Tutti presi nella trappola del consenso immediato Luca Ricolfi critica i ritardi dinanzi al Covid
Nel mirino del pamphlet (La nave di Teseo) la grave miopia dell’intera classe dirigente italiana
Ma chi le ha lasciate crescere, tutte quelle ninfee? Sono bellissime, certo, quelle descritte dalla poetessa Antonia Pozzi nel 1933: «Ninfee pallide lievi/ coricate sul lago/ guanciale che una fata/ risvegliata lasciò/ sull’acqua verdeazzurra...». Guai, però, a lasciarle aumentare senza controllo. Infestano. E davvero Luca Ricolfi, sociologo, docente di Analisi dei dati, presidente della Fondazione David Hume, non poteva scegliere titolo migliore (La notte delle ninfee, La nave di Teseo) per spiegare cos’è una pandemia e quali catastrofi può generare. Meglio: cos’è l’aritmetica di una pandemia.
«C’è uno stagno, e dentro lo stagno c’è una ninfea. Come si sa, il numero di ninfee raddoppia ogni notte. Lo stagno ne può contenere fino a un migliaio, prima di saturarsi e far soffocare tutto ciò che contiene. Il contadinopescatore che custodisce lo stagno si sveglia al mattino e nota che al posto della ninfea del giorno prima ci sono 2 ninfee. Il giorno dopo nota che sono 4. Il giorno dopo ancora che sono 8. Dopo una settimana sono 128, e occupano poco più di un decimo della superficie dello stagno. Il custode non è preoccupato: penserà domani a ripulire lo stagno, in fondo in 7 giorni le ninfee sono cresciute lentamente, meno di 20 ninfee al giorno. Ma domani è sabato, e il contadino-pescatore pensa: no, nel week end mi riposo, lo stagno lo ripulirò lunedì. Lunedì le ninfee sono 512, ma il contadino-pescatore rimanda ancora una volta la pulizia al giorno dopo, e in una sola notte le ninfee diventano 1.024, riempiendo tutto lo stagno: ora è troppo tardi, perché in una sola notte le ninfee sono cresciute di numero quanto nei 9 giorni precedenti. Lo stagno è saturo, tutta la vita animale e vegetale che conteneva è morta o sta morendo».
Un vivaista saggio lo sa. Ma non così saggio davanti alla diffusione del virus, accusa lo studioso, è il governo. «Quando comincia a vedere un po’ troppe ninfee, vorrebbe ripulire lo stagno, ma per ripulirlo deve interdire la pesca per un certo tempo. I pescatori sono contrarissimi, preferiscono pescare zig-zagando tra le ninfee piuttosto che stare fermi. Il governo esita, pensando: aspettiamo ancora un po’...».
E giorno dopo giorno tutto precipita. L’acqua è infestata da ninfee, i pesci boccheggiano, i pescatori non possono più pescare, i clienti comprare, le famiglie mangiare... «A quel punto, e solo a quel punto, il governo trova il coraggio di intervenire: sospende la pesca, e comincia a ripulire lo stagno». Solo che ora è tutto tremendamente più difficile. E coi pesci e i pescatori boccheggia l’intera economia.
Certo, è più facile dirlo adesso... E va riconosciuta, scrive il sociologo, l’attenuante della prima volta e del contesto europeo e mondiale: la sacralizzazione della globalizzazione, del commercio internazionale, della circolazione delle persone... Ma certe parole restano. Walter Ricciardi che a pandemia scoppiata spiega che «le mascherine per le persone sane non servono a niente». Gigi di Maio che garantisce ai turisti che in Italia «si può venire tranquillamente». Per non dire dell’insofferenza via via sempre più diffusa verso gli scienziati quando lanciano appelli allarmatissimi. «I nostri governanti non perdono occasione per esaltare il ruolo della cultura e della scienza», mastica amaro il saggista. «Ma poi, all’atto pratico, quando il mondo della ricerca si fa avanti con analisi e proposte, scelgono di rifugiarsi nella strategia preferita: il muro di gomma».
Non c’è sterzata, retromarcia o contorsione che il libro, stracolmo di dati e grafici e statistiche
Metafora
La pandemia si diffonde alla stessa velocità con cui si riproducono le ninfee in uno stagno
ma secco come un pamphlet, dimentichi. Di fondo però resta sempre quella domanda: perché certe scelte dure, nella prima e più ancora nella seconda fase, sono arrivate in ritardo? Per l’ossessiva ricerca di «un compromesso più accettabile o meno doloroso» sul fronte della popolarità. Per quel problema già descritto anni fa da Mario Monti a proposito della classe dirigente europea: «La patologica dipendenza dal consenso a breve».
In questo senso, per Ricolfi, le scelte di Giuseppe Conte e del governo sono comprensibili: «Se pensi alle prossime elezioni, o peggio al prossimo sondaggio, non puoi non sapere che, qualora chiudessi tutto quando la gente non ha ancora capito che le cose si stanno mettendo male, gli elettori si arrabbierebbero perché gli staresti rovinando le vacanze e/o sottraendo fatturato. Quindi, sai benissimo che presto dovrai andarci giù duro, ma aspetti che la gente sia sufficientemente terrorizzata da accettarlo».
Sarebbe stato diverso con un esecutivo di destra? E che peso ha avuto l’opposizione nell’invitare ad aprire, spalancare, attenuare lockdown bollati come troppo severi? E gli imprenditori? «Bravissimi a valutare il danno a breve delle chiusure, ma del tutto incapaci di valutare quello a medio termine delle aperture. Evidentemente, miopia e orizzonte ristretto non sono tratti distintivi del ceto politico...». Compresi quei media «che per un’intera estate hanno partecipato con entusiasmo all’opera di minimizzazione dei segnali di pericolo». Complici anche loro dei mesi buttati sul fronte dei trasporti, dei posti nelle terapie intensive, della scuola, nella sventurata speranza che forse, chissà, la seconda ondata non sarebbe arrivata.
Sarebbe davvero cambiato qualcosa se le ninfee fossero state attaccate prima e con più durezza senza attendere che la gente fosse «sufficientemente terrorizzata»? Sì, risponde una tabella sul tasso di mortalità rispetto ai tamponi: «I Paesi che nella fase iniziale hanno fatto pochi tamponi, come la Spagna, la Francia, il Regno Unito e gli Stati Uniti, hanno avuto un numero di morti per abitante analogo a quello dell’Italia. Ma quelli che, come la Germania, hanno fatto il doppio o il triplo dei tamponi dell’Italia hanno avuto un numero di morti che va da un sesto (Germania) a meno di a un dodicesimo (Polonia) di quello dell’Italia». Se poi fosse passata la proposta di Andrea Crisanti di fare trecentomila tamponi al giorno…
Quanto alle misure prese per l’isolamento, insiste Ricolfi citando gli studi di Tomas Pueyo, «non basta che un governo adotti quelle giuste. Non basta assolutamente. Quel che è cruciale è che le faccia rispettare». E che aiuti i settori in crisi coi giusti aiuti economici compensativi. Con generosità, con efficienza. Nota finale: i Paesi che forse meglio hanno gestito la pandemia, dalla Norvegia alla Nuova Zelanda, sono governati da premier donne: «Può essere un caso. O forse no».