Superpotenze sì, ma senza fascino
Tra le tante cose, il 2020 ci ha raccontato che le due superpotenze piacciono sempre meno. Perdono prestigio già da tempo ma nell’anno della pandemia hanno visto crollare ulteriormente le simpatie verso di loro. È che gli Stati Uniti di Donald Trump hanno abbandonato volontariamente il ruolo di leadership svolto tradizionalmente nelle grandi crisi e che la Cina è vista come origine del virus e sempre più aggressiva. Secondo un sondaggio condotto da Pew Research, ancora nel 2000 gli Stati Uniti raccoglievano giudizi favorevoli in percentuali elevate ma oggi la quota di chi ne ha un’opinione positiva si è inabissata. Nel Regno Unito dall’83% del 2000 al 41% di oggi. In Francia dal 62 al 31%. In Germania dal 78 al 26%. In Giappone dal 77 al 41%. In Canada dal 72 al 35%. In Australia dal 59 al 33%. Il calo era iniziato da tempo, la presidenza Trump lo aveva visto accelerare ma nell’ultimo anno la caduta di consensi è stata in media attorno al 10%. Disastro di reputazione anche per la Cina. Il crollo dei favorevoli alle politiche del Paese guidato da Xi Jinping si registra in tutti i Paesi considerati da Pew Research eccetto uno, l’Italia. Qui, nel 2002 il 27% aveva un’opinione favorevole della Cina, nel 2020 la quota è salita al 38% (bisogna però notare che gli italiani con un giudizio sfavorevole rimangono in maggioranza, sono il 62%). Per il resto, il crollo della reputazione di Pechino è generalizzato e drastico. Non stupiscono gli americani, il cui governo ha un fronte geopolitico aperto con il Partito Comunista Cinese: coloro che hanno un giudizio favorevole della Cina sono passati dal 43 al 22%. Ma anche nei Paesi vicini al gigante asiatico i giudizi positivi crollano: dal 52 al 15% in Australia, dal 55 al 9% in Giappone, dal 66 al 24% nella Corea del Sud. E pure gli europei hanno cambiato opinione, in peggio, in apparente contrasto con i loro governi che con Pechino hanno appena firmato un accordo sugli investimenti. La caduta dei favorevoli alla Cina è stata dal 46 al 25% in Germania; dal 58 al 26% in Francia; dal 43 al 14% in Svezia. Lo svanire della popolarità delle due superpotenze non è materia da concorso di bellezza. Ha una morale: nel disordine mondiale, le popolazioni non sono più attratte dal loro soft-power. Il pericolo è che Washington e Pechino rivaleggino di conseguenza con mezzi di potere decisamente meno soft.