Corriere della Sera

Conte va alla sfida in Parlamento Il premier da Mattarella. Chiederà la fiducia e i voti dei «responsabi­li». Pd e Cinque Stelle: Renzi inaffidabi­le

Franceschi­ni: non c’è niente di male nella ricerca di altre forze Il premier sul Colle, è sfida a Renzi. Fiducia tra lunedì e martedì

- Marco Galluzzo

Giuseppe Conte ieri pomeriggio è salito al Quirinale per incontrare il presidente Sergio Mattarella. Un’ora di colloquio nel quale il premier ha ribadito la volontà di cercare in Parlamento i numeri per proseguire a governare sostituend­o i voti di Italia viva. Già lunedì chiederà la fiducia alla Camera, scommetten­do sui «responsabi­li» al posto dei renziani. Sfida, quella del premier, ribattezza­ta «indispensa­bile chiariment­o politico in Aula», mentre Pd e 5 Stelle rincarano i giudizi negativi sull’ex alleato Matteo Renzi, «inaffidabi­le». È dunque caccia serrata di voti «sicuri», tanto più necessari al Senato dove gli equilibri della maggioranz­a sono precari.

Mai più con Renzi. Pd e M5S sono irremovibi­li e anche Giuseppe Conte. Il capo del governo si recherà lunedì prossimo alla Camera, il giorno dopo in Senato, chiederà la fiducia sulle risoluzion­i di maggioranz­a e cercherà di incassare il consenso di un gruppo di responsabi­li a Palazzo Madama.

È la sintesi di un giornata in cui il capo del governo è salito per la seconda volta in 48 ore al Quirinale, non si è dimesso, ha solo chiesto l’interim delle deleghe sulle Politiche agricole rimaste vacanti dopo le dimissioni di Teresa Bellanova e ha aggiornato il capo dello Stato sulla situazione politica. Sergio Mattarella «ha preso atto», secondo la nota diramata dal Colle al termine dell’incontro, in cui viene confermata anche l’accettazio­ne delle dimissioni dell’altra ministra di Italia viva, Elena

In Consiglio dei ministri il sì allo scostament­o di bilancio fino a 32 miliardi

Bonetti, le cui deleghe ritornano automatica­mente in mano al capo del governo, e dal sottosegre­tario agli Esteri Ivan Scalfarott­o.

I renziani restano spiazzati dalla chiusura totale degli ormai ex-alleati di governo. Del Pd, in particolar­e. «C’è un dato che non può essere cancellato dalle nostre analisi — ha detto il segretario dem, Nicola Zingaretti —. Ed è a questo punto l’inaffidabi­lità politica di Italia viva». Che, secondo Zingaretti, «mina la stabilità in qualsiasi scenario si possa immaginare». Stesso concetto lo esprime Luigi Di Maio: «Renzi non è più un interlocut­ore».

Insomma è caccia ai responsabi­li per varare un Conte ter, e tocca a Dario Franceschi­ni dichiarare apertament­e che non c’è nulla di male: «Nel passato il termine responsabi­li indicava una negatività, ma non siamo più in un sistema bipolare con due poli e due candidati premier, siamo in un sistema parlamenta­re in cui le maggioranz­e di governo si cercano in Parlamento, apertament­e, alla luce del sole e senza vergognars­ene».

Intanto c’è l’outing di Riccardo Nencini che, con il suo simbolo socialista aveva consentito la nascita del gruppo di Italia viva al Senato: si è schierato nelle file dei «co

struttori»: «Chi ha maggiori responsabi­lità è chiamato ad esercitarl­e fuoriuscen­do dalla logica dei duellanti e tenendo fermo il richiamo del presidente della Repubblica». Una scelta quella di Nencini che potrebbe mettere a rischio il gruppo? «Non lo so vediamo, forse».

Chi altro potrebbe seguire Nencini? Gli occhi sono puntati su quei senatori che non sono tra gli storici «fedelissim­i» di Matteo Renzi e sono almeno cinque o sei. E se a Bruxelles fonti della Commission­e dichiarano che non c’è preoccupaz­ione per l’Italia, che il nostro Paese è abituato ad affrontare e risolvere le crisi di governo, anche il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli è ottimista: «Siamo sicuri che il presidente Conte e le forze di governo sappiano superare questo momento di difficoltà proteggend­o gli italiani dall’irresponsa­bilità».

Intanto ieri sera il Cdm si è riunito per il nuovo scostament­o di bilancio fino a 32 miliardi di euro, su cui la settimana prossima dovrà chiedere l’autorizzaz­ione del Parlamento. Pochi giorni fa il ministro dell’Economia aveva parlato di 24 miliardi.

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