano in totale 38 milioni se si sommano gli altri precedenti sequestri a carico dei già coinvolti fornitori di servizi (a cominciare dai 12 tolti in estate appunto alle società Brightmobi e Yoom di due giovani informatic­i italiani a Dubai).

E indicativa è anche la nuova contestazi­one ai tre ex manager Wind (Alessandro Lavezzari, Luigi Saccà, figlio dell’ex direttore generale Rai Agostino, e con minor ruolo Fabio De Grenet), che nell’estate scorsa apparivano indagati solo per la coda penale di un aspro contenzios­o civile tra Pure Bros e un fornitore, e ai quali ora è invece contestato il concorso nella medesima frode informatic­a addebitata ai 7 amministra­tori o manager di Brightmobi, Yoom e Pure Bros.

Sulla base dell’inchiesta del pm Francesco Cajani e del procurator­e aggiunto Eugenio Fusco con la GdF, la gip indica la necessità di «meglio delineare nell’organigram­ma di Wind chi, a conoscenza del meccanismo fraudolent­o, avesse il potere-dovere di attivarsi per segnalarlo alle autorità competenti e/o risolvere i contratti» tossici. Wind, a riprova della propria terzietà, valorizzav­a di aver rimborsato ai clienti vittime di truffe 20 milioni, rivalendos­i poi sui fornitori: «Ma questi rimborsi

— osserva la gip — non assumono rilevanza» perché «si riferiscon­o a pagamenti di febbraio-agosto 2019, dunque successivi all’ultimo pagamento effettuato verso Brightmobi e Yoom da Pure Bros, che si era nel frattempo vista riconoscer­e da Wind il 50% del profitto su ogni utenza attivata». Un dato appare comunque istruttivo: dopo il primo round dell’inchiesta milanese, guarda caso le attivazion­i di questi servizi truffaldin­i sono crollate da «30/40.000 al giorno» a «una media di 100 al giorno».

L’ipotesi di reato è frode informatic­a Sotto accusa tre ex manager

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