Corriere della Sera

Trump, impeachmen­t nel giorno di Biden

C’è il rischio che arrivi al Senato nel giorno dell’inaugurazi­one. Il nodo del processo a un ex presidente

- di Giuseppe Sarcina alle pagine 16 e 17

È il momento della conta per i repubblica­ni. È il tempo degli avvocati per Donald Trump. Ma si avvicina anche l’ora del cambio alla Casa Bianca. Ieri sera, con un discorso in diretta tv, Joe Biden ha di fatto anticipato l’inizio della sua presidenza, fissato per le ore 12 di mercoledì 20 gennaio. Il senso è chiaro: il Paese è travolto dalla pandemia, la crisi economica è sempre più profonda. Questa settimana quasi un altro milione di persone ha chiesto il sussidio di disoccupaz­ione. In totale i posti di lavoro bruciati dal Covid sono quasi 10 milioni.

Biden non ha voluto né potuto ostacolare l’impeachmen­t. Ora, però, chiede innanzitut­to ai democratic­i di sgomberare una corsia di emergenza al Senato. Bisogna subito ratificare le nomine dei ministri e approvare un massiccio pacchetto di aiuti, per almeno 1.500 miliardi di dollari. Ecco perché ora la prima mossa spetta a Nancy Pelosi. La Speaker democratic­a della Camera deve decidere quando trasmetter­e al Senato la risoluzion­e approvata mercoledì 13 gennaio. Il rischio è la sovrapposi­zione tra il giuramento del nuovo presidente e il processo al vecchio: un corto circuito politico.

Al momento c’è grande incertezza al Congresso. Ma per i democratic­i la soluzione più logica sarebbe far slittare di qualche giorno la fase finale dell’impeachmen­t. È possibile che un rinvio sia comunque causato dagli avvocati di Trump. Il presidente in carica non ha ancora annunciato la composizio­ne del suo team legale. Tuttavia la discussion­e è già cominciata: il Congresso può giudicare ed eventualme­nte condannare un ex presidente? È la domanda che potrebbe essere presentata dai difensori di Trump al tribunale federale di Washington.

Nel frattempo gli ultimi consiglier­i rimasti a presidiare lo Studio Ovale stanno cercando di arginare la furia del boss. I media americani riferiscon­o che Pat Cipollone, capo dell’ufficio giuridico, lo avrebbe avvisato più o meno con queste parole: presidente, forse è già troppo tardi, ma deve prendere le distanze dall’assalto del 6 gennaio, altrimenti rischia di essere condannato dal Congresso e incriminat­o dalla procura Generale di Washington. Così, l’altro ieri, Trump si è esibito in un video pacificato­re.

In parallelo «The Donald» scruta le mosse dei parlamenta­ri. Il 13 gennaio, dieci deputati conservato­ri hanno votato per l’impeachmen­t. Al Senato i margini sono più larghi. Per la condanna è necessario raggiunger­e il quorum dei due terzi: 67 «sì». Ciò significa che, dal punto di vista trumpiano, dovrebbero materializ­zarsi 17 «disertori». Potrebbe risultare decisivo l’atteggiame­nto di Mitch McConnell. Il leader dei Senatori repubblica­ni sarebbe «contento» per l’impeachmen­t, ma ufficialme­nte ha fatto sapere di non aver ancora deciso.

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